VCM – Volontari Clown In Missione – BIRMANIA 2003
DIARIO DI MISSIONE
di Maria Luisa Mirabella
Roma 5 luglio 2003 - ore 15.49
Sono nuovamente seduta sull'aereo della compagnia aerea Thai che mi porterà a Bangkok e poi a Yangon. L'aereo è pieno, i posti che abbiamo sono buoni: seconda fila centrale. Sistemiamo gli zaini sotto il sedile, un'elegante hostess tailandese passa a distribuire le cuffie, mi sintonizzo sulla musica e… via, verso una nuova avventura in Oriente! La mia compagna di viaggio di quest'anno è Sara, una ragazza di 20 anni, è una volontaria clown di Bologna, il suo nome d'arte è Bailarina.
Sono contenta e serena, e spero di essere in grado anche questa volta di portare la mia esperienza alle mie sorelle birmane e ai bambini delle missioni.L'aereo si muove, sullo schermo compaiono le istruzioni di volo. Pensieri passano veloci nella mia mente: "Quante ore di volo ho accumulato nella mia vita? E quante attese nei vari aeroporti? Potrei di certo pilotare un Jumbo! Che cosa mi aspetterà questa volta in Myanmar? Signore fammi Tuo strumento …"Una poesia si forma nella mia mente prendo il quaderno che mi ha regalato la mia amica Luminosa e la trascrivo:
Volare
Sensazione di leggerezza, libertà, gioventù, il colore dei lillà,
Sia Gloria al Signore!
Volare
perAggiungere Amore all'amore
Ritrovare Braccia che si aprono, labbra che sorridono.
Sto arrivando o sto partendo? Ecco, qui e ora Sono a casa!
La sensazione che ho adesso è di essere nel posto giusto al momento giusto.Non c'è passato, non c'è futuro. Non c'è lavoro o svago, c'è solo ciò che ci deve essere e sto facendo solo quel che ho da fare.Accipicchia, rileggo quanto ho scritto e mi rendo conto che mi capirò solo io… Come non è facile esprimere sulla carta le emozioni!
Mentre viaggio cerco di approfondire la conoscenza di questo interessante popolo, leggo sulla Guida Lonely Planet "Myanmar":
Inserto culturale: Popoli del MyanmarLa popolazione del Myanmar può essere divisa in 4 gruppi etnici: Tibeto-birmani, Mon-Khmer, Austro-Thai e Karennico.Il gruppo tibeto-brmano comrende il 78% della popolazione e inclde la maggioranza delle persone di etnia birmana e più di 30 gruppi tribali più piccoli, fra cui i Chin, Kachin, Lahu e Akha.La maggioranza del gruppo Mon-Khmer è costituito dai Mon e da vari gruppi minori stanziati nel Nord, fra cui gli Intha, i Wa e i Palaung. Gran parte del gruppo Austro-thai è formato da Shan che vivono nel Nord del Paese. In effetti il nome "Shan" deriva dalla stessa radice austro-thai di "Siam". Questi due nomi hanno anche lo stesso significato: "libero".Il gruppo Karennico comprende le tribù Karen, e kayah che vivono nella regione centrale del Myanmar, presso il confine con la Thailandia.
Gli etnologi hanno identificato 111 gruppi etnolinguistici diversi in Myanmar, il governo ne riconosce 67, raggruppati ufficialmente secondo l'affinità linguistica in sette "razze nazionali": Bamar, Shan, Mon, Kayn, Kayah, Chin, Kachin e Rakhaing.E' evidente quindi che il Myanmar non è un Paese omogeneo e questo fatto ha causato parecchi problemi nel corso degli anni. Per molto tempo il Myanmar è stato lacerato dalla lotta per la supremazia tra Birmani e Mon; il conflitto è terminato con la vittoria dell'etnia birmana, a sua volta sopraffatta dagli inglesi.
Gli inglesi concessero una certa autonomia agli stati degli Shan e dei Kayin: questo diritto è stato in seguito sancito dalla costituzione birmana, ma Ne Win e i suoi successori non lo hanno rispettato. Dopo il conseguimento dell'indipendenza le instabilità interne sono tornate a farsi sentire. Le opposizioni principali vengono dai popoli delle tribù minori che vivono lungo i confini con la Thailandia e la Cina. Per molto tempo questi gruppi hanno nutrito una forte diffidenza nei confronti dei birmani stanziati nelle pianure: dopo la fine della 'protezione' britannica questo atteggiamento si è tradotto in resistenza armata, che il governo ha impiegato molti anni per mitigare e sconfiggere.Durante il periodo coloniale britannico giunsero in Myanmar anche genti di molte altre nazionalità, in particolare Indiani e Cinesi. Prima dell'indipendenza Yangon era una città più indiana che birmana, perché i datori di lavoro preferivano in genere gli indiani.Dopo l'indipendenza una grande porzione di questa popolazione è stata espulsa, però in Myanmar ci sono ancora molti indiani.
I Cinesi hanno subito lo stesso trattamento.
Considero quanto sia difficile entrare nello spirito di questo popolo, così distante dal nostro modo di vivere e anche dalla nostra cultura. Mi viene in mente Sr Laurenzia che mi raccontava di quanto si era trovata male in Italia con i cibo, perché per lei fare colazione pranzo e cena senza riso bianco scondito e peperoncini piccantissimi è come non mangiare. Conoscere altri popoli e altre usanze ti fa capire, se te lo concedi, quando il gusto e la bellezza siano concetti relativi. Qui in una tribù ci sono le "donne giraffa" che sin da piccole mettono tanti cerchi intorno al collo fino ad allungarlo, e questi cerchi non possono più essere tolti perché il collo non si reggerebbe da solo. Ci raccontava sr Laurenzia che appartiene a questa tribù che anticamente le donne lo facevano per diventare "poco appetibili" per i conquistatori, poi è diventato invece un segno di bellezza. Dopo il terzo film decidiamo di appisolarci, mancano un paio d'ore al'arivo a Bangkok.
Bangkok e Yangon - lunedì 6 luglio 2003
Ore 7.00 puntuale l'aereo atterra a Bangkok. Abbiamo dormito 2 ore e forse meno, in compenso abbiamo visto 3 film e mangiato abbondantemente. Ci imbarchiamo dopo circa 30 minuti di attesa in aeroporto, sul volo per Yangon. Da Bangkok si riesce ancora a mandare sms in Italia, ne mando uno a mio marito, in Italia sono le 2,00 di notte, ma lui è ancora sveglio e mi risponde. Arriviamo a Yangon, lunga fila per i passaporti, quest'anno però c'è una novità: prima del controllo passaporti, c'è un controllo sanitario: una donna birmana, coperta da un telo trasparente che indossa una mascherina, è stata messa all'ingresso dal ministero della sanità per controllare la febbre di ogni passeggero. Nel frattempo ci distribuiscono un foglio da compilare in cui sono descritti i sintomi da Sars e si prega di avvisare se si ha qualcuno di quei sintomi..Non abbiamo febbre, quindi proseguiamo per il controllo passaporti che come sempre è lungo. Non siamo in molti stranieri, davanti a noi due ragazzi francesi, uno ha il passaporto diplomatico. Una volta passati al controllo, ci viene incontro Peter Rock , l'amico indiano inviato dalle suore ad aspettarci. Dopo aver cambiato 200 dollari a testa in FEC (valuta internazionale del Myanmar). Ritiriamo i bagagli che sono già arrivati, passiamo alla dogana e Peter ci fa ricompilare il foglio, ci dice che è meglio non dichiarare nulla, né cellulare, né PC, né macchina fotografica, né cinepresa. Alla fine, seguiti dal facchino con le nostre valige, usciamo dall'aeroporto. La macchina di Peter è chiusa da uno che ha parcheggiato male e noi, con Sr. Dominique che è venuta con lui a prenderci, in macchina cominciamo a sudare. Il caldo è opprimente e umidissimo.Sr Dominique che l'anno scorso era affetta da forti dolori per un'artrite reumatoide, sta meglio, dice che il caldo fa bene ai suoi dolori, ha 38 anni, è dolcissima, esile e sempre sorridente, il suo inglese è chiaro e la sua vocina flebile. A me sembra sempre lo stesso clima, umido e caldo, esattamente come lo scorso ottobre.
Gli odori di Yangon oramai mi sono familiari, Sara li sente ora per la prima volta è eccitata e contenta. Arrivati a casa Sr Dominique insiste per farci mangiare un dolcetto e mango, se non mangiamo fa una faccia contrita e afflitta e dice che non gradiamo il loro cibo, così dobbiamo a accettare, ma noi siamo stanchissime e dopo una doccia andiamo a dormire. Sono le 10,30 circa, ora di Yangon. Ci svegliamo alle 14, sudate e accaldate, altra doccia e un po' di chiacchiere con Sr Dominique che ricama disegni di fiori e pappagalli coloratissimi su delle stoffe gialle. In casa attualmente sono presenti 4 ragazze che stanno studiando per prendere il 10° livello.
La casa di rappresentanza delle Suore della Provvidenza a Yangon ha questo scopo: ospitare alcune novizie che studiano e le suore o gli ospiti, come noi, di passaggio. Stiamo aspettando Peter Rock che ci porterà a casa sua per telefonare a Sr Cecilia di Kengtung, qui il telefono è guasto. La casa di Peter Rock è in un quartiere povero, lui apre un cancelletto chiuso con un lucchetto e saliamo gradini molto alti e ripidi, ci togliamo le scarpe per entrare subito in una stanza in cui subito mi colpisce l'alto numero di quadri con immagini sacre alle pareti e una vetrinetta piena di immagini e statuine della Madonna e di Gesù: "Sono doni del vescovo", ci spiega Peter. Ci presenta sua moglie e una delle sue figlie, suo figlio lo abbiamo già conosciuto, perché guida lui la macchina che ci porta in giro. Dopo aver telefonato a Sr Cecilia e averla avvisata sul giorno del nostro arrivo in missione, andiamo a Swedagon e poi a cena al ristorante Karaweik. Ho già parlato di Shwedagon nel precedente diario.
Nella scintillante Shwedagon, con il suo splendido complesso di padiglioni, stupa, immagini e campane, c'è tanta gente, è domenica e molti birmani hanno passato la giornata lì. Mentre passeggiamo tutti ci guardano, Sara è una bella ragazza, alta e formosa e attira molto l'attenzione, per di più siamo bianche e non si vedono tanti stranieri.
Yangon (in passato gli inglesi la chiamarono Rangoon) si trova nel Myanmar meridionale, nella fertie regione del delta, sull'ampio fiume Yangon e a circa 30 km dal mare delle Andatane.Ha una popolazione di circa 4 milioni di abitanti. Yangon è piena di alberi e di ombra e alcune zone sono praticamente occupate dalla giungla. Stupa scintillanti si ergono al di sopra delle cime delle piante e se non fosse per il decadimento e l'abbandono dei vecchi edifici coloniali del centro, questa sarebbe una delle città più belle del mondo orientale. Le vie della zona centrale sono ampie e ben curate tutte parallele e perpendicolari tra di loro, secondo la struttura conferita dagli inglesi durante l'epoca coloniale. L'atmosfera di questa grande città è rilassata e ben lontana dal clamore e dalla frenesia di Bangkok, anche se in centro nelle ore di punta il traffico inizia a farsi sentire. Ci sono macchine, autobus, camion, risciò, taxi, biciclette e pedoni. Il suono dei clakson in Birmania mi ricorda quello a noi noto delle città del Sud Italia. Sembra che nessuno, in qualunque strada birmana che abbiamo percorso faccia caso ai cartelli, ma nemmeno ai clakson.
Il ristorante Karaweik è sul lago è statale e rappresenta un'enorme riproduzione di un vecchio palazzo galleggiante birmano. All'interno di questa meraviglia kitsch di Yangon, si possono mangiare piatti birmani, indiani e cinesi. Abbiamo pagato 5 dollari a testa. Mangiando si può godere di uno spettacolo di danze birmane, suonatrici di arpa birmana, giocolerie, marionette e canti. Per me che vi ero già stata lo scorso anno, lo spettacolo appare sempre uguale, tranne un nuovo numero interpretato da un ragazzo che sembra un clown, fa ridere con le particolari espressioni degli occhi e della faccia.Mangiamo bene e Sara sembra apprezzare molto le crepes al cocco e cioccolato.Il ristorante ha la stessa aria decadente che si respira a Yangon, vecchia gloria oramai abbandonata a se stessa, ricorda i ristoranti e hotel dei paesi dell'Est o di Cuba di proprietà del governo.Torniamo a casa e crolliamo dal sonno, dormiamo abbastanza bene, nonostante il caldo, la zanzariera e i mille suoni della foresta che sembra circondare la casa coloniale delle nostre suore.
Yangon - lunedì 7 luglio 2003
Ci alziamo alle 8,00 per colazione ci aspettano 2 uova fritte, con Sr Dominique che ci guarda e ci sventola con un ventaglio, non si può non mangiare, se no diventa triste triste.Peter Rock deve venire alle 9,00 ma non può, così restiamo a casa tutta la mattina e nel pomeriggio usciamo con l'autista che, pensando di farci piacere, ci porta nuovamente a Shwedagon e poi a Sule Paya, situata in centro. Secondo la leggenda questo edificio ha più di 2000 anni. Si dice che lo stupa centrale raccolga qualche capello del Buddha, infatti il so nome in lingua Mon significa "lo stupa in cui è racchiusa la sacra reliquia di un capello". Lo zedi dorato è alto 46 m ed è circondato da piccoli negozi. L'ubicazione di Sule Paya in un posto così trafficato come il centro di Yangon sembra voler esaltare ancora di più la pace che si respira all'interno di questa struttura che è diventata un luogo di ritrovo quotidiano per molti birmani. L'ingresso è libero.Facciamo ancora un giro per vedere il centro di Yangon. Una doccia e a cena ci aspettano noddles piccanti e medaglioni di patate all'aglio piccantissimi anche quelli. Domani alle 7,00 andremo in aeroporto per partire per Tauggyi. Piove forte. Finisco di leggere un libro e andiamo a dormire.
Yangon/Mandalay/Yangon - Martedì 8 luglio 2003
Partiamo alla volta di Taunggyil e appena l'aereo fa scalo a Mandalay ci dicono che dobbiamo scendere dall'aereo perché c'è un guasto. Pare che l'attesa sia di circa 1 ora, dovrebbe arrivare un altro aereo e potremo ripartire. Invece giungono altre notizie, l'aereo per Taunggyi non partirà, possiamo scegliere o andare a Tachileik o tornare a Yangon. Decido di tornare a Yangon, telefono a Sr Cecilia perché avvisi Sr Dominique che stasera saremo nuovamente a Yangon e che mandi Peter a prenderci.Ci danno le notizie personalmente (siamo le uniche due straniere sull'aereo) in inglese.Rimaniamo 6 ore in aeroporto a Mandalay, fa un caldo afoso, niente aria condizionata, ci danno da mangiare noddle e uova fritte con le bacchettine. Non sappiamo usare le bacchettine e alcuni bimani vedendoci armeggiare per mangiare ridono di gusto. Ci sdraiamo e cerchiamo di non pensare a tutte le zanzare che ci circondano e al caldo.Finalmente alle 16,30 partiamo e alle 18 siamo a Yangon. Ci attende una sorpresa: Peter non è venuto a prenderci e noi non abbiamo l'indirizzo della casa delle suore. Per fortuna il telefono dell'aeroporto non è a pagamento, così, aiutata da una ragazza birmana dell'aeroporto che conosce l'inglese e sa come si fa a telefonare, telefoniamo a sr Dominique la quale infine decide di venire lei a prenderci con un taxi. La vediamo comparire dopo un'ora di attesa con un sospiro di soddisfazione.Ceniamo, doccia e andiamo a letto distrutte.
Kengtung - Mercoledì 9 luglio 2003
Siamo partite da Yangon dopo la terribile giornata di ieri.Alle ore 13.30, dopo tre scali (Mandalay, Heho, Tachileik) siamo atterrati a Kengtung.Siamo le uniche due passeggere a scendere, ci controllano i passaporti e all'uscita vediamo le suore, Suor Cecilia (Madre Mia) e le altre suore tutte lì ad attenderci. Ecco l'aria della Missione, la gioia di ritrovarci, l'aria di Kengtung è già diversa da Yangon. Sara è contenta. Sr Cecilia, detta "Madre Mia" guida la pick-up e tra scossoni per il terreno sempre sconnesso, e risate, arriviamo all'Hotel Princess, dove siamo alloggiate. Questa volta ci spiega Sr Cecilia, non è possibile dormire alla missione, ci sono stati troppi attentati e la polizia non vuole rischiare la sicurezza dei turisti. Pare che i terroristi disseminino bombe in luoghi che possono dar fastidio al governo, ne hanno messa pure una vicino alla statua del Buddha che confina con la nostra missione. Alle 21 inizia il coprifuoco e non si può più uscire. L'hotel questa volta è bello, costa 35 dollari al giorno a camera, ma abbiamo acqua calda, aria condizionata, TV e bar, bagno in camera.Lasciamo i bagagli in Hotel e torniamo alla missione, un pranzo veloce, frutta nuova, tropicale, non si sa che frutta sia, ma è dolcissima e buona. Suor Cecilia ci racconta delle difficoltà per costruire il nuovo orfanotrofio, lo abbiamo visto, hanno ultimato il piano interrato e stanno costruendo il primo piano. Domani riprenderò con la cinepresa. Sono partiti con un preventivo molto basso e hanno triplicato i prezzi, il materiale aumenta giorno dopo giorno e Sr Cecilia sta continuamente addosso ai muratori perché si sbrighino a finire, lei vorrebbe tutto finito per ottobre. Attualmente sono già stati spesi 21.000 dollari, io ora ne ho portati 10.000, ma non basteranno.Inoltre bisogna fare attenzione ai ladri che continuamente arrivano e rubano materiali.Sr Cecilia è arrivata al punto di non fare entrare più nessuno in missione, neanche il prete che fa messa, per evitare che si spargano voci e arrivi la polizia segreta. Attualmente ha già pagato 1000 dollari di tangenti perché chi ha venduto il materiale stia zitto.Dopo aver discusso di questi problemi e aver riposto i soldi ben nascosti, ci riaccompagna in hotel. Fa molto caldo e abbiamo bisogno di una doccia.Mezz'oretta e siamo di nuovo in pista, pronti per andare all'orfanotrofio Bonetta. Prima di andare distribuiamo ai bambini di casa magliette e pantofoline. Maria Bambina indossa le pantofoline ed è felicissima. Purtroppo sono quasi tutte piccole e perciò possiamo accontentare solo i piccolini. Le magliette che ci hanno regalato non sono un granché, ma loro le indossano, forse per farci felici o forse perché comunque le trovano carine, chissà!Regaliamo anche colori, penne e pennarelli.Andiamo quindi a Bonetta con la valigia piena di pantofole e palloncini, 4 freesbie e colori, matite, pennarelli. Ma prima di distribuirli, i bambini che si ricordano perfettamente della volta scorsa, vogliono giocare e quindi li mettiamo in cerchio e parte il primo ban: "Sciusciuscià" e poi "se sei felice"… apriamo la valigia e loro tutti attorno come mosche sul miele. Prendono, provano… Leggiamo alla bambina che d'ora in poi sarà di Paolo (Aquilone) la lettera che lui aveva scritto per Caterina e diamo a tutti qualcosa.Mentre distribuiamo i nostri doni, Sara (Claun Bailarina) riprende con la cinepresa. Io ho la sensazione di voler dare molto di più, mi spiace di non poterli accontentare tutti, vorrei dare loro tanti regali,mi spiace di aver portato pochi peluche… Vabbeh, i bambini non ripensano più e ora sono impazienti di ridere e giocare. Altri bans e poi li salutiamo con la promessa che domani torneremo a giocare con loro. Prima di andar via Sr. Rebecca ci offre la solita bibita al gusto di arancia. Si sta rabbuiando e si prepara il solito temporale serale.Andiamo a cena. Cantiamo la canzone imparata all'Unitalsi per ringraziare il Signore del cibo.Al nostro tavolo due ragazze che erano novizie lo scorso anno e che ora sono suore: Rita e Magret. Magret è simpaticissima, allegra, gioiosa, parla un inglese a raffica, è stata un anno in India e si vede che si è tanto divertita. Dice che vorrebbe venire in Italia e spera tanto di poterlo fare. Do il regalo a Rita compratole a Lourdes: un ventaglio con la madonnina di Lourdes e un cartoncino con la preghiera alla Madonna. E' contenta.Terminato di cenare andiamo in camera e preparo il dischetto della tabella delle adozioni/adottanti a distanza. Le suore e le novizie guardano la solita mezz'ora di telenovela. Da questo punto di vista niente è cambiato!Mettiamo in carica la cinepresa e vedo che sr. Cecilia è stanca, sono già le 20 e alle 21.00 c'è il coprifuoco, quindi ci facciamo accompagnare.Una volta in Hotel con il PC portatile, prepariamo la lezione di domani alle suore: educazione sessuale.Stavolta insegneremo educazione sessuale, pensiero positivo e italiano.Vogliamo però dedicare tempo anche ai bambini, quindi andremo anche da loro.Domenica prossima andremo a Ton Qua e sabato che viene a Loimwe e domenica a Mongla.Ora sono le 21.3° e chiudo.
Kengtung - Giovedì 10 luglio 2003
Alle 22 in punto ieri sera hanno tolto la luce. Dormire non era facile, c'era una festa buddista e un monaco ha cantato fino alle 5.30 di questa mattina.Ci siamo alzate alle 7.30 colazione e alle 8,30 puntualissima Madre Mia (Sr Cecilia) veniva a prenderci. Le suore e le novizie erano già tutte pronte ad attenderci, al piano di sopra, sedute in circolo, con i loro quaderni, diligenti e ansiose di imparare. Iniziamo con una canzone come al solito, facciamo cantare e ballare "il coccodrillo" e da lì iniziamo la lezione di italiano. Vocaboli utili, verbi, articoli. Dapprima traduciamo in inglese le parole italiane, ma poi decidiamo che è meglio di no, o imparano anche loro a tradurre dall'inglese, che già non sanno bene. Terminiamo insegnando il "Padre Nostro" in italiano e un canzone "La festa non deve finire". Faccio un giro per vedere lo stato dell'opera della costruzione dell'orfanotrofio Bonetta e vedo i bambini di Bonetta che aiutano facendo catene per passarsi mattoni e secchi di cemento. Li riprendo con la cinepresa mentre cantano un paio di canzoni. Sr Cecilia aiuta anche lei e anche Sara.Si è fatta ora di pranzo (11,30) e ci sediamo a mangiare.Dopo pranzo ci riportano in Hotel per riposare un po', ma tra una doccia, una chiacchiera passa il tempo, ci vestiamo e scendiamo, strano, Sr. Cecilia non c'è ancora. Do un'occhiata in automatico all'orologio e mi accorgo che ci siamo sbagliate, siamo scese 1 ora prima… Risate e torniamo in camera.Alle 15.00 siamo nuovamente a Casa e le ragazze e le suore sono nuovamente pronte per iniziare una nuova lezione. Questa volta la lezione è un po' delicata, tenuto presente che si tratta di suore e novizie… iniziamo oggi le lezioni di "Educazione sessuale". Inizio spiegando che sono lezioni necessarie per due motivi, sia per conoscere il proprio corpo, sia per evitare di subire violenze, sia per sapere come fare ad evitare eventuali violenze.Appena spiego e faccio vedere la foto di un organo genitale maschile scoppiano tutte a ridere e un grande imbarazzo ci coglie tutte… Ma io sento che devo proseguire senza dar peso al reciproco imbarazzo e così dico che niente nel nostro corpo è da considerarsi sporco o sconveniente, Dio ci ha creati perfetti e quindi non dobbiamo vergognarci di guardare uomo e dona così come Dio li ha fatti.Proseguo e spiego le funzioni riproduttive dell'organo genitale maschile e poi passo agli organi genitali femminili, qui l'imbarazzo è molto meno e riesco con relativa facilità a spiegare le funzioni riproduttive e il ciclo mestruale. Margareth mi chiede se è vero che durante le mestruazioni non si possa fare la doccia o lavarsi i capelli e mi rendo conto che le dicerie che hanno propinato a noi soo identiche anche da questa parte del mondo.Parlo dei sintomi premestruali e dei dolori. Consiglio igiene e visite ginecologiche.Termino qui la lezione, sono soddisfatta e loro pure.
Sr Cecilia ha deciso di far venire qui i bambini di Bonetta perché abbiamo pensato di insegnare italiano anche a loro.Alle 16.30 sono già tutti lì. Deliziosi come sempre! Iniziamo a giocare, a cantare, i Due Liocorni, La nostra festa, il ballo del qua qua, e Sara ed io iniziamo a preparare le prime gags, a prenderci in giro, io mi arrabbio e lei urla urla e i bambini ridono tanto tanto. Poi li facciamo mettere a coppie e cantiamo e balliamo con loro "la canzone della felicità". Iniziamo a insegnare i vocaboli ai bambini: testa, occhi, guance, bocca, collo, gola, mani, piedi, dita e poi i numeri fino a venti. E "come ti chiami?"… Nel frattempo fuori piove a dirotto e noi siamo in questa stanza a goderci questi stupendi bambini che pendono dalle nostre labbra. Niente e nessuno potrà mai eguagliare questa sensazione di completezza e di gioia che provo in questo momento.Poi insceniamo un chapa chapa e …risate a non finire … Viene il momento dei palloncini e ….via con coccinelle, cigni, cani e gatti e coniglie e api… Ognuno ha il suo palloncino. Strano, ma ne sono scoppiati pochissimi.Prima di andar via ci mettiamo in posizione per i baci e ne riceviamo 60 a testa… Tutti dati con tanto amore e trasporto. Persino il più piccoli tra loro non volevano perdere l'occasione di baciarci. Vanno via e Sara scoppia a piangere. E' incredibile come ci si senta pieni e come sia importante il percorso di clownn che abbiamo alle spalle.Questi bambini ridono per nulla, è vero, ma è anche vero che noi siamo sicure e sappiamo cosa fare. Siamo l'una la spalla giusta per l'altra, alternandoci a turno tra il clown Bianco e l'Augusto.I bambini vanno a cena e anche noi.Dopo cena Sr Cecilia, Sr Rita, Sr Clementina e Sr Margareth + Angela e un'altra ragazza, ci riaccompagnano in hotel. Le ragazze ci hanno lavato e stirato la nostra roba.Inserto culturale: Kengtung (Kyaingtong)Nascosta in un angolo della parte orientale dello Stato Shan, 456 km a Nord-Est do Taunggyi e a 163 Km dalla città di confine con la Thailandia, Tachileik, c'è la sonnolenta Kengtung, centro storico della cultura khun dello stato. Circondata da villaggi wa, shan, akha e iahu, Kengtung è disposta intorno ad un piccolo lago ed è punteggiata da antichi templi buddisti e fatiscenti edifici coloniali inglesi. Probabilmente è la città più bella dello stato shan. Questa era ed è tuttora una delle valli montane abitate più remote del Myanmar, è difficile da raggiungere e vi si può arrivare solo con volo aereo o con giorni e giorni di viaggio in strade sconnesse da Tachileik.E' anche una roccaforte strategica del governonel bel mezzo dei ribelli shane del commercio dell'oppio, la sua posizione anzi è doppiamente importantevisto che questo è un crocevia con sbocchi in 4 paesi, il Myanmar, la Cina, la Thailandia e il Laos, e per tale motivo è un punto nevralgico della difesa del paese.In città si vedono pochi stranieri, tranne quelli della Croce Rossa Internazionale e dell'UNDCP (United Nations Drug Control Project, Progetto di controllo della droga delle Nazioni Unite.
Kengtung - venerdì 11 luglio 2003Abbiamo dormito bene, stanotte nessuno ha cantato. La mattina si è svolta tra la solita lezione di italiano e il mettere a posto le schede dei bambini adottati, aggiornando le schede di suor Cecilia.Questo lavoro prende tanto tempo, perché a differenza di quanto avviene nelle grandi organizzazioni che si occupano di sostegno a distanza, per noi ad ogni adottante corrisponde un bambino. Con Sr Sandra e la Madre Generale si è deciso che i bambini dei Villaggi della regione 4 (Pha Lo, Pha Do, e Di Shii) che non sono raggiungibili per noi stranieri (c'è pericolo di assalti di guerriglieri e sono villaggi in mezzo alle foreste) vengano sostituiti con bambini di Mong Lar. Sr Cecilia 2 volte l'ano si recherà ugualmente ai villaggi e porterà loro viveri e vestiti, ma per il sostegno a distanza non prenderemo più bambini di quella regione perché non sarebbe possibile dare loro notizie agli adottanti oppure portare i loro regali ai bambiniCosì in questi giorni abbiamo da fare tutte queste sostituzioni e poi abbiamo da fare tutte le foto da dare ai genitori/sostenitori a distanza. Abbiamo lavorato fino all'ora di pranzo. Dopo pranzo un breve riposino e poi di nuovo al lavoro con le schede.Alle 15.00 le nostre alunne erano prontissime con tanto di quaderni e penne, pronte per la lezione di educazione sessuale. Oggi abbiamo affrontato il tema della fecondazione, gravidanza e parto naturale. Hanno reagito molto bene e tranne 2 suore (sr Cecilia e sr Guly) le altre non sapevano nulla di questo argomento. Parliamo di ragazze dai 19 anni ai 40, e nessuno ha mai affrontato con loro l'argomento sessualità.A pranzo ho parlato al telefono con Sr Sandra che ha chiamato da Roma, le ho raccontato cosa stiamo facendo ed era veramente molto contenta.Dopo la lezione abbiamo lavorato ancora un po', poi sono arrivati dei bambini dall'orfanotrofio della Casa di Riposo, abbiamo fatto una ripresa video per i genitori lontani e poi siamo andati a Bonetta. Ho ripreso con la cinepresa la strada e le case del villaggio che abbiamo attraversato, la povertà è veramente tanta. Sr Cecilia mi diceva che con i soldi che mandiamo aiutano anche tante famiglie dei villaggi che non potrebbero nemmeno mangiare.Appena siamo in vista di Bonetta ci accorgiamo che i bambini sono tutti fuori e scrutano la strada in attesa di vederci e infatti appena ci vedono cominciano a sbracciarsi e corrono verso di noi per prenderci per mano e abbracciarci.Visitiamo Bonetta e riprendiamo con la video camera, vorrei che chi leggesse questo diario si rendesse conto di come sia importante costruire un nuovo orfanotrofio per dare ai bambini condizioni igieniche in cui vivere decentemente.Ci mettiamo quindi in sala mensa dove c'è la lavagna e scrivo i vocaboli che avevamo insegnato loro ieri, li ricordano ancora, insegniamo l'alfabeto italiano, i numeri e altre parto del corpo. Poi cantiamo insieme e infine usciamo nel cortile per i nostri bans e le gags che insceniamo Sara ed io. I bambini si divertono un sacco a vederci fare il chapa chapa. Ma adesso lo insegniamo anche a loro e si divertono tanto.Dopo 3 o 4 bans e scenette, ci mettiamo in mezzo al cerchio abbassate per fare arrivare anche i più piccoli alle nostre guance, e siamo ferme, con le guance pronte a ricevere 60 baci…E' sempre una stupenda emozione vedere con quanto amore ci baciano e fanno a gara per essere quelli che ci tengono per mano.Torniamo a andiamo a cena.Dopo cena ancora lavoro sulle schede e poi torniamo in Hotel. Un'altra giornata costruttiva. Termino la giornata con un senso di completezza e di pace dentro che difficilmente provo quando sono a casa.
Kengtung sabato 12 luglio 2003
Stanotte ho dormito poco, gatti in amore vicino che russava, poco sonno, forse per i caffè dopo pranzo e prima della lezione del pomeriggio. Ero spesso sveglia. Stamattina alle 8.00 siamo andate al mercato, abbiamo visto tante cose caratteristiche, abbiamo comprato borse da regalare, scarpe infradito. Per 3 paia di scarpe infradito ho speso la bellezza di 3 dollari. Sara ha preso stoffa per tre gonne. Io ho preso tanti elastici bellissimi per i capelli. Alle ore 9.15 lezione di italiano. Nel ripasso le ragazze hanno dimostrato di aver studiato.E' bello vedere con quanto interesse cercano di applicarsi allo studio di questa lingua così difficile per loro. Chi di loro sa l'inglese fa ancora più fatica perché ha imparato la pronuncia delle vocali in inglese e così con l'italiano si confonde.Dopo pranzo continuiamo il lavoro alle schede dei bambini, il lavoro è proseguito tutto il giorno e ancora dobbiamo fare le foto, finire di compilare le schede e tradurre le lettere dei bambini per i genitori lontani.Riposo breve nel pomeriggio e quindi ultima lezione di Educazione sessuale. Abbiamo trattato temi difficili per loro: la violenza, l'abuso sui bambini e bambine, i contraccettivi, le malattie sessuali, i parti difficili. Al termine tutte sembravano veramente contente. Hanno detto che tutte queste cose non le sapevano e che sono state molto contente di apprenderle.Nel pomeriggio non siamo andate dai bambini per terminare il lavoro alle schede. Domani mattina andremo a Tom Qua.Io sto bene, non sono stanca, ma sono afflitta da una fastidiosa dissenteria.
Tom Qua - Domenica 13 luglio 2003
Questa mattina colazione alle 7.00, puntuale alle 7,15 sr Cecilia viene a prenderci per portarci per portarci a messa. Dopo la messa partiremo per Tom Qua.La messa è lunghissima e in birmano…, interessante notare che a questa messa non ci sono uomini, solo donne, ragazze della missione e donne del villaggio con i loro bambini. Tutte le donne indossano sulla testa un velo bianco o nero ricamato e sono vestite eleganti. Sr Cecilia mi dice che gli uomini vanno alla messa delle 6.30. La predica è sulla preghiera semplice di S. Francesco. Altra coincidenza per me (chi mi conosce lo sa che tante coincidenze della mia vita sono collegate a S. Francesco). Prendo questa coincidenza come l'ennesima conferma che è proprio qui che devo essere.Terminata la messa passiamo a prendere le ragazze e sr Magret e saliamo tutte dietro nella Pick-up per recarci a Tom Qua. Guida l'autista, la strada è troppo ardua perché guidi Cecilia. Attraversiamo bellissimi paesaggi, campi sterminati di riso, colline, foresta. Per fare 7 miglia ci mettiamo un'ora. Sballottate da tutte le parti, ridiamo e ci divertiamo sentendoci protagoniste di un'avventura da Camel Trophy. Mentre ci allontaniamo da Kengtung vediamo che i villaggi diventano sempre più poveri, vediamo bufali, cinghiali, maiali. In alcuni punti della foresta intravediamo altari, nascosti in piccole radure tra gli alberi, forse altari agli dei della foresta.Le case sono di paglia, sono poverissime.Arriviamo a Ton Qua, alla nostra missione e ci viene incontro Sr. Isabel, al momento è sola perché le altre due sorelle (ogni missione-comunità ha almeno tre suore) sono fuori, non abbiamo capito perché. La aiuta una donnina sordomuta che poi ci porterà a vedere la missione. I bambini sono poverissimi, laceri e sporchi. Tutti a piedi nudi o con ciabattine infradito. Che differenza con i piccolini di Bonetta che già da 2 anni usufruiscono di aiuti! Tutti vengono a salutarci stringendoci la mano, piccole, esili e eteree manine che ricorderemo ogni volta che godremo del nostro benessere in Italia. Io sono già stata qui lo scorso anno, ma anche adesso a tornarci risento la spessa impressione dello scorso anno: tristezza e compassione. Tutto qui sembra immobile e il futuro di questi bambini qual è? Doniamo caramelle e si precipitano a prenderle come mosche sul miele, poi facciamo loro i palloncini e in silenzio, educati e tranquilli aspettano che ne diamo uno ad ognuno di loro. Mentre facciamo palloncini si ode un suono di tamburo e piatti e un canto e arrivano le donne anziane Akha del paese che cantano e danzano per noi, vestite con il loro abito della festa e i loro copricapi pesanti d'argento. E' ora di pranzo e pranziamo con noddle in brodo, mais bollito, fagiolini fritti, frittata e pesce e carne di pollo. Al termine la buonissima frutta birmana.Mentre mangiamo incomincia a piovere e ritornare con questa pioggia è impossibile, aspetteremo che cessi. Intanto arriva il parroco della missione, è giovane, ha 28 anni e parla bene inglese. Arriva anche la mia "sorella" birmana, quella che lo scorso anno non mi lasciava mai la mano e mi riconosce e mi abbraccia prendendoli la mano e tenendomi stretta. Con lei è suo figlio, un gran bel bambino. Facciamo riprese video, foto. Sara prende un bimbo da sostenere, diventerà il suo fratellino birmano. Con il cuore stretto visto che la pioggia è diminuita, prima che sia impossibile passare con la macchina, decidiamo di ritornare a casa. Salutiamo tutti e tutti, tutti vengono a darci la mano. Questa volta Sara ed io saliamo davanti con l'autista, stiamo strette ma conteniamo meglio i colpi. Vista da davanti la strada almeno nel primo tratto è terribile: piena di sassi, ruscello da guadare, buche… Commento con Sara che una volta che si sono conosciute queste persone, questi bambini, non si può non amarli, non si può non sentirli parte di te. Che importa se sono tanto distanti, senti che hai un fratello in difficoltà ed è tuo dovere aiutarlo. Le persone tutte qui in Birmania sono così gentili con noi! Sara mi chiede cosa penseranno di noi queste persone, questi bambini. Non lo so, rispondo, loro ci chiamano "benefattori", e credo che abbiamo piacere di sapere che ci sia qualcuno che si prende cura di loro e che li abbia a cuore.
Le suore dicono loro che in un Paese lontano che si chiama Italia ci sono persone che si prendono cura di loro, che pagano i loro studi. Qui la gente è così semplice, si fanno poche domande, non sono abituati a chiedersi il perché delle cose, tutto corre intorno ad un fatalismo atavico. Forse dovuto ad un passato animista dove ogni evento era dominato dagli elementi della natura o forse da un passato e da un presente buddista piuttosto immobilizzante. Io penso che sia importante anche per i bambini e le ragazze conoscerci, così imparano che esistono altri popoli, Paesi dove forse un domani potranno andare e questo potrebbe aiutarli ad aprire le loro menti e a voler studiare…Stasera parlavo con Sr Cecilia sull'opportunità di educare le suore a dare maggiori stimoli ai bambini, a farli giocare, a raccontare loro favole, ma lei mi rispondeva che non c'è questa cultura, qui non ci sono favole, ma solo alcuni detti con sfondo morale. Tuttavia secondo me si può provare a prepararle in tal senso, è ciò che voglio tentare nelle lezioni della prossima settimana.Casa di riposo delle suore anzianeAl rientro da Tom Qua siamo andate a visitare i bambini dell'orfanotrofio della casa di riposo delle suore anziane. Sono bambini, bambine e ragazze che vivono in dormitori dietro la casa delle suore anziane. Le suore anziane sono 5 e oramai molto anziane, una di loro sembra abbia più di 100 anni, si chiama Bruna e mentre la salutavo mi ha pregata di pregare il Signore perché la prenda con sé. Le condizioni di questi bambini sono decisamente critiche, sono un po' abbandonati a se stessi e solo da poco sono iniziate le adozioni/sostegno anche per loro. Non hanno una sala mensa, ma solo pochi tavoli sui quali devono mangiare in 50, alcuni si siedono, altri mangano in piedi, mi dice sr Margareth.
La cucina è sporca e buia e poverissima, i dormitori pure. Attualmente chi gestisce questa casa è una suora ora in ospedale, quindi i bambini sono lasciati alle cure delle ragazzine più grandi e di una signora del villaggio che va a dare loro una mano. Le condizioni dei bambini che vediamo sono come quelle dei bambini di Tom Qua.Anche qui quanto ci sarebbe da fare!Salutiamo le suore anziane e rientriamo a casa.Lavoriamo ancora alle schede, alle lettere da scrivere ai sostenitori/genitori in Italia, sistemiamo le foto fatte oggi e velocemente viene l'ora di cena. Ci attendono pannocchie bollite, patate bollite, carote, uova sode e tagliatelle di riso.Dopo cena, dato che siamo stanchissime dal viaggio e da tutta la giornata, ci fanno un bel dono: un massaggio: ci fanno sdraiare per terra e 6-7 ragazze ci massaggiano con cura tutto il retro del corpo. Il massaggio dura 45 minuti e siamo noi a terminarlo perché Sr Cecilia è stanchissima e vuole accompagnarci in hotel per poter riposare.Così alle 20 siamo in Hotel ed eccomi qui al solito appuntamento col diario.
Kengtung - lunedì 14 luglio 2003
Ci siamo alzate più tardi stamattina, ieri sera eravamo molto provate dal viaggio a Tom Qua, così Suor Cecilia è passata a prenderci alle 8,45. La lezione di Italiano è andata abbastanza bene, abbiamo insegnato pronomi, avverbi e nuovi verbi, ma al termine abbiamo fatto una verifica, chiamando alla lavagna le ragazze e le suore e facendo loro scrivere delle frasi. Sr Rita è molto attenta e brava, anche se estremamente riservata. L'aspirante Salomè è bravina, Sr Magret se la cava, anche se fa fatica a ricordare i vocaboli.Abbiamo terminato la lezione e le abbiamo lasciate a coppia a conversare tra di loro.Dopo pranzo non siamo andate a riposare in hotel per proseguire il lavoro delle schede e S Cecilia ha fatto le foto a tutti i bambini di Bonetta così le inseriamo nelle lettere.
La lezione del pomeriggio è stata una indagine da parte nostra su come si svolge la vita in missione, sia qui a Kengtung/Bonetta, sia a Mengla, Loimwe. Mon Phya, Tom Qua. Abbiamo scoperto molti punti in comune con gli orari e l'andamento della casa/orfanotrofio.
Tutti si alzano alle 4,30 la messa è tra le 5 e le 6, i bambini sistemano poi le oro cose o studiano e alle 6,30/7,00 c'è la colazione. Dopo l'intervento di Sr Sandra dell'anno scorso i bambini ora vanno a scuola alle 8,30 e rimangono a scuola fino alle 12. Alle 12,30 pranzano e ritornano a scuola fino alle 15,30/16.00. Quando tornano in alcune missioni studiano fino all'ora di cena, in altre lavorano al giardino e all'orto, un paio di giorni la settimana in alcune missioni i bambini giocano un paio d'ore, in altre la sera fanno passeggiate. Il sabato e la domenica si dedicano a imparare musica e balli locali.Le suore rigovernano la casa, aiutate dalle bambine più grandi, si occupano della catechesi, e seguono lodi e rosari.In ogni missione-comunità ci sono tre suore, a volte vanno ad aiutarle donne del villaggio.Alcune missioni sono condivise con la diocesi e in questi casi le convivenze sono sempre difficili. Pare che i sacerdoti non accettino l'indipendenza delle suore e tentino in tutti i modi di ostacolarle nel loro lavoro coi bambini.Ho proseguito con una lezione di pedagogia, per aiutarle nell'educazione dei bambini. Le suore vengono da paesi lontani, e sono poco avvezze ad avere modi gentili e affettuosi con i bambini perché a loro volta non hanno avuto un'infanzia facile. Al termine della lezione fino all'ora di cena nuovamente abbiamo lavorato alle lettere da inviare alle famiglie che sostengono i bambini.Al rientro in Hotel, con Sara abbiamo messo a punto alcuni punti di educazione da sottoporre loro domani.
Kengtung - martedì 15 luglio 2003
La giornata di oggi non ha rilevato alcuna caratteristica speciale.La lezione di italiano al mattino, e la lezione di pedagogia al pomeriggio.Oltre ai punti per un'educazione basata su autorevolezza e non su autoritarismo, ho spiegato loro "Meditazione dei sassolini" di Thich Nath Hanh. Ho parlato di come "rimanere freschi" e belli come un fiore sempre presenti profondamente per chi ci sta intorno affinché i bambini e le persone possano godere della nostra presenza. Ho suggerito loro di fare questa meditazione con i bambini degli orfanotrofi.Sono state contente e si sono sentite sollevare l'animo.Fino all'ora di cena siamo andate avanti col lavoro delle lettere.
Con sr Cecilia consideravamo la difficoltà di aiutare i bambini, il governo ostacola il fatto che i bambini vadano nelle missioni, preferisce che siano poveri e bisognosi nei villaggi. Molti bambini sono stati obbligati a tornare nei villaggi dalla missione perché hanno costruito una scuola e così devono andare in quelle scuole e non possono rimanere in missione. Alcuni di quelli che sono andati via, vengono aiutati lo stesso, se sono in villaggi vicini, Sr Cecilia porta loro viveri e vestiti sulla base dei sostegni che arrivano per loro. Altri bambini sono in villaggi troppo lontani e non è più possibile aiutarli, così abbiamo dovuto sostituire questii bambini con nuovi bambini che hanno preso il loro posto e abbiamo dovuto fare schede e foto nuove per i genitori "adottivi".Il lavoro delle adozioni/sostegno a distanza è un grande lavoro, se lo si vuole fare seriamente e con coscienza. Ad ogni bambino/a che noi diamo in adozione/sostegno a una famiglia corrisponde veramente un bambino, e ogni famiglia ha il suo. Così quando il bambino non è più in missione noi lo sostituiamo, rifacciamo la foto al nuovo bambino, la scheda e scriviamo al genitore adottivo. Il più delle volte i genitori capiscono e continuano il sostegno del nuovo bambino, altre volte non confermano più l'adozione/sostegno. Alcuni genitori si considerano invece tali e per i bambini lo sono. Scrivono loro, mandano pacchi regalo per i compleanni o per Natale, e i bambini scrivono loro o se sono troppo piccoli le suore scrivono per loro. Questo rapporto diretto è bello per il bambino che acquisisce la speranza che un domani potrà vedere questa famiglia lontana, questa mamma o papà italiani e aspetta che vengano a trovarlo. Quando vengo qui, buona parte dei miei pomeriggi, dopo la lezione, se ne va per aiutare sr Cecilia a a fare questo lavoro. Quest'anno ho Sara che mi aiuta molto. Lo scroso anno lo abbiamo fatto con Rita.Un altro problema qui è dato dai sacerdoti che in alcuni casi hanno il loro seminario/orfanotrofio per i maschietti confinante con la missione delle suore. Questi ostacolano il loro lavoro, intervengono, picchiano i bambini, non permettono alle suore di educare o far studiare i maschietti e se arrivano soldi per la missione loro vogliono gestirli. Mi dice Sr Cecilia che è una lotta continua che ancora non sono riuscite a risolvere.Così alle missioni dove c'è questa situazione sr Cecilia preferisce comprare il cibo e i vestiti e tutto quanto c'è bisogno e cerca di non portare soldi.
Kengtung - mercoledì 16 luglio 2003
Oggi è una bella giornata, l'aria è tersa e non umida. Meno male, così i muratori possono andare avanti bene con la costruzione dell'orfanotrofio Bonetta. Sr Cecilia tarda qualche minuto a venirci a prendere perché, ci dice, la strada è interrotta per lavori, stanno coprendo i buchi. Qui a Kengtung praticamente non esiste l'asfalto, le strade sono fatte di terra rossa battuta, e quando piove si aprono buche e si creano solchi. Ci sono anche pochissime macchine, e vedere una donna guidare stupisce molto, ma la nostra Cecilia è una donna speciale. Anche qui ci sono persone sveglie come Cecilia e persone decisamente addormentate, come Goretti, Scolastica, novizie, Elizabeth, Rebecca, Pierina, suore. Con loro la lezione di italiano è una sofferenza. Non riescono ad imparare e sembra abbiano difficoltà anche a scrivere alla lavagna. Probabilmente non sanno scrivere nemmeno nella loro lingua. Abbiamo scoperto che la fantasia non viene usata per nulla. Possiamo dire che in questa città (paese?) una fata ha fatto un incantesimo e gli abitanti hanno perso la fantasia. Ad esempio non fanno disegnare e colorare i bambini, non raccontano loro favole, non scrivono un diario, non usano parole tenere tra di loro, nemmeno la madre col bambino. Qualcuno diceva che ogni popolo ha il governo che si merita, e quando vivi in un posto capisci perché. Probabilmente anni e anni di dittatura militare hanno spento l'iniziativa individuale, e la gran massa delle persone non è stata più stimolata, e continua a vivere alla giornata, senza alcuno stimolo.Le suore e le novizie sono felici in questi giorni con noi, per loro queste lezioni sono un grande diversivo,mi chiedo se una volta tornate ognuna alle proprie missioni, nella vita di tutti i giorni, riusciranno a mettere in pratica quanto abbiamo visto insieme. Ho suggerito loro di insegnare italiano ai bambini, così insegnandolo, lo ripassano e lo imparano.
Oggi Maria Bambina, la bimba che ha adottato Lorenzo ha la febbre alta, le stanno facendo un'iniezione e urla come se l'ammazzassero, Sara (Bailarina) va all'attacco col naso rosso per cercare di calmarla. Il piccolo Philip (Gni Gni) che abbiamo dato in adozione a Giocolo (Nicola) invece con il sederino al vento è sempre intorno a noi, tutte le bambine, e le suore se lo passano da una all'altra e lui piagnucola, gioca a nascondino con me e Sara, mangia frutta… E' bellissimo, ha un musetto che sembra di porcellana. Angela, una bambina che vive qui deve scrivere una lettera ai genitori adottivi, e anche in questo caso è un tormento, Sr Cecilia dice che non sa scrivere, per scrivere tre righe ci mette mezz'ora e sr Cecilia si innervosisce. E' vero che il loro alfabeto è decisamente complesso, mi piacerebbe avere il tempo di imparare a scrivere e leggere almeno un po' questa lingua. Nel pomeriggio insegniamo i bans, affinché li facciano con i loro bambini alle missioni, ne insegneremo 7, uno per giorno. Poi insegniamo anche alcuni esercizi di ginnastica molto facili da fare con i bambini. Abbiamo intenzione di farle disegnare e creare una poesia. Ci vorrebbero mesi e forse anni per sviluppare la fantasia, ma comunque ci proviamo anche in questo poco tempo. Oggi pomeriggio ha telefonato Sr Sandra da Roma e mi ha passato la Madre Generale, era entusiasta, mi ha detto che ieri, durante la loro riunione di Capitolo, con tutte le suore delle missioni, hanno presentato il nostro "Progetto Giovani" in cui noi di Vip Italia ci impegniamo a preparare e formare giovani che vadano nelle missioni come Clown per portare giocoleria, magia, teatro di strada e soprattutto fantasia e speranza in un mondo migliore.Mi ha detto che tutte le suore delle missioni erano entusiaste, che tutte ci vogliono, che dovrei avere un aereo personale per quanto mi verrà chiesto di viaggiare… Ero certa che il Signore volesse i volontari-clown per un Suo disegno e che fosse stufo della tristezza e depressione che c'è nel mondo. Vivendo qui mi rendo conto, giorno dopo giorno quante cose abbiamo in Occidente, quante cose sono scontate per noi, Internet, le mail, la macchina, i videogiochi, i film, il cinema, la TV con tanti programmi, e ancora il teatro, le discoteche, i villaggi turistici. Qui se hai un Fax e non lo hai denunciato vieni arrestato per 5 anni. Ieri sera abbiamo fatto un po' più tardi e sr Cecilia ci ha accompagnate in Hotel alle 20,35, era preoccupata che i militari la fermassero, e in effetti in strada era buio pesto (la luce qui c'è molto poco), e si incontravano solo militari in motoretta. Per andare a Loimwe e a Mengla, domani dobbiamo chiedere il permesso a loro.I libri che ho letto sulla psicologia, l'analisi transazionale, la Gestalt qui fanno ridere, altro che sindrome del bambino/genitori/adulto, qui bisogna partire da zero, partire dal ritrovare la voglia di ridere, la voglia di stare con i bambini in maniera affettuosa. Tutte qui ora ci abbracciano, questo vuol dire che l'affettività era solo sopita, che dentro ognuna di loro c'è voglia di ridere, essere affettuose, gioire. Ma avendola persa per la durezza della vita che conducono, hanno creduto che la vita fosse solo punizioni, botte, e studio.Abbiamo detto che lo studio è importantissimo, ma che è altresì importante e basilare il gioco, il gioco sviluppa la mente e lo spirito e giocare loro e i bambini non può che essere salutare per una migliore armonia in missione. Questi bambini che vivono in orfanotrofio senza mamma e papà hanno solo loro come mamme e papà e quindi spetta a loro sviluppare questi due lati: essere mamma di tutti, amandoli alla stessa maniera, ma allo stesso tempo essere decise e autorevoli quando è necessario.Qui va molto bene l'insegnamento di Thich Nath Hanh, sarà perché si esprime con il linguaggio poetico, il Viet Nam non è distante da qui e forse è più facile capire le sue espressioni che quelle della psicologia moderna. Stamattina siamo andate a vedere la statua del Buddha e il Museo che confinano con la missione. Il Buddha è altissimo e si vede da tutta Kengtung. Ci diceva Sr Cecilia che quando hanno costruito il Buddha e il monastero il governo voleva prendere tutto il terreno, anche quello della Missione, ma pare che quelli che lavoravano alla costruzione del Buddha avessero fatto un sogno in cui se avessero proseguito i lavori sarebbero morti e pare che 6 persone siano davvero morte, così si sono accontentati di rimanere lì e lasciare alla missione cattolica il terreno.
Kengtung - Giovedì 17 luglio 2003
Evviva, abbiamo finito le lettere ai genitori/sostenitori e le sostituzioni! Questo lavoro è durato una settimana e ci abbiamo lavorato in tre.Stamattina siamo andate a salutare il vescovo Abraham, ci ha accolte come al solito ridendo di gusto, parlando in italiano con inflessioni milanesi e torinesi. E' un gran simpaticone! Ci presterà la macchina e l'autista per andare a Loimwe e a Mengla.Maria Bambina è stata portata in ospedale, ha la febbre molto alta, sr Giuly resterà a dormire con lei. Una ragazzina di Bonetta è stata investita da un motorino, ha riportato per fortuna solo escoriazioni non gravi, il proprietario del motorino ha pagato le cure. Oggi pomeriggio dopo la lezione, le ragazze e le suore ci hanno regalato un altro massaggio, ci hanno ammaccato ogni parte del corpo, i miei polpacci gridavano dal dolore… ma ora devo dire che mi sento abbastanza bene. Qui l'umidità è tale che scricchiolano tutte le ossa, la cervicale grida vendetta e respirare è difficile.Nel pomeriggio lezione sulla creatività, sulle favole e bans. Ci siamo divertite e ho filmato le novizie e le suore mentre si scatenavano in "Banana baobab". Sembrano tutte bambine che finalmente possono giocare. Abbiamo avuto la conferma che la fantasia in loro è spenta e la creatività molto ridotta. Ci vorrebbe più tempo e soprattutto sapere la lingua per poterle aiutare di più a sviluppare la fantasia. Mi sono ripromessa di studiare almeno un po' il birmano.Sara ha copiato dai libri che abbiamo portato sull'educazione sessuale dei disegni e h fatto delle schede da lasciare alle suore per insegnare educazione sessuale ai bambini, Sr Cecilia ne ha fatto fotocopie per tutte.Stasera pensavo quanto sia importante arrivare in posti come questa missione con le idee chiare su come aiutare, saper lavorare sulla gioia, sul ritornare bambine, la formazione alla pace, alla calma, alla serenità interiore. La base clown ci dà un grosso aiuto sia con i bambini, sia con le suore per aprire la strada all'allegria e alla gioia. Sara è un valido supporto, ci integriamo bene e riusciamo ad essere ambedue produttive, sono contenta di averla portata con me.I lavori dell'orfanotrofio procedono bene, in questi giorni ha piovuto poco e hanno potuto lavorare.Stanno ultimando i muri del primo piano.Stasera alla TV cinese balletti cinesi, Sara disegna e canta. Io scrivo al PC portatile, fa un caldo allucinante, ma siamo ambedue felici.
Kengtung - venerdì 18 luglio 2003
Megalaba ci sue apandouyeUnmia uanta suàlaile suàgiu su liè Ba que
Buongiorno a tutti gli amici Siamo felici di dare Con tutto il cuoreIl benvenuto a tutti voi!
Questa è la canzone che i bambini ci cantano e ora l'abbiamo imparata anche noi!
Stamattina esami di italiano! Abbiamo fatto l'"esame di primo livello" di Italiano alle nostre studentesse. Un dettato, coniugazione del tempo presente dei verbi che abbiamo studiato. Dopo pranzo siamo tornate in hotel e abbiamo fatto la correzione dei compiti: Abbiamo riso fino alle lacrime per ciò che hanno scritto alcune di loro. Sr Elizabeth ha inventato una nuova lingua e non era la sola. Scolastica, Goretti, Marina hanno inventato nuovi verbi. Capisco che l'italiano è difficile, ma il verbo "essere" l'abbiamo fatto scrivere diverse volte… Insomma alla fine Rita è risultata la migliore, poi Flora, Clementina, Magret non male, ma i verbi un disastro. Ho consigliato loro di scrivere ogni verbo 10/20 volte per impararlo.Prima di pranzo siamo andate con Sr Cecilia a vedere la casa di Rose Mary, non è lontana, anche se è in mezzo alla campagna. Rose Mary è una benefattrice delle suore della Provvidenza, che vive a Mengla e darebbe alla missione questa casa per farne una scuola di lingue e studio di Computer per le ragazze della missione. La casa è abbandonata, ma si potrebbe rimettere in sesto, abbattere un muro e farne una grande sala per studio.Ho fatto delle riprese da far vedere alla Madre Generale e a Sr Sandra. Di pomeriggio abbiamo riconsegnato i quaderni, abbiamo chiamato alcune delle ragazze alla lavagna per scrivere i verbi più volte, fanno una fatica bestiale. L'unica che sbaglia pochissimo e capisce quanto diciamo è Rita e anche Magret e Clementina, ma un po' meno di Rita. Finita la lezione abbiamo iniziato a dipingere con i colori che usiamo per il trucco clown, il viso di suore e ragazze: bellissime! E poi sono arrivati tutti i bambini dell'orfanotrofio Bonetta e li abbiamo dipinti tutti e 59! Uno spettacolo, se ne stavano buoni buoni in attesa senza protestare, si sono fatti dipingere tutti ed erano spettacolari!Poi una volta finito siamo scesi in giardino per fare riprese e foto, qualche ban e poi tante foto e tanti ma tanti baci. Ho ancora sulle guance la sensazione delle loro piccole bocche. Dorothy mi ha preso la mano e non me la lasciava più, Dorothy è una bimba piccola piccola, ora ha i capelli rasati per il caldo e sembra ancora più piccola e minuta. Li sento davvero come figli e l'ho detto a loro e Sr Cecilia ha tradotto, tutti hanno detto grazie così felici, e sono corsi ad abbracciarci di nuovo e di nuovo e non volevano più andare via. Sr Magret era estasiata, diceva che lei vuole vivere con questa allegria, vuole ridere e divertirsi e non stare sempre con persone serie, che considerano il ridere sconveniente. Tutte le suore erano in uno stato di immensa gioia e noi, nonostante fossimo provate dal caldo, eravamo e siamo ancora così felici! Nella mente ci risuona e stiamo ancora cantando la canzone che ho scritto su , è la canzone di benvenuto birmana e oggi Sara ed io l'abbiamo imparata. Domani alle 8,15 andremo a Loimwe, Sr Maigret rimarrà là, quella è la sua missione.
Loimwe - sabato 19 luglio 2003
Siamo partite in ritardo perché Sr Cecilia stamattina ha ricevuto la visita di quello che è il presidente dello stato Shan. Non sappiamo il perché di questa visita, ma le ha fatto un sacco di domande, però sembrava gentile e le ha detto che se ha bisogno di qualcosa di rivolgersi a lui.A colazione abbiamo conosciuto Ives (Ivo) un g iornalista francese, un tipo interessante che da ottobre sta girando mezzo mondo, è stato in California, dove ha studiato all'università, per salutare i suoi amici e la sua famiglia americana, poi alle Isole Cook, Sidney, Nuova Zelanda, Tokio e ora gira la Birmania, poi andrà in Thailandia, Vienna quindi rientrerà a Parigi. Dice che ha venduto una casa bella che aveva al centro di Parigi e ne ha comprata una più semplice in periferia e poi ha deciso di viaggiare per 6-8 mesi. Domani verrà alla missione per la nostra festa d'addio.Alle 9,15 siamo partite per Loimwe, con la macchina del Vescovo Abrahm alla volta di Loimwe. Anche oggi fa caldo, il paesaggio è stupendo, il verde di queste risaie sembra smeraldo, e per andare a Loimwe si sale in alto, quindi il paesaggio dall'alto è notevole. Si attraversano ruscelli, piccole cascatine e quando si sta per arrivare si incontrano i primi pini, il che con il clima tropicale, fa un certo effetto.I bambini, Sr Felicita e Sr Innocenza ci aspettano nel cortile antistante la missione, e ci cantano canzoni di benvenuto. Poi danzano per noi, ci regalano una bottiglia di vino locale e dei fiori.I ragazzi più grandi mi riconoscono. Dopo pranzo distribuiamo caramelle, palloncini per tutti e facciamo con loro qualche ban. Anche questa volta reagiscono benissimo, si divertono tanto e ripetono le nostre parole e i nostri gesti, ridendo. Ma la parte più divertente viene quando li salutiamo e chiediamo loro un bacio. Le ragazze ci salutano con un bacio, mentre i bambini e i ragazzi scappano e noi li inseguiamo. Alla fine anche loro imbarazzatissimi, ma divertiti vengono a prendersi un bacio, e riusciamo a darlo anche ad un paio di ragazzi grandi. Sr Magret è rimasta lì, piangeva nel lasciarci, ma ci siamo ripromesse di scriverci. Ragazzi, bambini e bambine, ci accompagnano tutti all'uscita della missione e ci salutano con tanta gioia.Torniamo a casa molto stanche, la strada è terribile e gli scossoni hanno messo a dura prova la nostra schiena. Le ragazze che stanno nella macchina dietro, nella parte aperta, hanno i nostri zaini, quando ce li riconsegnano sono pienissimi di polvere, immaginiamo in che stato saranno le ragazze!Arriviamo in Hotel, doccia e prepariamo le valige. Sr Cecilia passerà a prenderci alle 17,30. Ceniamo e ricevo un altro massaggio dalle ragazze, ne avevo proprio bisogno.Domani è il nostro ultimo giorno a Kengtung, andremo a Mengla e la sera ci faranno una festa di addio.
Mengla-Kengtung - domenica 20 luglio 2003
Questa mattina siamo partiti per Mengla, Sr Rita tornava a casa. Il viaggio, sebbene la strada sia nuova e completamente finita è comunque tutta curve e diverse ragazze, inclusa sr Rita, sono state male. Il paesaggio è bellissimo, entrando nella Regione 4 si vedono le caratteristiche case con il tetto in paglia e tutte in legno, risaie, e per la strada maiali, mucche, vitellino, bufali e persino cavalli. Mengla è una città, non un villaggio, ma è un contrasto unico, ci sono bellissime e moderne costruzioni alternate a tuguri, negozi e bugigattoli, ci sono un paio di casinò, e locali con spettacoli di spogliarello. A questo proposito, Rose Mary ci ha fato una sorpresa: ci ha portato a vedere uno spettacolo (siamo arrivate quasi alla fine), in cui le ballerine si esibivano per la maggior parte in topless, e poi con innocenza ci ha spiegato che non si trattava di ballerine, ma di ballerini! Erano travestiti. Non dimenticherò mai la faccia di Sr Cecilia. Stasera a cena mi ha detto: "Meno male che ci siamo andate ora con te, io non sapevo di che spettacolo si trattasse e ci avrei portato la Madre Generale!" le ho detto che avrei raccontato l'episodio a Sr. Sandra e che ci saremmo fatte un sacco di risate alle sue spalle.Quindi, come dicevo, questa città è un grande contrasto, è a due passi dalla Cina e c'è molto commercio con il Paese confinante, in cui ci si arriva attraversando un arco.La missione di Mengla è grande e ha tantissimi bambini e bambine, ma anche ragazzi e ragazze. Le suore collaborano con il parroco, Padre Clement. Le suore della missione sono Sr Jacinta, sr Rita e Sr Giuly. Ora tutto il lavoro delle missioni della regione 4 viene convogliato su Menala, si prenderanno anche altri bambini in quanto si sono chiuse le missioni di Pha Do, Pha Lo e Di Shii.Questi villaggi erano troppo lontani e difficili da raggiungere e le suore rimanevano isolate. Si manderanno aiuti per i villaggi un paio di volte l'anno e si prenderanno a Mengla i bambini che rimarranno orfani e i più bisognosi.Siamo tornati alle 17.00, il tempo di una doccia e siamo andati a casa di Kengtung, dove i bambini di Bonetta ci avevano preparato la bella festa finale con balli canti e regali. E' venuto anche il nostro nuovo amico francese Ives e la sua guida birmana e si sono fermati a cena con noi.Abbiamo distribuito nasi rossi a tutti i bambini che erano felicissimi, Sr Cecilia ha ripreso, spero sia venuto bene. Ultima notte a Kengtung e domani si parte per Taungji. Lasciare i bambini e le ragazze è sempre difficile, c'è così tanto affetto da parte loro e quest'anno ancora di più, si sentiva proprio tanto l'amore e l'affetto da parte loro e loro sentivano il nostro.
Taunggyi - lunedì 21 luglio 2003
Stamattina siamo andate all'ospedale di Kengtung a salutare Maria Bambina. L'ospedale è nuovo e situato fuori città. Le infermiere indossano il longyi rosso, una camicetta bianca e una cuffietta bianca. Non ci hanno fatto entrare in stanza, forse per paura che fossimo giornaliste. Gouly ha portato fuori Maria Bambina, così abbiamo potuto salutarla. Siamo partite con sr Elizabeth e Sr Benedetta di Maria Bambina da Kengtung dopo aver salutato le bimbe di Bonetta, alcune piangevano. Una ragazzina ha regalato a Sara il suo braccialetto. Questa volta il controllo all'aeroporto è andato bene, ci hanno aperto tutto, ma non hanno fatto storie. All'arrivo a Heho Airport c'erano sr Laurentia e sr Clair ad aspettarci con l'autista. Ci abbiamo messo un'ora per arrivare a Taunggyi, la strada in alcuni punti è interrotta nel doppiosenso perché la stanno allargando. Ci hanno portato all'Hotel Empire e anche Laurentia è rimasta con noi in hotel. Abbiamo posato i bagagli e siamo andati alla casa delle suore. E' una casa di rappresentanza come quella di Yangon, dove le ragazze vengono a studiare al 9° e 10° livello. Qui la preparazione è migliore e hanno maggiori possibilità che a Kengtung di passare il 10° che per noi equivale alla maturità. La casa è stata data loro ad aprile e la stanno ristrutturando e ridipingendo, quindi non c'era posto per sr Laurentia.Taunggyi è situata in mezzo ai pini a circa 1430 m di altitudine e si sta veramente bene, la temperatura è ideale. E' un fiorente centro di commercio della zona sud occidentale dello Stato Shan.Ufficialmente è l'ultimo luogo raggiungibile dagli stranieri diretti ad Est. Al di là c'è un mondo degli operatori del mercato nero, eserciti ribelli e signori della guerra.La via principale di Taunggyi è una tipica via da socialismo reale, con cartelli fatti con lettere di cemento in rilievo, come se ne vedono in Cina, l'attuale mentore del Myanmar. Questa città è una delle più ricche e più intraprendenti del Paese, dal momento che è il punto di passaggio delle merci importate clandestinamente dalla Thailandia, Cina e India. Per le strade vediamo contrabbandieri con i capelli lunghi, genti delle colline con il turbante, uomini d'affari cinesi in abiti eleganti. Gli abitanti sono circa 100.000 e appartengono a vaie tribù: Shan, Birmani, Sikh, Indiani e Gurkha che una volta combattevano per gli inglesi.Al nostro arrivo, siamo andate con Sr Laurentia a fare due passi fino alla cattedrale cattolica e poi siamo rientrate per cena. Dopo cena siamo andate con Sara e Sr Laurentia a camminare per vedere qualche negozio ancora aperto.Alle 20.30 eravamo nuovamente in Hotel a vedere alla TV le notizie (sempre uguali da 1 settimana) alla BBC. Abbiamo faticato a dormire, rumori e letto nuovo… L'Hotel Empire è un po' trascurato, ma pulito.
Taunggyi- Pindaya - Martedì 22 luglio 2003
Colazione europea in hotel e poi si parte per PINDAYA, 3 ore di viaggio ma ne vale la pena! Dopo un'ora e mezza circa ci fermiamo a AUNGBAN, una piccola città, importante crocevia dei trasporti per le merci e i passeggeri diretti a Ovest o a Est tra Thazi e Taunggyi, a Nord a Pundaya o a Sud a Loikaw, capitale dello stato Kayah. La funzione principale di Aungban è quella di fornire cibo e carburante. Infatti noi ci fermiamo in un bar a prendere da bere e panini caldi ripieni di crema di fagioli.Arriviamo a Pindaya dopo circa 3 ore di viaggio e prendiamo un ascensore che ci porta all'ingresso delle grotte. Appena entriamo nelle grotte rimango senza parole: le grotte sono nascoste in un crinale di calcare affacciato sul lago. All'interno della caverna ci sono più di 8000 statue e immagini di Buddha, in alabastro, tek, nattoni, lacca e cemento, messe qui nel corso dei secoli e disposte in modo da formare un labirinto che si snoda nelle varie camere della grotta. In alcune delle camerette laterali più piccole si può entrare solo camminando carponi e qui alcuni vengono a praticare la meditazione.C'è un silenzio ininterrotto e sembra di essere nel film "Indiana Jones e il Tempio maledetto". Mai viste tante statue tutte insieme.Una particolarità di questa grotta è un gruppo di stalagmiti che se vengono colpite con una grande mazza di legno producono suoni simili a quelli di un gong. In un angolo ci sono i tre "Buddha sudati": si tratta di tre statue che sono sempre umide a causa della condensa dell'aria sulla lacca. I Birmani credono che strofinarsi una goccia di questo "sudore" sul volto porti fortuna e bellezza. Molte zone della grotta sono illuminate da luci elettriche, ma bisogna fare molta attenzione perché si scivola. Lungo la strada un paesaggio agricolo, coltivazioni di cavolfiore, di patate e bambù.
Lago Inle - mercoledì 23 luglio 2003
Alle 8.00 siamo partite per il lago Inle. Il lago Inle è lungo 22 Km e largo 11 km. Si trova a 875 m sopra il livello del mare. Il lago è molto pittoresco, lungo le sponde numerosi villaggi su palafitte, popolati da Intha, un'etnia che si distingue dai vicini Shan per cultura e lingua. La giornata non è delle migliori e mentre attraversiamo il lago in una lunga barca piove.Mentre attraversiamo il lago incontriamo i tipici pescatori Intha, famosi per il modo in cui spingono le loro imbarcazioni dal fondo piatto sulle acque dfel lago: stanno in piedi a poppa reggendosi su una gamba, mentre con l'altra tengono il remo. Questa strana tecnica dà sollievo alle braccia, usate anch'esse per remare, durante gli spostamenti da un'estremità all'altra del lago. La nostra barca invece ha un motore fuoribordo. Tutta la zona del lago è popolata da 130.000 abitanti. I pescatori Intha usano reti da pesca a forma di cono, tese su telai di legno e bambù. Le donne tessono su telai di legno la seta, ci portano a vedere una piccola azienda, che risale al bisnonno dell'attuale proprietario. Hanno iniziato con un telaio e ora hanno diverse lavoranti. Ci fermiamo da loro e acquistiamo scialli in seta e un Longyi in seta. Visitiamo un tempio e andiamo a pranzo in un ristorante sul lago frequentato da turisti.Ritorniamo mentre piove a dirotto e ci bagniamo totalmente. Fortuna che non fa freddo!Nel pomeriggio andiamo in cima alla montagna a vedere Taunggyi dall'alto.Cena offerta da Ma Lo in un ristorante di Taunggyi, tipica birmana: verdure cucinate al momento in una pentola in cui bolle l'acqua, tagliolini con verdure e uovo fritto sopra e funghi, cavoli, ecc.Abbiamo mangiato tantissimo è avanzato pollo e un sacco di verdure.
Taunggyi-Yangon - giovedì 24 luglio 2003
Stanotte ha piovuto tanto e anche stamattina quando ci siamo svegliate pioveva. Abbiamo destinato queste ultime ore per andare al mercato a comprare gli ultimi regalini da portare agli amici in Italia.Abbiamo trovato le borse tipiche a buon prezzo e ho ancora preso due rosari buddisti in giada e altri in legno.Alle 10,30 abbiamo pranzato abbondantemente e alle 12,00 eravamo già Aeroporto di Heho, in grande anticipo. Il volo per Yangon è partito in perfetto orario alle 14.15 e alle 16.30 atterravamo a Yangon nel bel mezzo di una pioggia incessante che dura tutt'ora. In aereo abbiamo conosciuto Elena, una ragazza di Torino che lavora per la Croce Rossa Internazionale a Kengtung. L'ufficio della CRI Internazionale a Kengtung è in riva al lago. Elena è a Kengtung da un mese e mezzo e si tratterrà 1 anno. E' venuto a prenderci Cirillo, l'autista del vescovo, perché Peter Rock pare si sia preso il tifo.A casa troviamo Sr Dominique a letto, è stata operata all'utero, ma ora sta meglio. Ceniamo, mettiamo sotto carica PC e pile varie e andiamo a letto. Piove incessantemente, ma per fortuna non fa caldo.
Yangon - venerdì 25 luglio 2003
Sveglia alle 7,00 alle 9 andiamo al Museo Nazionale. E' pieno zeppo di militari, perquisiscono le nostre borse e scambiano Sr Laurenzia per una filippina e le trattengono la borsa, le chiedono anche di pagare lo stesso prezzo del biglietto che paghiamo noi: 5 $. Lei si arrabbia tantissimo e tira fuori il suo orgoglio birmano, capiscono di aver fatto un errore e la lasciano passare, ma lei è veramente contrariata. Il museo è molto interessante, ci sono alcuni reperti notevoli, come il trono usato dall'ultimo re birmano, riportato in Birmania da Lord Mounbatten. La scultura che lo decora raffigura al leggenda del Lokanat "conservatore del mondo" della mitologia hindu-birmana, nella quale un leone e un elefante cessano di combattere quando vedono comparire n deva (angelo) che canta e balla. Il museo ha 4 piani dove si trovano reperti archeologici birmani, strumenti musicali tradizionali, gioielli, foto in bianco e nero del palazzo di Mandalay e di Yangon, reliquie reali, pesi per l'oppio hintha e tavole con iscrizioni. Il 4° piano ospita 40 manichini vestiti con gli abbigliamenti tradizionali dei vari gruppi etnici. Un altra sezione comprende una collezione di armi tempestate di diamanti, spade, gioielli, ciotole e altri oggetti. Anch'essa fu prelevata dagli inglesi dopo la terza guerra anglo-birmana e nel 1964 venne restituita al Myanmar dal Victoria and Albert Museum di Londra. Il museo ospita anche una carrozza reale appartenente alla moglie del re Mindon, e quadri ad acquarello, disegni e olii di arte moderna birmana di U Ba Nyan e di altri artisti. Nel pomeriggio leggo la guida Lonely Planet che parla delle famose case da thè birmane, così alle 17,00 ci facciamo portare in quella che avrebbe dovuto essere (e forse quando è stata scritta la guida lo era), una deliziosa casa da thè: "Theingi Shwe Tea House". Ci troviamo di fronte ad un localaccio di infimo ordine, sporco, fumoso e vecchio, frequentato da indiani. Facciamo dietrofront e l'autista del vescovo, più saggiamente ci porta in un caffè-ristorante nella zona dell'università. Il locale è carino e pulito e così decidiamo di fermarci a cena. Ceniamo bene, e finalmente gustiamo due mediocri gelati alla vaniglia, Cirillo prende un gelato alla frutta, Sara, sr Laurenzia ed io ceniamo con riso, noddles, verdure e per loro pollo. Paghiamo 10.700 k equivalente di 11 dollari.
Yangon - sabato 26 luglio 2003
Questa mattina abbiamo fatto visita al Bogyoke Aung San Museum: è la casa-museo del generale Bogyoke Aung San (padre sia del movimento per l'indipendenza del Myanmar sia di Aung San Suu Kyi. Fu assassinato nel 1947 all'età di trentadue anni assieme a sei collaboratori da un complotto attribuito a U Saw. Oggi molti ipotizzano che sia stato proprio il generale Ne Win ad aver ordinato questo assassinio perché Aung San aveva in mente di togliere il potere di mano ai militari ed è ritenuto un martire per la sua nazione). e di sua moglie Daw Kin Kyi e contiene testimonianze di epoca passata. La casa risale agli anni Venti tutto è rimasto come allora: le camere, la scala, i mobili. Ci sono molte vecchie foto di famiglia,che comprendono anche la figlia Aung Suu Kyi quand'era piccola. Una biblioteca sotto vetro di libri in lingua inglese rivela i vasti interessi del generale. Abbiamo pagato 3 $ a testa.
Sulle terrazze diversi militari stazionano oziando o dormendo. Il parco comprende un laghetto dove è morto annegato il secondo figlio del generale. Dopo la visita alla casa-museo siamo andate al mercato di Boyoke Aung San, un mercato che esiste da 70 anni. Offre un grandissimo assortimento di articoli di artigianato locale. Compiamo alcuni braccialetti in giada e due statuine del Buddha, spendiamo in due 19.200 k circa 18 dollari. La negoziante ci regala due anelli in giada.E' già tempo di rientrare a casa per il pranzo, riposare e prepararci perché alle 17.00 verrà a prenderci Peter Rock per andare all'aeroporto. Ho appena sentito al telefono Sr Cecilia, per fortuna a kengtung non ha piovuto e i muratori hanno terminato il secondo piano dell'orfanotrofio e iniziato il terzo piano.Qui a Yangon oggi che è sabato la casa è un via vai di ragazze, anche quelle che studiano in college, il sabato tornano qui perché è il loro punto di riferimento, la loro famiglia.Ore 17,15 puntuale Peter Rock arriva, ci fa compilare i moduli e ci accompagna all'aeroporto con Laurenzia. In men che non si dica svolge tutte le formalità e ci ritroviamo sedute nella sala d'attesa dell'aeroporto internazionale di Yangon. Ore 19,25 inizia l'imbarco ed eccoci sul volo Yangon-Bangkok.Arriviamoa Bangkok dopo un'ora di volo alle 21,30 (c'è mezz'ora di differenza con Yangon) e decidiamo di concederci un grande regalo: per 15 dollari ci facciamo fare un massaggio di un'ora a piedi, testa, spalle. Uno sfizio incredibile!!! C'è un'organizzazione incredibile, si entra in una sala e si viene fatti sdraiare in una comoda poltrona in pelle, una ragazza arriva con una catino d'acqua calda nella quale ti fa immergere i piedi che subito dopo ti strofina con una spazzola. Ti asciuga i piedi con una spugna calda e inizia il massaggio shiatsu piedi-gamba, per mezz'ora ti massaggia ambedue i piedi e le gambe, poi passa alla testa, alle tempie, collo, spalle e la schiena. Siamo uscite nuove!
Il volo per Roma è partito alle 00.45, abbastanza vuoto.
Roma-Torino - Domenica 27-luglio 2003
Arrivati all'aeroporto di Fiumicino alle 6.00 in perfetto orario, con le nostre orchidee fresche (dono della Thai) ci dirigiamo ai transiti nazionali, tutto sommato abbastanza fresche. Sara parte per Bologna 10 minuti dopo di me.L'aereo Alitalia sia per Torino che per Bologna porta ritardo… Ma alla fine, stanca arrivo a Torino e riabbraccio il mio dolce e paziente marito.Un'altra avventura si è conclusa, sono molto soddisfatta. Ieri Sr Laurenzia ci ha ringraziato e ci ha detto che per loro siamo guide. A me sembra sempre di fare così poco in confronto a quanto ricevo, ma sono felice se quel poco è loro utile.
I volti del Myanmar
Piccoli occhi a mandorla
Giallo sulle guance simbolo di bellezza
Manine che si stringono soavemente alle mie...
Sorrisi timidi e gioiosi
E il bambù ondeggia al vento
Strade sconnesse, caldo appiccicoso
Risaie verde smeraldo
Templi dorati, Buddha immensi
Baci come piume leggere
Si posano su di me
Lacrime scendono silenziose...
E il bambù ondeggia al vento
FINE
domenica 13 gennaio 2008
MISSIONE BIRMANIA 2003
MISSIONE BIRMANIA 2002
PROGETTO VCM Volontari Clown in Missione
“Diario di viaggio – Myanmar 2002”
Diario di Bordo - "Missione Birmania" di Maria Luisa Mirabella (clown Aureola)
(1)
11 novembre 2002 - Torino
11 novembre, ore 11.00 l'aereo atterra a Torino Caselle, si è conclusa una grande avventura, si è rientrati nel "mondo civile". "Ma è questo il mondo civile?" A Roma, mentre aspettavo di imbarcarmi sull'aereo per Torino vedevo la gente fare colazione al bar dell'aeroporto, un caffè, una brioche e via! E pensavo alle nostre colazioni birmane (ah, ah, ah...). L'aereo Roma-Torino ha un'ora di ritardo, ma niente ha più la capacità di smuovermi, sono molto stanca, ho dormito pochissimo in aereo, ma sono allo stesso tempo stranamente rilassata. Indosso un vestito shan (tribù birmana) e mi sento ancora una di loro, per caso in visita in Italia, rimango seduta, mentre Rita, la mia compagna di viaggio, va avanti e indietro per l'aeroporto. Osservo la gente, gente elegante, cappotti, stivali all'ultima moda, borse in pelle e so che il 'mio' mondo è anche questo, ma mai come ora mi sono sentita nel mondo ma non 'del mondo'.
Arriviamo a Torino e mentre aspettiamo i bagagli, subito si fa viva l'impazienza: "Non arrivano, li avranno imbarcati?", un poliziotto gentilmente ci avvisa che i bagagli provenienti da fuori Europa arrivano da un'altra parte, e così li recuperiamo e usciamo ad abbracciare i nostri cari che ci aspettano fuori.
E' bello riabbracciare chi ami, è bello rientrare a casa, è bello avere la luce, poter comunicare via PC, poter fare un bagno caldo. Arrivo a casa e accendo il cellulare, e il PC, piccoli gesti che fino a un mese fa erano gesti quotidiani e che oggi assumono il sapore di un avvenimento "strano". Il cellulare inizia a fare 'bip bip', cominciano ad arrivare gli sms degli amici, il telefono suona, ed io non sono ancora presente... che differenza dal grido dei corvi, dal suono armonioso della lingua birmana, dalla campanellina che ci chiamava per pranzo o cena, dalle risate di Suor Cecilia Daw Daw... Cecilia, "Madre mia" (così soprannominata da noi perché ci guardava, guardava suor Sandra e abbracciandoci con una voce dolcissima sussurrava: "Madre mia"!) ed ecco che insieme ad una lacrima si affollano i ricordi, i volti, gli abbracci, i volti dei bambini, delle suore, e inizia il percorso a ritroso... Ecco che questa esperienza così viva fino a ieri, oggi fa già parte del passato, e con chi ripercorrere questo passato se non con voi, fratelli e sorelle mie che ci avete seguito con tanto affetto?
Siete pronti??? E allora eccovi il diario di bordo della "Missione Birmania" dove racconto i momenti più salienti di quest'avventura.
Vostra Marilù (e per i clown Aureola)
21 ottobre - Yangon
21 ottobre ore 19.00 locali l'aereo atterra a Yangon. Un caldo tropicale ci accoglie. Ci mettiamo in fila per timbrare i passaporti all'immigrazione, le pratiche sembrano essere lunghe... vedo al di là della linea di separazione un signore indiano che ha un cartello con sopra il mio nome, una volta bollato il passaporto, con una velocità impressionante costui (scopriremo poi che si chiama Peter Rock ed è il factotum delle suore e vescovi della missione), oltrepassa la barra, ci prende i passaporti, i biglietti aerei, confabula velocemente con i militari e ci dice che dobbiamo cambiare solo 100 $ a testa (la somma che normalmente viene chiesto di cambiare ai turisti è 300 $) in FEC, Foreign Exchange Certificate, la seconda valuta legale del Myanmar. Stampate in Cina, queste banconote, che ricordano i soldi del Monopoli, sono emesse dalla Central Bank of Myanmar per la 'comodità' dei turisti. Firmiamo la dichiarazione di non avere niente da introdurre in Myanmar, ma poi Peter si accorge che io ho una catenina d'oro e me la fa dichiarare. Afferrati da Peter Rock corriamo verso la dogana e sempre correndo e senza capire cosa stia succedendo... ci ritroviamo fuori. All'uscita i vestiti ci si appiccicano addosso, cominciamo a grondare dal gran caldo e abbracciamo suor Cecilia Daw Daw che ci aspettava felice e sorridente.
Lungo la strada che dall'aeroporto porta alla casa di delegazione delle suore della Provvidenza notiamo tanti bonzi buddisti, ci spiegano che oggi è la loro festa più importante, equivalente al nostro Natale. Ci sono ovunque bancarelle, canti, fuochi d'artificio...
La casa delle suore di Yangon è stata loro regalata da un benefattore che era stato curato da loro, è in stile coloniale, pavimento in legno lucido e ventilatori al soffitto. Noi dormiremo in una grande stanza con letti fatti di assi di legno con una stuoia e un mini materassino bitorzoluto sopra, il tutto ricoperto da una zanzariera. Per fortuna a Yangon c'è la luce, così teniamo tutta la notte il ventilatore acceso. Nella casa ci sono due suore: Suor Cecilia e Suor Dominique, entrambe birmane. inoltre ospitano alcune ragazze venute a Yangon per studiare, e dato che la scuola è chiusa per la festa buddista, rimangono a dormire da loro.
Sembrano tutte timidissime, ci salutano porgendoci la mano destra, mentre sostengono il braccio destro con la mano sinistra e si inchinano, scopriamo che questo è il modo di salutare birmano. Suor Cecilia ci ha fatto trovare vestiti birmani più comodi, abiti e due gonne. Le gonne birmane le adotterò come mio capo di abbigliamento preferito.
Ceniamo e ci rimpinziamo di papaya. Dopo cena ingaggio una dura lotta con uno scarafaggio grosso stile lucertola che presidia il bagno e vince lui (io scappo!).
Andiamo a dormire o per lo meno ci proviamo con pochissimo successo. E' terminato il nostro primo giorno a Yangon.
(2)
Yangon (ex Rangoon)
Passo la notte in uno strano dormiveglia, il caldo è soffocante e dormire avvolta in una zanzariera non è il massimo del comfort... Alle 6 ora locale mi sveglio, i suoni che ascolto sono stridii molto forti, ad emetterli sono uccelli scuri come corvi. Mi vesto con gli abiti locali e facciamo colazione. Faccio un giro per la casa delle suore, è povera ma pulita e dignitosa, scatto qualche foto (che vi invio). Usciamo in giro per la città con la macchina che il vescovo ha lasciato a nostra disposizione, inclusa del suo autista.
Attraversiamo la città, in certi punti, soprattutto al centro si vede proprio un senso di abbandono, case fatiscenti, muri pieni di umidità, ammuffiti. I 'bar' sono bui, sporchi.
Longyi
Sia uomini che donne indossano il 'longyi'. Mi dicono che solo il 10% dei maschi porta i pantaloni. Il longyi (che oramai io ho adottato stabilmente) è un indumento particolarmente pratico, nel caldo dei tropici la gonna di cotone tiene le gambe molto più fresche di qualsiasi tipo di pantaloni. I longyi non hanno taglie: si può allentarlo dopo un pasto abbondante e non è necessario rifare il guardaroba se ingrassate o dimagrite. Un longyi di ricambio non è un semplice indumento: si trasforma in una tracolla per portare dei pesi quando si viaggia, può diventare un lenzuolo, una tovaglia da pic-nic, può essere usato come culla per un bambino...
Gli uomini usano stoffe a quadri piccoli o a righe, per fermare il longyi uniscono i due lembi sul davanti e quindi li legano con un mezzo nodo. Una delle due estremità viene fermata in vita mentre l'altra può essere lasciata pendere fuori e può essere trasformata in una piccola tasca. Sul longyi indossano una t-shirt o l'elegante camicia col collo alla coreana. Le donne per il longyi usano stoffe più colorate e lo annodano al fianco.
Non si vede nemmeno una donna con la gonna corta o con i pantaloni. Suor Cecilia ci spiega che è vietato e soprattutto non si possono esibire scollature né camicette o magliette senza maniche. Le calzature più diffuse sia per uomini donne o bambini sono le ciabatte infradito di gomma o di velluto.
Shwedagon Paya
Arriviamo a quello che si può definire il S. Pietro o la Mecca del Buddismo: La Shwedagon Paya, definita da Kipling "un mistero dorato" . E' un vero spettacolo mozzafiato. Quando il sole proietta i suoi ultimi raggi sulla cupola color arancione della grande Shwedagon Paya si sente nell'aria un'atmosfera magica. Nella calura del giorno lo stupa (monumento religioso buddista) ha un brillante colore dorato. Per i buddisti birmani è il luogo più sacro di tutto il paese. La sua grande cupola si erge fino ad un'altezza di 98 m. Ha 4 entrate (Nord, Sud. Est, Ovest). Secondo la leggenda questo stupa ha 2500 anni e si narra di due fratelli mercanti che incontrarono in Buddha, il quale diede loro 8 suoi capelli da custodire come reliquia in Myanmar. Le reliquie furono messe al sicuro in una camera, sopra la quale fu posta una lastra d'oro ed eretta una pagoda anch'essa completamente d'oro... Questo è quanto dice la leggenda...
Il vedere questo complesso mi lascia ammutolita, entriamo togliendoci le scarpe e passeggiamo tra la gente che prega, offre fiori, frutti, incensi, l'aria è molto calda, l'umidità fortissima, ma a Shwedagon si respira un'aria magica. Cammino praticando la Meditazione camminata e mi sembra di sentire, passando davanti ad ogni tempio, la benedizioni dei Maestri. Restiamo lì tutta la mattina, ma personalmente ci sarei rimasta tutto il giorno.
Al ritorno percorriamo la via principale di Yangon: strade larghe, traffico scorrevole, sui marciapiedi ogni sorta di mercanti, venditori di frutta, vestiti, piccoli bar stradali dove vendono bibite, roba da mangiare, granite... Noto che non c'è nessuno che chiede l'elemosina e i venditori non ti perseguitano come spesso accade nelle città arabe.
A casa
Arriviamo a casa a mezzogiorno ed è subito ora di pranzo: riso, zucchine, insalata, brodo, patate...
Inizia a piovere a catinelle, con tuoni spaventosi (residuo di monsone)... Il pomeriggio lo trascorriamo in un centro commerciale a fare la spesa. Noto che c'è tutto, molti prodotti di esportazione, anche la nostra pasta Agnesi. In questo centro commerciale ci sono persone più di alto rango, per la prima volta vedo qualcuno con dei cellulari. I prezzi sono molto bassi in confronto ai nostri...
Ore 18.00 cena a lume di candela, il monsone ha fatto saltare la luce...
E' trascorso il secondo giorno a Yangon, domani arriverà Suor Sandra dall'India e andremo alla missione a Kengtung.
L'impressione che ho è di serenità, pian piano questo popolo così gentile, così delicato mi sta entrando nel cuore. Inoltre sono letteralmente innamorata di Suor Cecilia, è uno spettacolo! Sentirla parlare in italiano è uno spasso...
(3)
Yangon + Kengtung
Il mercato
Alle 8,00 usciamo per recarci al mercato di Boyoke Aung San e Theingyi Zei. fa già molto caldo, sento la pressione abbassarsi, camminiamo lungo il marciapiede, ci osservano, sorridono, certamente sembriamo loro molto strani. Un uomo anziano cieco con un bambino in braccio cerca refrigerio sotto un albero, il bambino sembra malato. Ci avviciniamo per lasciargli un'offerta, rimane molto stupito e Suor Cecilia gli spiega che vogliamo aiutarlo a comprare medicine per il bambino, ringrazia molto dignitosamente. Lungo i marciapiedi vendono cibo cotto, ogni genere di cibo...l'odore è sempre diverso e molto forte. Si suda solo a respirare. Le donne hanno tutte un ombrellino per difendersi dal sole e sulla faccia hanno come una maschera gialla. Sr Cecilia ci spiega che serve a difenderle dal sole e a rendere secca l'epidermide che trasuda molto con il caldo. La polvere, che poi mischiano ad acqua, si ottiene sfregando un pezzetto di legno particolare. Ci sarebbe da fotografare tutto, c'è una povertà incredibile.
Arriviamo al mercato, è molto buio, non asfaltato, vendono di tutto, dall'abbigliamento alla frutta.
Dopo una mattinata trascorsa nel luogo più caratteristico della città, il mercato, non posso non fare una considerazione: indubbiamente si tratta di un popolo molto povero, ma molto dignitoso. Ricordo i mercati arabi, i mercati dell'America latina, dove i turisti vengono letteralmente 'assaltati' dai venditori, dai poveri... Qui non è mai avvenuto. Ci guardavano incuriositi, se chiedevamo un prezzo gentilmente ce lo fornivano, ma mai nessuno ci ha 'forzato' a comprare, nessuno ci ha disturbato mai. Sembrano lavorare con rassegnazione, calma, nessuno grida, sono molto gentili, sorridono sempre, salutano, si fanno fotografare volentieri.
Un bonzo ci avvicina e ci porge il suo ventaglio per farci l'onore di dargli un'offerta che lui non toccherà...
E a questo punto, per farvi capire i sentimenti di questo popolo devo fare un inciso e spiegarvi cosa vuol dire un monaco buddista per i birmani.
I bonzi
I monaci (bonzi) si alzano di buon ora al suono di una campana di legno, aggiustano il vestito con il quale hanno dormito, si lavano e si radunano davanti alla statua del Buddha per le loro orazioni; infine promettono al superiore di osservare la regola. Poi chi si ritira a far pulizia, o ad annaffiare le piante e chi a meditare. Verso le 6,30 prendono colazione e alle 7 escono (ed è bellissimo vederli in fila indiana lungo le strade) per la questua. La questua in Birmania è considerata uno dei principali doveri del bonzo. Durante la questua il bonzo incede solenne per la via, avvolto nel suo manto rosso scuro, le sue mani sostengono innanzi al petto una grande ciotola nera destinata a ricevere le offerte. Si sofferma silenzioso innanzi ad ogni casa, una donna o una ragazza lo attende per offrirgli riso cotto, intingoli, dolciumi e altro oggetti utili. Le donne si alzano all'alba per preparare quel cibo prelibato con la gioia di acquistare grandi meriti, sorridendo consegna la sua offerta al bonzo. Questi accetta senza ringraziare e prosegue verso altri devoti. I devoti gioiscono nel vedere le loro case onorate.
Perché i bonzi nel ricevere le offerte non ringraziano? Perché essi fanno un favore ai fedeli degnandosi di ricevere l'elemosina, perché danno ad essi occasione di guadagnarsi dei meriti.
Finito il giro più o meno lungo di questua ritornano al convento dove, offerto al Buddha il cumulo delle offerte, vanno a pranzo. Essi dovrebbero mangiare ciò che hanno raccolto nella questua, ma generalmente danno tutto ai ragazzi che frequentano la scuola del convento, ed agli animali, cani specialmente che abbondano nei dintorni del loro recinto. Al ritorno, infatti, i monaci hanno trovato dei cibi gustosi mandati dalle famiglie ricche.
Dopo pranzo ognuno passa il tempo come meglio crede. Il superiore riceve i visitatori intrattenendosi su vari argomenti. Dopo mezzogiorno non possono toccare più cibo. Nel tardo pomeriggio è permessa ai bonzi una passeggiata, ma dopo il tramonto tutti dovrebbero essere in convento. Verso le 21.00 si radunano innanzi alla statua del Buddha per cantare alcune preghiere poi, dopo le tre rituali prostrazioni al Buddha e al superiore, se ne vanno a dormire.
Il birmano, nella sua fede buddista, credendo i acquistare meriti, provvede giornalmente al sostentamento abbondante di uno stragrande numero di religiosi, che nulla possiedono, nulla acquistano. Questi devono professare stretta povertà, dovrebbero aborrire il denaro al punto di non toccarlo neanche. I fedeli costruiscono per loro splendidi monasteri e non lasciano mancare loro né le vesti né le comodità della vita. In ogni festa il primo pensiero del buddista è per i bonzi, ai quali offrirà cibo, leccornie, vesti e oggetti. Lo stato, in occasione di feste nazionali imbandisce pranzi ufficiali a un gran numero di bonzi nelle varie città. Spesso dei comitati raccolgono dalle famiglie doni di ogni genere per i monaci e li portano ai conventi in processione a suono di banda.
A tale generosità si deve aggiungere la venerazione per il bonzo, poiché in quella toga egli è il simbolo ovvero il discepolo vivente del Buddha. Innanzi a lui uomini e donne si tolgono i sandali, si inginocchiano anche in strada.
Sul piano sociale ogni birmano i sesso maschile è tenuto a prendere temporaneamente parte alla vita monastica per due volte nella propria vita: una prima volta tra i 5 e i 15 anni ('samanera': novizio) e una seconda dopo i 20 anni ('pongyi', monaco che ha preso i voti). Uno famiglia acquista grande merito quando uno dei suoi membri prende l'abito monacale. Un samanera deve seguire i 10 precetti. NON: rubare, mentire, uccidere, fare uso di alcolici, e avere rapporti sessuali, mangiare dopo mezzogiorno, ascoltare musica, danzare, portare gioielli, profumi, dormire su letti alti e accettare denaro per uso personale. Il periodo di noviziato dura da 1 a due settimane, ma di solito 9 giorni sono di buon auspicio (il 9 è il numero fortunato in Birmania).
Si ritiene che attualmente in Myanmar ci siano 250.000 monaci.
A rigor di termini il buddismo non è una vera e propria religione, perché non si basa sull'adorazione di una o più divinità; è piuttosto un sistema psico-filosofico. Al giorno d'oggi sotto il nome di buddismo si raccoglie una varietà di interpretazioni del credo fondamentale che tuttavia partono tutte dall'illuminazione di Siddhartha Gautama, avvenuta nell'India settentrionale circa 2500 anni fa. Siddhartha Gautama non fu il primo Buddha e non si ritiene sia l'ultimo. Il Buddha (l'Illuminato) non fissò in forma scritta i suoi insegnamenti e lo stesso fecero i suoi discepoli. Per questo motivo, un migliaio di anni dopo la morte di Gautama si verificò uno scisma che diede origine alle due scuole buddiste più importanti ancora oggi:
1) la scuola 'Theravada' che sostiene che per raggiungere il Nirvana (fine ultimo di ogni buddista), bisogna compiere con diligenza e individualmente il cammino verso la propria salvezza. In altre parole ogni individuo singolo è padrone del proprio destino spirituale. Si può raggiungere la felicità solo arrivando ad uno stato di completa saggezza e annullamento di ogni desiderio. Per fare ciò bisogna dedicarsi all'introspezione e controllare la propria mente tramite la meditazione
2) La scuola 'Mahayana' che sostiene invece che gli individui dovranno rinunciare al conseguimento del Nirvana fino a quando tutta l'umanità non sarà pronta per la salvezza. Fine del buddismo in questo caso è il raggiungimento dello stato di bodhisattva o 'potenziale Buddha'. I buddisti mahayani si riuniscono in gruppi per praticare insieme e per aiutare gli altri ad illuminarsi. Dando molta importanza alla compassione, all'amore, alla tolleranza.
In Myanmar si pratica il buddismo theravada, i mahayani sono meno dell'1%.
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Vi prego di scusarmi questa introduzione al buddismo, ma è uno studio che ho preferito fare in questo soggiorno in Myanmar, e mi è sembrato utile trasmettervelo per capire la mentalità del popolo birmano.
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24-10-02 -Lezione di lingua birmana:
Grazie: ce-zu-ti-ma-re caldo: pu-de sì: houq-keh no: mahouq-p'ù
Da questo capirete cosa vuol dire trovarsi al massimo dell'incomprensione... meno male che ci sono i gesti universali e soprattutto il sorriso.
Nottata di lotta tra zanzare e caldo, la parte più difficile è stata aspettare che arrivasse l'alba... In questa notte insonne mi chiedo: "Ma perché sono qui? Cosa c'entra la Birmania con la mia vita? Che karma mi porta qui?" Mi sembra di avere molti privilegi tutto sommato in confronto a queste povere persone così provate da una guerra estenuante protrattasi per più di trent'anni.
E' arrivata Suor Sandra, la 'formatrice' delle Suore della Provvidenza di Roma. E' una donna allegra, solare, abbiamo la stessa età e le stesse convinzioni profonde, tra noi c'è una grande intesa.
Carichiamo i bagagli e scortate da Peter Roch andiamo all'aeroporto per partire alla volta della Missione a Kengtung. L'aeroporto dalla parte dei voli nazionali è molto caotico, appena arriviamo un nugolo di facchini lottano per contendersi le nostre valigie. Peter efficientissimo e veloce come un fulmine si occupa di tutto. arriviamo in una sala dove ci sono grandi bilance. La scena è abbastanza ridicola, i nostri bagagli, più i 10 sacchetti delle suore contenenti cose comprate a Yangon e da portare a Kentung, vengono messi e tolti dalla bilancia come nel gioco dei bussolotti. Alla fine lasciamo a Yangon 2 assi da stiro, e 4 sacchetti contenenti veli per il capo delle suore e libri sacri. Ci sediamo in sala d'aspetto davanti a un cartello che indicava il numero del volo. Al momento della partenza una ragazza arriva, prende in mano il cartello e cammina per la sala d'attesa indicando che bisogna imbarcarsi.
L'aereo è piccolo ma stracolmo, dato che siamo religiosi abbiamo la seconda fila (la prima è destinata all'esercito). L'aereo fa 4 scali prima di arrivare a Kengtung. Il volo è così movimentato che buona parte dei passeggeri vomitano (vi tralascio i particolari...). Nell'ultimo pezzo, da Mandalay a Kengtung, noi siamo le uniche 3 (Rita, Sandra ed io) con le facce bianche.
Al nostro arrivo a Kengtung ci accolgono 5 suore birmane, simpatiche e sorridenti ci portano immediatamente alla Missione, che è composta da una casa grande di delegazione e a circa 500 metri l'orfanotrofio Bonetta. Prima di entrare nella missione delle suore si passa per l'RCM (Roman Catholic Mission), la zona dei missionari cattolici diocesani. Le suore ci portano subito a casa del vescovo Abram, ha 76 anni, è birmano, ma parla molto bene l'italiano. Ci offre tè, frittata e frutta, mi dà grosse manate sulle spalle e ci ringrazia per essere venute...
Una volta liberatici del vescovo proseguiamo a piedi per la casa di delegazione, e, appena imbocchiamo il viale vediamo sul porticato della casa un grande cartello con scritto: BUONGIORNO! BENVENUTE! Ai lati del viale ci sono tutti i bambini di Bonetta che battono le mani... Mi prende una grande commozione e un nodo in gola e da quel momento vedo tutto attraverso un velo. Piccole manine mi prendono le mani, e il velo davanti agli occhi diventa un vero e proprio pianto quando tanti volti con gli occhi a mandorla ci cantano in italiano "Aggiungi un posto a tavola".
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Kengtung
Dopo la forte commozione dei canti dei bambini, dopo aver stretto la mano a tantissime piccole manine e aver conosciuto le suore delle varie missioni: Sr Teresa (Kengtung, direttrice), Sr Lorenza (Kengtung, direttrice delle novizie), Sr Rebecca e Sr Johanna (Orfanotrofio Bonetta), Sr, Agnes (Loimwe), Sr, Natalia (Pha Do), Sr, Crecentia (Pha Do), Sr Benedeta (Pha Do), Sr Clair ... dobbiamo recarci immediatamente all'Ufficio di Immigrazione, così molliamo tutto , saliamo sulla jeep e arriviamo all'ufficio di polizia di Kengtung.
Ufficio immigrazione
Mi sembra di vivere in un film: alcuni poliziotti lavorano al buio, tutto è vecchio, sporco, buio, per terra come pavimento una tela cerata che avrebbe dovuto essere linoleum... sui tavoli (scrivanie) una tovaglia di carta bianca coperta da tela cerata trasparente. Saliamo al piano di sopra per una scaletta di legno buia. Alcuni poliziotti lavorano in un balcone, nella saletta dove entriamo noi ci sono 2 impiegati,m sono tutti militari. Ci portano le sedie e ci ammassiamo l'uno sull'altro. IL poliziotto che stila il verbale lo avevamo già visto all'aeroporto, è alto (strano per un birmano) e grasso (strano per un birmano), ha la bocca e i denti completamente rossi, dal tanto masticare noci di betel. [Betel: noce della palma areca che viene masticata in tutta l'Asia, colora di rosso denti e bocca e ha un blando potere stupefacente].
Sr Cecilia ci dice che è gentile e forse ci permetterà di dormire alla missione. Mentre lui scrive le notizie di minuto in minuto cambiano: possiamo dormire alla missione, no non possiamo, possiamo dormire in albergo solo una notte, no, Sr Sandra può dormire alla missione, noi no, no, nemmeno Sr Sandra può dormire alla missione... Mentre lui sta ancora scrivendo arriva il capo ufficio, lui non è in divisa e Sr Cecilia ci dice che fa parte della polizia segreta. Tutto si chiarisce: Noi 2 non possiamo dormire in missione. Dobbiamo andare in Hotel.
Mentre usciamo un po' demoralizzate, il 'grasso' ci dice di andare a chiedere alle suore di un'altra missione per vedere come hanno fatto loro quando sono arrivati loro ospiti. E così facciamo, si tratta delle Suore di Maria Bambina, e ci dicono di 'far finta' di dormire in albergo, pagarlo, farci vedere dall'albergatore e poi dormire in missione. nel frattempo torniamo alla casa delle nostre suore e sr Cecilia si mette a scrivere una lettera per l'immigrazione per Sr Sandra, affinché almeno lei possa dormire in missione, ci mette quasi un'ora a scriverla in birmano a macchina e quindi esce e va a consegnarla. Al suo rientro Sr Sandra ha avuto l'autorizzazione, noi no. Ceniamo e ci rassegniamo ad andare in hotel.
L'hotel
Il proprietario dell'hotel è sorridente e gentile, ha occhi molto comunicatovi e buoni. Ci dice che dobbiamo pagare 10 $ a testa per notte e acconsente a far finta che noi dormiamo in hotel, ma questa notte dobbiamo davvero dormire in hotel, perché lui sa che la polizia verrà a controllare. Siamo stanchissime, non abbiamo più la forza di discutere, quindi ci facciamo mostrare la stanza, salutiamo le suore e rimaniamo sole.
La stanza è grande, ha la luce al neon, ma è attivo il generatore perché la sera a Kentung non c'è luce. C'è un letto matrimoniale + 1 singolo. Il 'bagno' (si fa per dire) è al buio, c'è un minuscolo lavandino e un water. Il Lavandino non ha scarico, appena si apre l'acqua ci cade sui piedi. Sul muro un tubo fa da doccia. Sotto il lavandino un grosso buco aperto fa andar via l'acqua. Ci soffermiamo con perplessità a guardare quel buco e ci chiediamo dove vada a finire e cosa possa venire da lì... Diamo un'occhiata ai muri e per terra. Sui muri ci sono le lucertoline bianche, così spostiamo i due letti e li mettiamo in mezzo alla stanza per paura che ci vengano sul letto. La stanza non può decisamente definirsi 'pulita'... Ci ridiamo su e siamo così stanche che di certo dormiremo...
Una volta a letto, io nel piccolo e la mia amica Rita nel matrimoniale, spenta la luce, tutti i rumori della giungla li sentiamo noi: corvi (?), civette (?) gufi (?) insomma ci sembra di essere in piena selva. Arrivando non abbiamo visto dove era situato l'hotel perché era buoi e ora abbiamo la netta sensazione di essere su un letto in mezzo alla foresta. Dopo qualche minuto sentiamo il rumore di un carro-armato (?) e ci chiediamo come mai... L'emozione, la paura ci fa scappare la pipì, quindi ci alziamo e insieme andiamo in bagno... Al ritorno la mia amica ha una crisi e si mette a piangere. La tranquillizzo e cerco di farle un rilassamento per farla dormire... passano altri 2 carro-armati e per completare la situazione inizia a piovere fortissimo (residuo di monsone ?).
Dico a Rita che vado nel letto con lei, così possiamo farci più compagnia... Per l'ennesima volta cerchiamo di dormire (è all'incirca l'1 di notte...), sembriamo tranquillizzarci e mentre sto per calare nel sonno, la mi amica mi abbraccia forte forte pronunciando parole sconnesse del tipo: "Signore non ci abbandonare! S. Francesco aiutaci tu!" le chiedo cosa è successo e lei mi sussurra nell'orecchio: "Non muoverti, ci sono i topi!" Trascorriamo il resto della notte fino all'alba parlando, pregando, ridendo istericamente... Alle 6,00 ci alziamo, andiamo in bagno, torniamo a letto lasciando la luce accesa e dormiamo dalle 6 alle 7.
Alle 8,00 arrivano le suore e nel raccontare loro la nostra avventura notturna, dopo esserci fatte un sacco di risate, giuriamo che in quella stanza non avremmo più messo piede a costo di tornare in Italia. Prendiamo accordi con l'albergatore e rimaniamo d'accordo che ogni giorno ci saremmo fatte vedere almeno una volta e poi avremmo dormito alla missione.
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26 ottobre - Orfanotrofio "Bonetta"
E' sabato, 26 ottobre. Aspettiamo che finisca di piovere e, a piedi, in mezzo al fango dalla casa di delegazione della missione andiamo all'Orfanotrofio Bonetta, che prende il nome dal suo fondatore, Monsignor Bonetta, un missionario del PIME. In linea d'aria dista circa 500 metri dalla casa delle suore. Questa più un altro pezzo è la strada che tutti i bambini di Bonetta la mattina percorrono alle 5,00 per andare a messa e poi a scuola (la scuola inizia alle 6,00). A Kentung non fa caldo in inverno, il villaggio è a circa 700 metri di altezza. Oggi che piove in effetti abbiamo un maglione addosso.
Arrivando vediamo l'orto coltivato dalle suore, è grande e ben tenuto e, ci spiega Sr Cecilia, dà autonomia di verdure a Bonetta.
I bambini ci aspettano dentro, piove e fa abbastanza freddo. Sono circa 70 bambini dai pochi mesi (Angelina), due anni (Colò) a 12 anni. I bambini intonano un canto e Sr Cecilia ce lo traduce, dice pressappoco così: "E' bello che voi siete venute da lontano a trovarci, perché noi siamo fratelli e crediamo che non esiste il lontano. Forse non conosceremo mai la vostra terra, ma se voi siete venute qui è perché ci volete bene."
Ringraziamo i bambini e Sr Rebecca che ha insegnato loro il canto e tiriamo fuori dalle nostre borse i palloncini, (per chi non lo sapesse la nostra associazione VIP ViviamoInPositivo, si occupa della formazione e organizzazione dei Clown di corsia, io ne sono la fondatrice e formatrice, il mio nome d'arte è Aureola, e Rita che è venuta con me, è una volontaria-clown, in arte Pulce). Mentre gonfiamo i palloncini rotondi grandi e li facciamo volare verso i bambini, questi ci guardano con le faccine stupite, poi facciamo loro capire che possono giocare con questi palloncini e iniziano a giocare, ridendo... Noto subito che sono quasi 'composti', non c'è competizione, no c'è agitazione, giocano con delicatezza, sembrano piccoli angeli che giocano con palloncini colorati (ricordo che si tratta di circa 70 bambini!). Faccio qualche scultura di palloncini e la regalo: coccinelle vengono messe al braccio delle bambine, cagnolini, cigni, copricapi... Tutti le ricevono sorridendo, ma nessuno chiede nulla, nessuno si accalca...
Pulce-Rita tira fuori dalla borsa le bolle di sapone, che gioia!!! Iniziano a seguirle con le manine, cercano di prenderle. Sr Cecilia, Sr Sandra e Sr Rebecca sono stupite e felici, ci dicono che è la prima volta che i bambini vedono le bolle di sapone. Faccio cenno a Rita, indossiamo i nostri nasi rossi e partiamo con la gag del 'ciapa-ciapa'. Facciamo finta (tutto a gesti per farci capire) di essere arrabbiate l'una con l'altra, io la prendo per le orecchie e poi giochiamo a sfidarci a duello, io nel gioco fingo di essere caduta a terra, e poi la gag continua con una serie di finti svenimenti... I bambini oramai sono entrati nel gioco e si sganasciano letteralmente dalle risate. Basta che alziamo una mano e loro giù a ridere, li guardiamo con complicità e giù a ridere...
Decidiamo di coinvolgerli in un 'ban', canto e ballo con gesti che si fa in gruppo (usato dagli scout) e insegniamo loro "Sciusciuscià": "Pollice destro avanti ... ecc... Ripetono tutte le parole e i gesti che facciamo, ridono come matti e oramai sono totalmente coinvolti. A questo segue un altro ban: "Se sei felice" e poi ... Udite clown udite: insegniamo loro la canzone del "Coccodrillo". Avrei voluto avere un registratore per farvi sentire come veniva con l'accento birmano il coccodrillo...
E' quasi ora di pranzo, ma ho talmente voglia di abbracciarli tutti che decido di insegnare loro la 'meditazione dell'abbraccio' (il sangha sa a cosa mi riferisco...): faccio venire un bambino di fronte a me, ci si inchina l'uno all'altro e poi si aprono le braccia e ci si abbraccia facendo insieme 3 respiri. E' stato stupendo!!! Li abbiamo abbracciati tutti e soprattutto abbiamo insegnato loro ad abbracciarsi tra di loro.
Sr Cecilia mi ha spiegato che non è usanza birmana abbracciarsi, ci si stringe solo la mano, tenendo il braccio destro con la mano sinistra. Quindi quei bambini era la prima volta che venivano abbracciati... ma a loro è piaciuto tantissimo e (come vedrete più avanti) ce lo hanno dimostrato quando siamo partite da Kengtung.
E' spuntato il sole e adesso fa caldo, le suore di Bonetta (Rebecca e Johanna) ci offrono tè, frutta, poi andiamo a visitare l'orfanotrofio.
L'orfanotrofio è in condizioni pietose, la casa è molto vecchia, i bambini dormono in due stanzette su letti di legno rialzati da terra sui quali sono appoggiati stuoie che di giorno vengono arrotolate, le due stanze sono buie e i muri sono molto sporchi (nei giorni a venire Rita andrà a dare il bianco...). Il guardaroba dei bambini è costituito da piccole cassette in legno con i lucchettini dentro le quali mettono i loro vestitini. La notte poggiano i loro abiti dentro un secchio che mettono sotto il letto.
La doccia la fanno nel cortile, all'aperto, vicino ad un pozzo da cui tirano l'acqua. Nel cortile galline e un gallo. Ci sono anche dei piccoli maialini. Le suore ci dicono che spesso arrivano i ladri e rubano tutto. La cucina, se così si può chiamare è buia e vuota, in un angolo un pentolone di riso, sul fuoco un pentolone di brodo.
La povertà è tale che Rita ed io rimaniamo per tutto il percorso senza parole.
Al rientro a casa affrontiamo con Sr Sandra il discorso ricostruzione dell'orfanotrofio e ci dice che grazie ai fondi che abbiamo mandato fino ad ora i soldi per ricostruirlo ci sono, manca solo l'OK del vescovo e stabilire dove ricostruirlo. Le suore della Provvidenza non dipendono più dal vescovo in quanto congregazione, ma il terreno è dell'RCM (Roman Catholic Mission) e quindi occorre il suo benestare. Sr Sandra ci dice che ha in progetto proprio di parlare col vescovo nei prossimi giorni e mettere sul tavolo il progetto Bonetta.
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27 ottobre - Domenica a "Bonetta"
Domenica 27 ottobre Sveglia alle 5,00 con campane che suonano a festa. Andiamo a messa, nella cattedrale della missione RCC (Roman Catholic Church) la messa è in birmano e dura dalle 6 alle 7.30. La cattedrale è piena, alla mia sinistra ci sono tutte le ragazze di Bonetta e le aspiranti, hanno il vestito della festa: gonna lunga viola, camicia bianca e velo bianco in testa. Cantano con voci meravigliose, mi incanto ad ascoltarle, mi commuovo, prego per tutti voi e sono trasportata in cielo grazie a queste voci celestiali... La devozione principale di questa chiesa va alla Madonna e a Gesù bambino.
Dopo la messa ci attende la colazione: è un pranzo! Bastoncini lunghi fritti, saccottini di patate e cipolle, immancabile riso, verdure in umido, frutta, tè, caffè, pane tostato.
Terminata la colazione torniamo a Bonetta per fare le foto per i genitori adottivi dei bambini/e. Percorriamo la stessa strada che fanno i bambini ogni giorno per andare e tornare da scuola, è di terra rossa, tutta dissestata e fangosa, piena di buche e montagnole. Per strada incontriamo donne con ceste di legna in testa. Appena arrivati salutiamo i bambini e iniziamo a fare foto. I bambini sono pazienti, collaborano, sorridono, facciamo coccinelle e copricapo con i palloncini e loro li indossano.
Nel frattempo Suor Rebecca ci dice che grazie alle adozioni e agli aiuti che abbiamo inviato sono stati costruiti 2 bagni alla turca ed è stata pavimentata la stanza 'guardaroba' con cemento e sono stati comprati gli scaffali in legno.
Terminate le foto facciamo un giro intorno all'orfanotrofio e arriviamo ad un lago, un uomo dorme sotto una tetto di paglia, Sr Cecilia ci spiega che sta lì per sorvegliare che nessuno rubi i pesci...
Uscita di Sr Cecilia vedendo una lumaca (che vi dà l'idea di come sia la lingua birmana tradotta in italiano): "Guarda, quell'animale con casa che, per mangiare dentro, baci"...
Risate!!!
Oggi ci fermiamo a mangiare a Bonetta, il tavolo è imbandito a festa per noi. Noi mangiamo dentro, con le suore mentre i bambini mangiano in refettorio fuori. (in allegato foto di bimbi a pranzo. Per la famiglia Fiore: potete riconoscere Pasca in fondo a sinistra). Dopo pranzo andiamo a vedere le scuole. Sono in piena campagna, dentro non possiamo vederle perché sono chiuse di domenica. L'orario settimanale scolastico è: 06.00-13.00 e 13,30-15.30. Le maestre sono laiche 'vecchio stampo', cioè usano ancora punizioni corporali. Capita che alcuni bambini o ragazzine scappino proprio perché non sopportano questi metodi. Sr Sandra mi dice che per il prossimo anno dovremo lavorare molto sull'affettività verso bambini e suore.
La formazione
Ore 14.30-17.00: inizia la mia formazione alle suore e alle novizie Sono tutte sedute in cerchio sulle sedie, ben divise: suore da una parte novizie dall'altra, direttrici vicine... Accanto a me c'è suor Laurentia, la mia traduttrice, inizio a parlare e mi accorgo che ogni mia frase equivale tradotta ad almeno 5 frasi in birmano. E' un'impressione strana, è la prima volta che i miei discorsi vengono tradotti in una lingua che non conosco assolutamente. Mi chiedo se suor Laurentia riuscirà a rendere il senso di ciò che voglio trasmettere... Ho preferito creare un cerchio senza sedie, ci siamo prese tutte per mano e abbiamo respirato insieme, ho parlato loro della 'semplicità', di come le piccole cose siano essenziali e di come per stare insieme veramente e profondamente basta respirare insieme. Mi guardano stupite, incuriosite. Decido di 'tagliare la testa al toro' e insegno loro esercizi di 'ricarica energetica' e 'dinamici'. Si sciolgono, ridono, non sono abituate ad usare il loro corpo per fare ginnastica... Quando devono fare l'esercizio che dice: "Sono positivo, energico, entusiasta!" ridono come bambine. Parlo della meditazione, spiego cosa vuol dire meditare e perché è utile e importante nel cammino spirituale. Pratichiamo insieme 15 minuti di meditazione sedute in silenzio. Poi passo alla 'meditazione camminata' e pratichiamo insieme. Infine le divido a coppie e chiedo loro di raccontarsi i loro momenti di gioia. Noto che le ragazze giovani hanno una grande difficoltà a parlare con le suore, sono imbarazzate. In Birmania esiste molto il rispetto del superiore. Al termine dell'esercizio chiedo loro se hanno trovato facile parlare dei momenti di gioia della loro vita, quasi tutte mi rispondono che per loro è stato molto difficile, non riuscivano a trovare momenti belli, ma trovavano facile trovarne di difficili. Parlo dell'importanza della gioia nella nostra vita, della missione di portare la gioia intorno a noi e di come sia importante provare gioia in ogni nostra azione quotidiana per poterla trasmettere. Parlo dell'importanza di vivere il presente con consapevolezza. Termino insegnando il canto di Paramahansa Yogananda: "Dalla gioia venni", lo scrivo alla lavagna e tutte insieme cantiamo. Al termine della lezione tre suore vengono ad abbracciarmi e mi dicono: Grazie per averci insegnato a gioire!".
Noto che mentre preparano la cena canticchiano: "Dalla gioia venni, nella gioia vivo, in sacra gioia 'immergerò..."
Cena alle 18.00
Dopo cena abbiamo lungamente parlato con Sr Sandra di bambini abbandonati e di abusi sui minori. Lei per anni a Roma ha gestito una casa-famiglia di bambini abbandonati per conto delle suore della Provvidenza.
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Lunedì 28 ottobre -Lezioni...
Ore 08.00 le mie allieve sono già pronte, tutte sedute nei loro banchi (vedi foto), questa mattina insegnerò inglese. Quasi tutte ne hanno un'infarinatura, quindi ho deciso che sfrutterò la loro seppur debole conoscenza di inglese per insegnare loro anche l'italiano. Non mi è mai successo di avere un gruppo di suore tutte per me e così tento il tutto per tutto e cerco di trasformarle in un gruppo di 'Sister Act'. Inizio quindi a insegnare loro il Gospel "Soon and very soon". Risultato? FANTASTICO!!! Cantano in maniera meravigliosa!!! Così tra un battito di mani, e un ballo cantiamo questo bellissimo Gospel e io mi sento Suo Maria Claretta (Woopy Goldberg), solo con la pelle un po' più chiara... Traduco quindi in italiano il canto Gospel e iniziamo la lezione. metà della lavagna viene usata per l'inglese e l'altra metà per la traduzione in italiano. Oramai dopo il canto sono caricatissime e la lezione fila come l'olio...
Al termine della lezione vado all'orfanotrofio Bonetta a vedere come stanno i bambini, c'è un'epidemia di morbillo e cascano come pere. Il bollettino di guerra di oggi dice: 5 a letto con febbre altissima. ma in compenso quelli che avevano la febbre ieri oggi sono già in piedi, pustolati, ma in piedi...
Ore 14.00 Corso di formazione delle mie 'Sister Act': oggi sono allegre già prima di iniziare, il ghiaccio ieri si è rotto e sono più rilassate e pronte. Iniziamo con un canto che ho imparato dai miei amici del Sangha di Thich Nath Hanh: "Inspirando espirando" e mi fa un certo effetto vedere le suorine mimare il gesto del fiore che si apre o del monte che indica solidità, ricordo il ritiro di quest'estate a Pomaia e mi commuovo a pensare come è bello unire tradizioni, come è bello poter tutti usufruire di insegnamenti universali. Oggi meditiamo per 30 minuti, poi lavoriamo sulla fiducia. Le suore e le novizie fanno gli stessi esercizi che faccio fare ai corsi di formazione per clown: guidarsi l'un l'altro con un dito, mentre uno dei due tiene gli occhi chiusi, ecc. E' una lezione divertente, giocando scopriamo che la fiducia che hanno queste donne sia reciprocamente, sia verso gli altri è poca e affrontare questo argomento è per loro fonte di apertura. Oggi le diadi (confronti in coppia) vanno molto meglio di ieri, sono più disposte a parlare, a confrontarsi. Al termine della lezione ricevo ancora più abbracci di ieri. Suor Sandra è felicissima e mi dice che non sperava in un tale risultato (potenza dei canti, delle meditazioni, dei Maestri, della gioia...).
Lezioni di vita
Dopo cena Sr Cecilia è agitata, ci dice che alle 19.00 ci sono le 'lezioni di vita' alla TV e che bisogna assolutamente accendere il generatore per vedere la TV. Suor Sandra, Rita ed io siamo molto incuriosite, di cosa si tratterà? Ci dice che anche le aspiranti lo vedranno. Così alle 19.00 siamo tutte in sala TV (la stessa dove facciamo il corso di formazione). Iniziano le 'lezioni di vita': telenovela coreana con sottotitoli in birmano dal titolo "Perle di lacrime". E' la storia di una ragazza buona con padre che si ubriaca, madre che la odia, che deve passare un sacco di vicissitudini per poi riuscire (vedremo la fine prima di partire) a ricongiungersi con l'uomo che ama. Lo spettacolo più bello è vedere le suore e le ragazze prese dalla vicenda, calamitate davanti alla TV. Ogni volta che la ragazza ha un problema loro sono coinvolte, e quando invece le va bene applaudono...
Al termine del film prendiamo in giro Sr Cecilia dicendole se davvero le ritiene 'lezioni di vita' e la sua ingenuità e semplicità ci disarma. Dice. "E' importante che vedano ciò che succede nel mondo, ci sono persone che fanno del male e persone buone, io dopo il film riunisco le ragazze e faccio loro notare ciò che è accaduto e ne parliamo per trarne un insegnamento".
La settimana si alterna tra lezioni di inglese e italiano, nuovi canti, meditazione (oramai meditiamo tutti i giorni per 40 minuti).
Il perdono
Il lavoro che più le coinvolgerà della settimana è quello di mercoledì sul perdono. Le suore hanno vissuto in guerra sin da piccole, raccontano che da bambine dovevano mangiare in fretta la sera perché poi potevano arrivare a casa i banditi o i militari e loro dovevano scappare nella foresta. Molte notti dormivano dentro una buca scavata a terra e chiusa con una coperta per non farsi scoprire. Hanno avuto genitori e parenti uccisi dai militari, e dentro hanno molto rancore. Anche nell'ambito della chiesa hanno subito soprusi da preti e vescovi... Quindi lavorare sul perdono è stato veramente molto importante. Al termine della lezione mi è sembrato di vederle più serene.
Noto che l'odio e i sensi di colpa non hanno latitudine né longitudine, non hanno Nord né Sud, sono presenti in maniera equa e ben distribuita in tutti gli esseri umani. Durante questo incontro ho provato più volte un senso di impotenza nel venire 'tradotta', avevo paura che si perdesse ciò che intendevo trasmettere. Comunque sia ho cercato di seminare in loro il seme del perdono sperando che presto o tardi dia i suoi frutti.
Terminiamo l'incontro con un cerchio, un canto sulla gioia e poi chiedo loro di dire una parola per indicare il loro stato d'animo, le parole che dicono sono: perdono, pace, tranquillità, gioia, amore...
Che bello!!! E' proprio vero che siamo tutti uguali dentro.
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31 ottobre - Kengtung - Visita al cimitero
Oggi pomeriggio, dopo la lezione andiamo al cimitero, il 2 novembre non potremo andare perché partiamo per Mongla. Dapprincipio ci troviamo davanti le tombe buddiste, si vedono tante piccole tombe, spiazzi grandi di terra bruciata, è il posto dove i buddisti cremano i cadaveri. Il cimitero buddista è molto trascurato, non ci sono fiori, le tombe sono abbandonate. Ci sono alcuni piccoli monaci, ragazzini che giocano poco oltre le tombe. Penso all'insegnamento buddista sull'impermanenza e mi domando cosa provano veramente quando arrivano in questo posto e devono cremare qualcuno che hanno amato.
Dopo il cimitero buddista inizia il cimitero cattolico, le prime tombe sono di chi non è stato battezzato, ci spiegano, le tombe sono di terra, nessuna iscrizione, sono isolate dalle altre. Poi ci sono le tombe dei cittadini, molte sono in forma di culla, colore azzurro vivo, ci spiega Sr Cecilia che sono le tombe akha. Ci sono un'infinità di tombe di bambini. Più avanti in cima alla collina con una vista bellissima ci sono le tombe dei vari missionari e suore, sono bianche, con una grande croce, tutte senza foto. Il paesaggio è incantevole, il sentimento che predomina è di squallore.
Penso a tutti questi missionari e missionarie che hanno abbandonato il loro paese per venire a morire in questa terra, molti sono morti giovani, probabilmente di malaria. Eppure adesso che sono qui li capisco, mi chiedo se anch'io dovessi restare lì per un qualche motivo, morendo lontana dai miei cari, in questo cimitero così strano, cosa proverei? Eppure questa terra per qualche motivo mi attira, queste persone non mi sono estranee, perché? La meditazione sulla morte e sull'impermanenza è sempre molto interessante, ti aiuta al distacco dalla materia. Il cimitero è sempre il riflesso di un popolo e lì a Kengtung un popolo principalmente buddista ed animista dà poca importanza alla morte, mentre il popolo cattolico privilegia chi si è donato agli altri e isola chi non è stato battezzato... C'è da riflettere molto...
1-novembre - Kengtung - Visita in città
Oggi a Kengtung non è festivo, quindi proseguo con le mie lezioni. In mattinata al termine della lezione di inglese-italiano con una novizia andiamo al centro di Kengtung. Visitiamo 2 bellissimi templi, monasteri buddisti. C'è tanta pace nei monasteri buddisti, sono ben tenuti, il giardino è curato, ci sono sempre bellissimi Stupa. I negozi di Kengtung sono piccoli bui, in un isolato ci sono l'uno a seguito all'altro 5 negozi di barbiere. In un angolo ci sono tanti 'taxi', o meglio moto-taxi. Un'altro isolato è tutto di ristoranti, o meglio luoghi piccolissimi e bui dove qualcuno cucina in pentoloni di alluminio, piccoli tavoli di legno e sgabelli fanno pensare ad un luogo dove si mangia. Visito un altro monastero, anche questo è bellissimo, grandi, immense statue del Buddha tutte hanno addosso delle stoffe arancioni e giallo-ocra, sono dorate. La sala meditazione è immensa, ci sono monaci che meditano.
Nel pomeriggio nell'ambito della formazione, inizio le lezioni sull'Enneagramma. Al termine della lezione dobbiamo recarci nuovamente all'ufficio immigrazione con i passaporti, per chiedere il permesso di partire per Mongla domani. Per spostarsi occorre avere l'ok dell'albergatore e della polizia. Quando arriviamo all'ufficio immigrazione troviamo quasi tutti i militari che ... puliscono, cortile, uffici... sembrano molto indaffarati. Forse si preparano a qualche festa.
Concludiamo la serata preparandoci per il viaggio di domani. Trascorrerò il giorno del mio compleanno al confine con la Cina.
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2 novembre - Mongla
Compleanno
E' il giorno del mio compleanno, mi sveglio alle 5,00 con il dolce suono delle ragazze nella cappella durante la messa. Sta piovendo fortissimo, Penso che dobbiamo partire con questo brutto tempo... Mi alzo, esco dalla camera per recarmi in bagno e al rientro vedo scritto sulla porta della mia cameretta: "Happy Birthday Maria Luisa" Mi preparo e scendo a colazione, appena entrata, al centro della sala vedo una bellissima torta rosa a tre piani, con tante candeline, non c'è luce e la luce delle candele la vedo ... annebbiata. Le suore e le ragazze intonano 'Happy Birthday' e poi una canzone di augurio birmana. Sono commossa, ecco trascorro il mio compleanno a Kengtung, lontana dala mia famiglia, ma con tanta gioia, può sembrare incredibile eppure sento ognuna di loro come una sorella, l'abbraccio di Cecilia, di Sandra è caldo, amorevole e mi sento a casa. Mi regalano una bella giacca shan. E facciamo colazione con torta, riso, verdure e spaghetti tailandesi...
Mongla
Subito dopo colazione ci attende la jeep per andare alla nostra missione di Mongla, nella Regione 4 al confine con la Cina. Dovremo percorrere 54 miglia, ma ci metteremo 3 ore e mezzo (vi lascio immaginare la strada...). Sr Cecilia dice: "Preparatevi perché nostre basiliche torneranno gonfie" ('Basilica' in gergo suoresco vuol dire sedere)...
Prima di partire passiamo al solito ufficio immigrazione e durante il viaggio superiamo altri 3 posti di blocco militare. All'arrivo a Mongla come prima cosa andiamo all'ufficio immigrazione.
La strada per andare a Mongla è asfaltata per circa 10.5 km per il resto è fango e pietre, ci stanno lavorando i cinesi e si prevede che per maggio 2003 sarà finita. Cominciamo ad incontrare villaggi con case fatte su palafitte e tetto in paglia, sotto sono sistemati gli animali, sopra vivono le persone. Non c'è luce elettrica. Per strada incontriamo mucche, maiali, vitellini. Continua a piovere.
Arriviamo alla casa delle suore è pulita, dipinta di fresco.
Ci dicono di andare subito a casa del Presidente della Regione 4 che ci aspetta. La Regione 4 ha lottato con guerriglie fino a pochi anni fa e finalmente è riuscita ad ottenere l'indipendenza dal governo di Yangon, e ha un suo Presidente. A casa del Presidente, che ci riceve in una terrazza c'è il vescovo e il parroco della missione, padre Clement. Il presidente ci dice che è contento del lavoro delle suore e che lui accetta tutte le religioni e che se no si parla male del suo paese e se ne rispettano le regole, si è sempre i benvenuti. (Nella Regione 4 agli stranieri non è permesso entrare, quindi è un grande onore che abbiamo avuto). Mentre chiacchieriamo e Sr Cecilia traduce ci offrono: pezzetti di zucca calda, tè, mele già sbucciate, semi di zucca.
Terminati i convenevoli e salutato il Presidente, ci rechiamo alla missione. Incontriamo i bambini, come sempre ci accolgono cantando, indossano i loro vestitini migliori... iniziamo a fare i palloncini e a distribuire le caramelle che abbiamo portato per loro...e ci circondano in silenziosa attesa... Pranziamo in un ristorante cinese, il pranzo è offerto da Rosmary, una benefattrice locale che ha sposato un cinese ed è molto ricca e aiuta molto la missione di Mongla.
Dopo pranzo arriviamo in Cina, cioè passiamo un arco e tocchiamo il suolo cinese.
Passiamo il pomeriggio nella missione con i bambini a fare foto e giocare.
A Mongla si sente l'influsso della vicina Cina e della benefattrice Rosmary. L'orfanotrofio è più curato e le stanze sono più ampie e pulite.
Purtroppo non ci permettono di andare a Pha Do, Pha Lo e Di Shii, altri villaggi della Regione 4 ma dove le strade sono ancora più sconnesse e dove si teme per l'incolumità di noi turisti, ci dicono... Ma il Presidente mi promette che il prossimo anno mi farà trovare il permesso per andarvi.
Partiamo per rientrare a Kengtung alle 16,30 e arriviamo alle 19.00 E' stato di certo un compleanno particolare, diverso e comunque che ricorderò sempre.
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3 novembre - Ton Qua
Messa
Ci si sveglia alle 5.00, la messa questa domenica è officiata da un prete giovane e da Padre Ciro, un missionario della Papua-Guinea che due tre volte all'anno viene in Birmania per un paio di mesi. L'omelia è in inglese, padre Ciro parla calmo, scandendo le parole, è molto facile capire cosa dice. Inizia ringraziando il popolo birmano, dicendo che grazie a questo popolo molti missionari sono diventati santi. Parla dell'importanza del servizio, dice che il vero compito di ogni essere umano è servire, a maggior ragione se è cristiano, in quanto Gesù con la sua venuta ha dato l'esempio di essere venuto per servire e non per essere servito. Dice che servire vuol dire amare gli uomini e che si può servire Dio ovunque: nella chiesa, nella famiglia, con gli amici. Senza gerarchie, ognuno con i suoi compiti, umilmente semplicemente. Servire è il miglior modo di amare.
E' una predica semplice, ma chiara e forte, mi colpisce molto.
Ton Qua
Dopo colazione ci prepariamo a partire per TON QUA, un villaggio a circa 23 miglia da Kengtung. E' un villaggio interamente popolato dalla tribù Akha (la tribù di Suor Cecilia), dove abbiamo una missione e un orfanotrofio.
In viaggio in jeep è terribile, la strada è tutta fango rosso e buche immense e sassi... Povere "basiliche" (per chi non si ricordasse 'basilica' è la parola usata in gergo suoresco per indicare il sedere)!
Appena arriviamo tutti gli abitanti del villaggio arrivano a stringerci la mano, le donne vestono tutti i loro abiti akha stupendi con i copricapo pesantissimi fatti di borchie e monete d'argento. Ci si avvicina un signore con i denti neri, indossa un cappello e un vestito elegante blu, è il capo villaggio, ci saluta e ci ringrazia di essere lì, sorridendo. Stringo centinaia di mani, di manine, i bimbi sono stupendi, ma poverissimi, molti hanno il moccio al naso. Piove, fa freddo e loro sono scalzi e seminudi. Tutti ci si avvicinano, vogliono toccarci, Sr. Cecilia ci spiega che lo fanno perché si dice che toccare uno straniero porta fortuna, in quanto gli ricordiamo i primi Missionari del PIME che fecero molto bene in quel villaggio. Credo di essere stata 'toccata' da tutti gli abitanti, grandi e piccoli...
I costumi delle donne sono così particolari, li trovo stupendi. Molte donne hanno denti nerissimi o rossi, per loro sono un segno di bellezza e il colore è dato dalle radici che masticano. Andiamo a salutare il parroco, la chiesa è poverissima, dedicata (come in molte missioni) alla Madonna di Lourdes. In capo villaggio ci raggiunge e fa un discorso di benvenuto. Mentre siamo nella casa del parroco (una sorta di stanza/sacrestia), i bambini si accalcano davanti alla porta, sono molto curiosi e ... bellissimi.
Dopo aver 'fatto finta' di bere un tè, usciamo e a piedi, in mezzo al fango e alle cacche di animali, mentre piove, seguiti da tutto il villaggio saliamo alla Missione (non ci si può arrivare con la macchina), si attraversa un ruscello, mi bagno completamente... e finalmente tra uno scivolone nel fango e un altro nel ruscello arriviamo alla missione.
Suor Felicita è da sola a gestirla, aiutata da alcune donne del villaggio, lei è malata di malaria, è molto magra e sembra sofferente, ha circa 40 anni.
La missione di Ton Qua è poverissima, vediamo un pollaio e un granaio sollevato su palafitte, intorno ai pali ci sono latte per impedire che i topi possano arrampicarvisi. Il dormitorio delle donne è piccolissimo e quello dei bambini (35 bambini orfani o abbandonati dai genitori per povertà e malattia) è ancora più piccolo, è buio e sembra tutto sporco e tristissimo.
Pranziamo alla missione molto semplicemente: un piatto di fagioli, riso, brodo di verdure. Dopo pranzo vediamo le bambine dell'orfanotrofio con i loro vestitini della festa che ci fanno vedere una danza locale, ma inizia a piovere, quindi entriamo tutti. le bimbe danzano e dopo di loro danzano le donne del villaggio nei loro vestiti tipici, girano in torno nella stanza, battendo i piedi, accompagnate da una donna anziana che batte due piatti di metallo e da un'altra che suona un tamburello e un'altra che suona un tamburo.
Mi unisco a loro nella danza, mi sento come loro, sono una di loro.
Mentre danzo penso: Donne che grande ricchezza per il mondo. Donne che non si arrendono, donne che portano i loro figli in spalla, donne che portano in testa chili e chili di fascine di legna, donne che amano divertirsi, danzare, ridere, anche nella difficoltà...
Al termine della danza mi si avvicina una giovane donna, si chiama Bu Yu, e mi prende sottobraccio guardandomi con immenso amore e inizia a parlarmi... ovviamente non capisco cosa dice e chiamo Suor Cecilia perché mi traduca ecco le sue parole:
"Tu sei bella, ti porterò tutta la vita nel mio cuore, ora sei tornata, ti ho vista, sei mia sorella, quando andrai via rimarrai sempre con me, nel mio cuore, perché sei mia sorella"...
Guardo Sr Cecilia in maniera interrogativa e lei con la semplicità che le è solita, dice: "Era tua sorella in altra vita!"
Per me è un'esperienza molto particolare, Bu Yu non mi lascia più il braccio fino a quando non partiamo, mi presenta i suoi 4 figli molto fiera e continua a dirmi cose che suppongo siano belle... (allego foto di donne akha e di mia sorella birmana, per chi può vederle)...
Prima di partire facciamo foto, e stringiamo nuovamente tutte le mani e le manine di Ton Qua. Piove a dirotto, sono bagnata completamente, ma sono così felice. Un altro pezzo di cuore è rimasto a Ton Qua...
Akha
Al ritorno la macchina slitta, guadiamo un fiume, fango, sbalzi, testa che si sbatte, basilica che duole, ma ascolto con estrema attenzione Sr Cecilia che parla della sua tribù: gli Akha.
Ci dice che della stessa tribù Akha ci sono altre 2-3 tribù che sono ancora animisti, hanno molte cose buone: un grande rispetto della natura, degli animali, tutte le loro feste e danze sono legate alla natura... Ma hanno anche moltissima superstizione, ad esempio pensano che il nascere 'gemelli' sia in natura che negli umani porti male e infatti se in una famiglia nascono due gemelli, li uccidono alla nascita e la madre viene portata nella foresta per 40 giorni, e non può avere rapporti con nessuno. Solo il marito le porterà da mangiare. Tutto ciò che è in casa viene bruciato. In alcune zone birmane si trovano persino cannibali, ma non sono Akha, ma Wa. Ci dice che le donne Akha lavano i loro complicati copricapo tutte le domeniche.
Mentre Sr. Cecilia parla, mi rendo conto che se si superano i pregiudizi e i giudizi, se semplicemente si osserva, si può comprendere anche una mentalità completamente diversa dalla nostra, ma per conoscere veramente occorre vivere con loro e come loro.
Rifletto sul fatto che qui, ovunque vada mi sento 'a casa'... Non mi sono mai sentita così, neanche quando vivevo in Argentina. Mi piace la vita della missione, è povera, essenziale, senza fronzoli e forse proprio per questo più 'vera', la sento mia. I bambini, è vero, sono molto poveri, ma sono più semplici e mi sembrano per assurdo, più felici dei nostri... Sr Cecilia ci dice che nella missione le ragazze è molto difficile che rimangano incinta senza essere sposate, anche se nessuno parla loro di sesso. L'uomo birmano rispetta la donna birmana. I problemi sono sorti con i militari in periodi di guerriglia, quando molte donne sono state violentate.
Siamo tornate a Kengtung, stavolta non ce l'ho fatta a fare una doccia fredda e mi sono fatta scaldare un secchio d'acqua e poi me lo sono rovesciato addosso. Ho preso freddo, pioggia, umido... ma.. sto benissimo.
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4 novembre - Loimwe
Ha piovuto intensamente tutto il giorno e tutta la notte e ancora piove. pensavo stanotte che non saremmo andati a Loimwe, invece pare che la strada sia percorribile e quindi alle 6,30 partiamo. Soliti permessi all'immigrazione, e via! la strada è fangosa, di terra rossa, in alcuni tratti la jeep scivola paurosamente, Loimwe dista 25 miglia e si prevede di arrivare dopo 2 ore e mezza! Invece ci mettiamo solo 1 ora e mezza. Loimwe è in montagna a 1700 metri e più saliamo più fa freddo. Sr Agnes era partita da Kengung 2 giorni prima per preparare la missione al nostro arrivo e ci attende con tutti i bambini, i ragazzi e le ragazze iù grandi vestiti a festa. Ci porta subito in una stanza-teatro ovvero una stanza dove c'è un palco rialzato, dove si svolgono le danze delle ragazze. Ci fanno accomodare, i bambini cantano per noi e le ragazze danzano in quella maniera dolce e aggraziata che hanno le donne birmane. Ci hanno preparato un regalo: una borsa shan per sr Sandra, Rita e me e noi diamo loro le caramelle che abbiamo portato.
Terminate le danze ci rechiamo alla casa principale e inizio a fare le solite sculture di palloncini, e... inizia il divertimento, distribuisco spade, cagnolini, cigni. I bambini come abbiamo già visto nelle altre missioni, sono educati e non chiedono nulla, ti guardano con i loro occhioni spalancati per la sorpresa. Tra loro ci sono alcuni ragazzi grandi, Sr Agnes ci spiega che aiutano i più piccoli a studiare, e loro studiano in seminario. I più piccolini hanno tutti il moccio al naso, fa abbastanza freddo. 5 sono a letto con la malaria. Facciamo mettendo loro i nasi rossi e si divertono tantissimo, poi li incorono re e i bambini più piccoli diventano i loro soldati... Il tutto a gesti, ma ci capiamo così bene...
Dopo un po' anche i piccoli vogliono essere re e... le spade si trasformano tutte in corone...
E' ora di pranzo, per fortuna ha smesso di piovere, i ragazzi più grandi portano fuori delle panche e i bambini e loro si sistemano a cavalcioni, arriva Sr. Agnes e serve il riso in una grande foglia di palma, sono tutti così allegri, tengono in testa o in mano i loro palloncini e mangiano ridendo e giocando...
Noi pranziamo dentro, la tavola è imbandita e i piatti sono decorati. Sr Agnes è una suora molto carina e giovane, si vede che ci tiene a tenere bene la missione e ci spiega che questo è il pranzo di Natale, in quanto noi a Natale non ci saremo, così hanno pensato di anticiparlo per noi.
Dopo pranzo visitiamo la missione e ho una bellissima sorpresa, vedo l'uso che è stato fatto con i soldi che abbiamo inviati con il ricavato dello spettacolo teatrale "Cats": dormitori delle ragazze, refettorio, guardaroba e bagni e docce interni. Hanno messo le mensole sopra i letti, i copriletto uguali. Anche se è tutto in legno, estremamente spartano e semplice, però si respira un'aria pulita, nuova. Sr Sandra è felice e io più di lei... La zona dove vivono i maschietti è meno curata, mi dicono perché sui ragazzi ha autorità il parroco e le suore non possono fare più di tanto.
Facciamo una passeggiata verso il lago, le coltivazioni e poi visitiamo il villaggio di Loimwe. Il paese lo troviamo immerso nella nebbia, e infatti scopriamo che Loimwe vuol dire: "luogo con nebbia". E' un paese di montagna, le case sono con il tetto in paglia, mentre passiamo tutti ci guardano e ci sorridono, credo che non abbiamo mai visto stranieri in questa zona, sembrano molto stupiti.
Al nostro rientro troviamo i ragazzi che danzano, uno suona un tamburo, un altro i piatti, e uno i tamburelli, si fa un cerchio e danzo con loro, giochiamo, ridiamo, sono tutti così felici di averci con loro. Ora si riuniscono tutti e ci cantano una canzone di 'arrivederci', sr Cecilia ci spiega che la canzone è una benedizione per il nostro viaggio. Terminano cantando Jingle Bells in birmano e ci regalano un cesto di frutta e.... io sono sempre più commossa. Comincio ad abbracciare le bambine a baciarle sulle guance e a farmi baciare sulle guance, ridono, non l'hanno mai fatto...poi provo con i maschietti, ma ridono e scappano.. allora porgo loro la mano e arrivano uno dietro l'altro, tutti, proprio tutti mi porgono la mano e ci inchiniamo l'uno all'altro.. C'è gioia, sorrisi nei loro volti, commozione nei nostri. Andare via da Loimwe mi rattrista, bambini, bambine, ragazzi e ragazze ci accompagnano fino alla macchina piove, ma non sembrano farci caso. Salgo in macchina e inizio a mandare baci con la mano e tutti ridendo mi imitano...
Per strada ci fermiamo in un lebbrosario, non fa parte delle nostre missioni, ma a quanto ho capito, qualche aiuto dei nostri giunge anche lì...
Le scosse della macchina e il freddo mi hanno stancata, ho la schiena a pezzi quindi quando arriviamo Sr Cecilia e le ragazze mi fanno un massaggio, una mi prende per le gambe, l'altra per le braccia, chi il collo chi i piedi e io inizio a urlare.... E più urlo più ridono...
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5-8 novembre - Kengtung
I giorni trascorrono lenti, cadenzati dalle lezioni, di inglese, di italiano, dal sempre maggior coinvolgimento di queste dolcissime e timide suore birmane. La loro formazione prosegue con l'Enneagramma, ognuno riconosce la propria personalità e questo è già un grande successo! Una mattina andiamo a visitare le suore anziane, a pochi metri da casa nostra. Sono poche, ma tra tutte mi colpisce Suor Bruna, 96 anni, un vero record in Birmania, dove l'età media è di 35 anni. Vuole cantarci una canzone che tradotta dice pressappoco così: "Tu partirai e io ti porterò sempre nel mio cuore, se andrò in montagna verrai con me, se andrò in pianura verrai con me... ti porterò sempre nel mio cuore..." L'orfanotrofio della casa di riposo ha 35 bambini e ragazzine, anch'esso è in condizioni molto tristi. Prendo accordi per iniziare le adozioni a distanza anche qui.
Al rientro passiamo per il villaggio più vicino alla missione. Ci sono diverse donne che stanno sul davanti della casa e che cuciono i tessuti caratteristici Akha o Shan, ricamano stoffe che poi vendono in Tailandia, nonostante alcuni lavorino, c'è tanta povertà, molti dei bambini degli orfanotrofi vengono da qui.
7 novembre - Kengtung - La festa
E' l'ultimo giorno che trascorreremo a Kengtung, domani torniamo a Yangon.
Dopo questi giorni in questa missione mi viene naturale una riflessione: qui non c'è nessuna delle comodità che ho a casa, la luce manca quasi sempre, il bagno è alla turca, piccolo, scomodo, la doccia si fa con secchi d'acqua freddi, ci si sveglia alle 4 e si va a letto alle 21,00, si passa da un caldo irrespirabile al freddo da un giorno all'altro, ci sono zanzare, il letto è duro, quando piove si rovesciano torrenti d'acqua per giorni interi, quando fa caldo non hai riparo che basti, non ci sono ospedali, le strade sono impraticabili, ... ma... rimarrei qui.
Ho imparato ad apprezzare questi ritmi, qui ho la possibilità di praticare l'ascolto profondo, di lavorare serenamente, di stabilire contatti umani veri, profondi, di osservare la natura in tutte le sue sfaccettature, di alternare preghiera, azione, riposo.
No, non vanno cambiate queste persone, sono ancora pure, semplici, dolcissime, vanno solo aiutate a migliorare le loro condizioni di vita, ma facendo molta attenzione a non distruggerli con la nostra idea di progresso.
Dopo pranzo con Suor Sandra ci appartiamo sotto un meraviglioso albero dai fiori gialli, c'è una leggera brezza e sembra che Kengtung voglia salutarmi con il suo clima più bello. Parliamo di questa esperienza insieme, conveniamo sulla necessità di continuare anche il prossimo anno la formazione di suore e novizie, crediamo che sia importante dare loro un'educazione sessuale, lavorare sull'affettività, che sia basilare trasmettere e 'allenare' alla gioia... Le suore e le novizie hanno reagito molto bene alla formazione che io baso proprio sulla gioia, i loro volti da tesi e preoccupati, si sono trasformati, l'imbarazzo e la timidezza hanno fatto posto ad una maggiore intimità tra di loro e ad un miglioramento dei rapporti con le ragazze aspiranti e novizie.... E mentre parliamo, il tempo passa senza accorgercene ed è già ora di tornare perché ci aspetta una grande sorpresa:
La festa di commiato.
Nella sala dove di solito studiamo, sono stati tolti i banchi ed è stato allestito un teatro con tanto di palco, noi abbiamo la posizione d'onore in prima fila. Arriva anche il vescovo e lo spettacolo inizia. Si susseguono balli tipici akha, shan, canti, bambini degli orfanotrofi, ragazze aspiranti danzano per noi nei loro costumi più belli.
Lo spettacolo termina con una grande sorpresa per me: i bambini di Bonetta intonano in italiano il canto di Paramahansa Yogananda: "Dalla gioia venni" e il gospel "Soon and very soon" in birmano.
Tocca a noi parlare e salutare e non ci è facile farlo con un grosso nodo in gola... Mi viene in mente la canzone di Marino Barreto "Arrivederci", la modifico leggermente per adattarla alla situazione e con Suor Sandra e Rita la intoniamo: "Arrivederci, dammi la mano e sorridi, senza piangere, arrivederci, per una volta ancora è meglio ridere... Abbiamo cercato l'amore quasi per gioco ed ora fingiam di lasciarci soltanto per poco"...
Si va a cena con i bambini di Bonetta e dopo cena lo spettacolo lo facciamo noi: gags, bans, e loro che ridono, ridono fino alle lacrime, ci imitano, cantano con noi tutte le canzoncine dei clown che insegniamo loro: come fa il coccodrillo diventa la domanda del giorno anche in Birmania... (mi riferisco alla canzone dello Zecchino d'Oro: "Il coccodrillo come fa?") e noi sempre più distrutte dal caldo e dalla stanchezza, ma così felici...
Mentre scrivo ho ancora negli occhi le loro risate, i loro volti attenti, incuriositi, colmi di gioia... E non volevano più andare a letto, li accompagniamo al buio fino alla strada che porta all'orfanotrofio, per loro è tardissimo, sono quasi le 22.00...
8 novembre 2002 - Partenza da Kengtung
Dopo pranzo ancora un salutino ai bambini di Bonetta che sono usciti da scuola e sono venuti a casa apposta per salutarci e abbracciarci ancora una volta ... e partiamo per l'aeroporto. Con noi vengono tutte le suore e le ragazze novizie. L'aereo non c'è ancora, ci sediamo in un bar locale e subito ci portano caffè, latte, biscotti e ... aglio piccante...
Ora il cancello in legno che introduce all'aeroporto si apre, ci salutiamo, ci baciamo, ci abbracciamo e ingoiando per mandare giù quel brutto nodo in gola che non vuole andar via, entriamo.
La paura
Un militare controlla i nostri passaporti, vedo che ha una scheda in cui, ci spiega Sr Cecilia, sono segnati tutti i nostri spostamenti da quando siamo arrivate. Mettiamo i bagagli su un tavolo e iniziano ad aprirceli. I bagagli di Sr Cecilia e di Rita passano, ma appena aprono la mia valigia vedono i miei appunti scritti al PC sulle mie lezioni e una donna militare si insospettisce, forse pensa che io sia una giornalista, si consulta col collega, li sfoglia (ovviamente senza capirci nulla)... Chiedo a Sr. Cecilia cosa dice, cosa sta accadendo, le dico di spiegarle che sono miei appunti di lavoro... Ma suor Cecilia è come impietrita, le mascelle contratte, gli occhi stretti a fessura, non l'avevo mai vista così e mi preoccupo... lei a mezza voce mi sussurra di stare zitta e non dire nulla...
Capisco che la situazione si sta facendo difficile quando la donna chiama il suo capo, nel frattempo continua a rovistare nella mia valigia e trova le schede dei bambini con le foto per l'adozione a distanza che mi ha dato sr Cecilia da portare in Italia, a questo punto si agita, alza la voce, e domanda nervosamente a Sr Cecilia cosa vuol dire, perché io ho quelle schede...
Rita incoraggiante mi sussurra all'orecchio: "Se ti arrestano faccio finta di non conoscerti, così avviso il Consolato"...
Sr. Cecilia cerca di spiegare che quelle schede sono solo ricordi che portiamo con noi e che magari un giorno potremo mandare loro qualche aiuto... la donna militare sembra non essere affatto convinta. Io comincio a sentirmi a disagio e temo che mi aprano le lettere che ho nella valigia, sono le lettere dei bambini ai loro genitori adottivi a distanza, sono in birmano e lei le capirebbe e si capirebbe che promuoviamo le adozioni a distanza, che ovviamente sono vietate: il governo birmano non può ammettere che il suo popolo abbia bisogno di aiuto, sta già così bene...
Non c'è altro da fare e quindi inizio a pregare e così pure Sr. Cecilia e Rita...
Dopo consultazioni, voci concitate, vediamo che discutono tra di loro su che posizione prendere e... infine, con malagrazia miracolosamente decidono di farmi passare... Ma non è finita, mi aprono l'altra borsa e trovano i negativi delle foto, nuovamente si agitano, ma a quel punto io sono oramai tranquilla e dico che se vogliono possono anche tenerseli... Con stizza me li tirano in valigia e ci lasciano andare...
Passato il controllo, una volta sedute in attesa dell'aereo, sr Cecilia ci confessa che lei ha rischiato 7 anni di carcere e io qualche mese, in attesa che l'Ambasciata italiana mi reclamasse...
Fiuuuuuuu!!!! Mi viene caldo e freddo insieme....
9-10 novembre Yangon
Ultimi due giorni a Yangon: solito caldo insopportabile, ultime visite alla città, la nostalgia della missione di Kengtung comincia a farsi sentire... Tra poche ore sarò nuovamente nel 'mio' mondo...
Ma non sono più assolutamente certa che questo dove ora vivo, da dove vi sto scrivendo, a Torino, in Italia, sia il 'mio' mondo.
Oramai sono qua da quasi un mese, ma il mio cuore inspiegabilmente è ancora là, non passa giorno o notte che non mi scopra a pensare: "cosa faranno? L'orfanotrofio sarà in costruzione? Quanti bambini dobbiamo adottare per migliorare Ton Qua? E nel frattempo, miracolosamente arrivano nuove adozioni, nuovi aiuti... E mi do da fare perché oramai conosco quei piccoli volti, vedo le condizioni in cui operano quelle suorine e so che ora il mio compito è qui, per inviare loro aiuti.
Ora so con certezza che questa è la mia missione, e so che la porterò avanti insieme a tutti voi amici che mi leggete e a tutti i 'miei' clown. Aiutateci ad essere i "missionari della gioia"!
Condividete con noi questo altissimo ideale e insieme, con l'aiuto di Dio lo porteremo avanti.
Un giorno, quando dissi per la prima volta la frase: "siamo missionari della gioia" fui contrastata, alcuni volontari-clown mi risposero: "i missionari sono persone che vanno nel terzo mondo e noi siamo solo piccoli clown, non montiamoci la testa, noi non siamo missionari..."
Ma oggi posso dire con cognizione di causa: "No, non è vero! Non siamo solo 'piccoli clown', siamo grandi "missionari della gioia divina", perché non c'è niente di più grande e di più bello che vedere ridere con gioia i nostri fratelli sofferenti, che sollevare gli animi di chi ha tanto sofferto. Ed è questo che io continuerò a fare con il vostro aiuto là dove Dio ci ha inviati.
Ognuno di noi ha un compito, ognuno di noi è una goccia, ma come dice Madre Teresa, tante gocce fanno l'oceano e noi stiamo 'costruendo' un oceano di gioia.
Ringrazio tutti coloro che mi stanno aiutando a sostenere i bambini birmani,e vi segnalo il nuovo sito della nostra/vostra missione: www.vip-missione.org
Grazie per aiutarmi ad aiutare!!!
Marilù-Aureola
FINE
“Diario di viaggio – Myanmar 2002”
Diario di Bordo - "Missione Birmania" di Maria Luisa Mirabella (clown Aureola)
(1)
11 novembre 2002 - Torino
11 novembre, ore 11.00 l'aereo atterra a Torino Caselle, si è conclusa una grande avventura, si è rientrati nel "mondo civile". "Ma è questo il mondo civile?" A Roma, mentre aspettavo di imbarcarmi sull'aereo per Torino vedevo la gente fare colazione al bar dell'aeroporto, un caffè, una brioche e via! E pensavo alle nostre colazioni birmane (ah, ah, ah...). L'aereo Roma-Torino ha un'ora di ritardo, ma niente ha più la capacità di smuovermi, sono molto stanca, ho dormito pochissimo in aereo, ma sono allo stesso tempo stranamente rilassata. Indosso un vestito shan (tribù birmana) e mi sento ancora una di loro, per caso in visita in Italia, rimango seduta, mentre Rita, la mia compagna di viaggio, va avanti e indietro per l'aeroporto. Osservo la gente, gente elegante, cappotti, stivali all'ultima moda, borse in pelle e so che il 'mio' mondo è anche questo, ma mai come ora mi sono sentita nel mondo ma non 'del mondo'.
Arriviamo a Torino e mentre aspettiamo i bagagli, subito si fa viva l'impazienza: "Non arrivano, li avranno imbarcati?", un poliziotto gentilmente ci avvisa che i bagagli provenienti da fuori Europa arrivano da un'altra parte, e così li recuperiamo e usciamo ad abbracciare i nostri cari che ci aspettano fuori.
E' bello riabbracciare chi ami, è bello rientrare a casa, è bello avere la luce, poter comunicare via PC, poter fare un bagno caldo. Arrivo a casa e accendo il cellulare, e il PC, piccoli gesti che fino a un mese fa erano gesti quotidiani e che oggi assumono il sapore di un avvenimento "strano". Il cellulare inizia a fare 'bip bip', cominciano ad arrivare gli sms degli amici, il telefono suona, ed io non sono ancora presente... che differenza dal grido dei corvi, dal suono armonioso della lingua birmana, dalla campanellina che ci chiamava per pranzo o cena, dalle risate di Suor Cecilia Daw Daw... Cecilia, "Madre mia" (così soprannominata da noi perché ci guardava, guardava suor Sandra e abbracciandoci con una voce dolcissima sussurrava: "Madre mia"!) ed ecco che insieme ad una lacrima si affollano i ricordi, i volti, gli abbracci, i volti dei bambini, delle suore, e inizia il percorso a ritroso... Ecco che questa esperienza così viva fino a ieri, oggi fa già parte del passato, e con chi ripercorrere questo passato se non con voi, fratelli e sorelle mie che ci avete seguito con tanto affetto?
Siete pronti??? E allora eccovi il diario di bordo della "Missione Birmania" dove racconto i momenti più salienti di quest'avventura.
Vostra Marilù (e per i clown Aureola)
21 ottobre - Yangon
21 ottobre ore 19.00 locali l'aereo atterra a Yangon. Un caldo tropicale ci accoglie. Ci mettiamo in fila per timbrare i passaporti all'immigrazione, le pratiche sembrano essere lunghe... vedo al di là della linea di separazione un signore indiano che ha un cartello con sopra il mio nome, una volta bollato il passaporto, con una velocità impressionante costui (scopriremo poi che si chiama Peter Rock ed è il factotum delle suore e vescovi della missione), oltrepassa la barra, ci prende i passaporti, i biglietti aerei, confabula velocemente con i militari e ci dice che dobbiamo cambiare solo 100 $ a testa (la somma che normalmente viene chiesto di cambiare ai turisti è 300 $) in FEC, Foreign Exchange Certificate, la seconda valuta legale del Myanmar. Stampate in Cina, queste banconote, che ricordano i soldi del Monopoli, sono emesse dalla Central Bank of Myanmar per la 'comodità' dei turisti. Firmiamo la dichiarazione di non avere niente da introdurre in Myanmar, ma poi Peter si accorge che io ho una catenina d'oro e me la fa dichiarare. Afferrati da Peter Rock corriamo verso la dogana e sempre correndo e senza capire cosa stia succedendo... ci ritroviamo fuori. All'uscita i vestiti ci si appiccicano addosso, cominciamo a grondare dal gran caldo e abbracciamo suor Cecilia Daw Daw che ci aspettava felice e sorridente.
Lungo la strada che dall'aeroporto porta alla casa di delegazione delle suore della Provvidenza notiamo tanti bonzi buddisti, ci spiegano che oggi è la loro festa più importante, equivalente al nostro Natale. Ci sono ovunque bancarelle, canti, fuochi d'artificio...
La casa delle suore di Yangon è stata loro regalata da un benefattore che era stato curato da loro, è in stile coloniale, pavimento in legno lucido e ventilatori al soffitto. Noi dormiremo in una grande stanza con letti fatti di assi di legno con una stuoia e un mini materassino bitorzoluto sopra, il tutto ricoperto da una zanzariera. Per fortuna a Yangon c'è la luce, così teniamo tutta la notte il ventilatore acceso. Nella casa ci sono due suore: Suor Cecilia e Suor Dominique, entrambe birmane. inoltre ospitano alcune ragazze venute a Yangon per studiare, e dato che la scuola è chiusa per la festa buddista, rimangono a dormire da loro.
Sembrano tutte timidissime, ci salutano porgendoci la mano destra, mentre sostengono il braccio destro con la mano sinistra e si inchinano, scopriamo che questo è il modo di salutare birmano. Suor Cecilia ci ha fatto trovare vestiti birmani più comodi, abiti e due gonne. Le gonne birmane le adotterò come mio capo di abbigliamento preferito.
Ceniamo e ci rimpinziamo di papaya. Dopo cena ingaggio una dura lotta con uno scarafaggio grosso stile lucertola che presidia il bagno e vince lui (io scappo!).
Andiamo a dormire o per lo meno ci proviamo con pochissimo successo. E' terminato il nostro primo giorno a Yangon.
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Yangon (ex Rangoon)
Passo la notte in uno strano dormiveglia, il caldo è soffocante e dormire avvolta in una zanzariera non è il massimo del comfort... Alle 6 ora locale mi sveglio, i suoni che ascolto sono stridii molto forti, ad emetterli sono uccelli scuri come corvi. Mi vesto con gli abiti locali e facciamo colazione. Faccio un giro per la casa delle suore, è povera ma pulita e dignitosa, scatto qualche foto (che vi invio). Usciamo in giro per la città con la macchina che il vescovo ha lasciato a nostra disposizione, inclusa del suo autista.
Attraversiamo la città, in certi punti, soprattutto al centro si vede proprio un senso di abbandono, case fatiscenti, muri pieni di umidità, ammuffiti. I 'bar' sono bui, sporchi.
Longyi
Sia uomini che donne indossano il 'longyi'. Mi dicono che solo il 10% dei maschi porta i pantaloni. Il longyi (che oramai io ho adottato stabilmente) è un indumento particolarmente pratico, nel caldo dei tropici la gonna di cotone tiene le gambe molto più fresche di qualsiasi tipo di pantaloni. I longyi non hanno taglie: si può allentarlo dopo un pasto abbondante e non è necessario rifare il guardaroba se ingrassate o dimagrite. Un longyi di ricambio non è un semplice indumento: si trasforma in una tracolla per portare dei pesi quando si viaggia, può diventare un lenzuolo, una tovaglia da pic-nic, può essere usato come culla per un bambino...
Gli uomini usano stoffe a quadri piccoli o a righe, per fermare il longyi uniscono i due lembi sul davanti e quindi li legano con un mezzo nodo. Una delle due estremità viene fermata in vita mentre l'altra può essere lasciata pendere fuori e può essere trasformata in una piccola tasca. Sul longyi indossano una t-shirt o l'elegante camicia col collo alla coreana. Le donne per il longyi usano stoffe più colorate e lo annodano al fianco.
Non si vede nemmeno una donna con la gonna corta o con i pantaloni. Suor Cecilia ci spiega che è vietato e soprattutto non si possono esibire scollature né camicette o magliette senza maniche. Le calzature più diffuse sia per uomini donne o bambini sono le ciabatte infradito di gomma o di velluto.
Shwedagon Paya
Arriviamo a quello che si può definire il S. Pietro o la Mecca del Buddismo: La Shwedagon Paya, definita da Kipling "un mistero dorato" . E' un vero spettacolo mozzafiato. Quando il sole proietta i suoi ultimi raggi sulla cupola color arancione della grande Shwedagon Paya si sente nell'aria un'atmosfera magica. Nella calura del giorno lo stupa (monumento religioso buddista) ha un brillante colore dorato. Per i buddisti birmani è il luogo più sacro di tutto il paese. La sua grande cupola si erge fino ad un'altezza di 98 m. Ha 4 entrate (Nord, Sud. Est, Ovest). Secondo la leggenda questo stupa ha 2500 anni e si narra di due fratelli mercanti che incontrarono in Buddha, il quale diede loro 8 suoi capelli da custodire come reliquia in Myanmar. Le reliquie furono messe al sicuro in una camera, sopra la quale fu posta una lastra d'oro ed eretta una pagoda anch'essa completamente d'oro... Questo è quanto dice la leggenda...
Il vedere questo complesso mi lascia ammutolita, entriamo togliendoci le scarpe e passeggiamo tra la gente che prega, offre fiori, frutti, incensi, l'aria è molto calda, l'umidità fortissima, ma a Shwedagon si respira un'aria magica. Cammino praticando la Meditazione camminata e mi sembra di sentire, passando davanti ad ogni tempio, la benedizioni dei Maestri. Restiamo lì tutta la mattina, ma personalmente ci sarei rimasta tutto il giorno.
Al ritorno percorriamo la via principale di Yangon: strade larghe, traffico scorrevole, sui marciapiedi ogni sorta di mercanti, venditori di frutta, vestiti, piccoli bar stradali dove vendono bibite, roba da mangiare, granite... Noto che non c'è nessuno che chiede l'elemosina e i venditori non ti perseguitano come spesso accade nelle città arabe.
A casa
Arriviamo a casa a mezzogiorno ed è subito ora di pranzo: riso, zucchine, insalata, brodo, patate...
Inizia a piovere a catinelle, con tuoni spaventosi (residuo di monsone)... Il pomeriggio lo trascorriamo in un centro commerciale a fare la spesa. Noto che c'è tutto, molti prodotti di esportazione, anche la nostra pasta Agnesi. In questo centro commerciale ci sono persone più di alto rango, per la prima volta vedo qualcuno con dei cellulari. I prezzi sono molto bassi in confronto ai nostri...
Ore 18.00 cena a lume di candela, il monsone ha fatto saltare la luce...
E' trascorso il secondo giorno a Yangon, domani arriverà Suor Sandra dall'India e andremo alla missione a Kengtung.
L'impressione che ho è di serenità, pian piano questo popolo così gentile, così delicato mi sta entrando nel cuore. Inoltre sono letteralmente innamorata di Suor Cecilia, è uno spettacolo! Sentirla parlare in italiano è uno spasso...
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Yangon + Kengtung
Il mercato
Alle 8,00 usciamo per recarci al mercato di Boyoke Aung San e Theingyi Zei. fa già molto caldo, sento la pressione abbassarsi, camminiamo lungo il marciapiede, ci osservano, sorridono, certamente sembriamo loro molto strani. Un uomo anziano cieco con un bambino in braccio cerca refrigerio sotto un albero, il bambino sembra malato. Ci avviciniamo per lasciargli un'offerta, rimane molto stupito e Suor Cecilia gli spiega che vogliamo aiutarlo a comprare medicine per il bambino, ringrazia molto dignitosamente. Lungo i marciapiedi vendono cibo cotto, ogni genere di cibo...l'odore è sempre diverso e molto forte. Si suda solo a respirare. Le donne hanno tutte un ombrellino per difendersi dal sole e sulla faccia hanno come una maschera gialla. Sr Cecilia ci spiega che serve a difenderle dal sole e a rendere secca l'epidermide che trasuda molto con il caldo. La polvere, che poi mischiano ad acqua, si ottiene sfregando un pezzetto di legno particolare. Ci sarebbe da fotografare tutto, c'è una povertà incredibile.
Arriviamo al mercato, è molto buio, non asfaltato, vendono di tutto, dall'abbigliamento alla frutta.
Dopo una mattinata trascorsa nel luogo più caratteristico della città, il mercato, non posso non fare una considerazione: indubbiamente si tratta di un popolo molto povero, ma molto dignitoso. Ricordo i mercati arabi, i mercati dell'America latina, dove i turisti vengono letteralmente 'assaltati' dai venditori, dai poveri... Qui non è mai avvenuto. Ci guardavano incuriositi, se chiedevamo un prezzo gentilmente ce lo fornivano, ma mai nessuno ci ha 'forzato' a comprare, nessuno ci ha disturbato mai. Sembrano lavorare con rassegnazione, calma, nessuno grida, sono molto gentili, sorridono sempre, salutano, si fanno fotografare volentieri.
Un bonzo ci avvicina e ci porge il suo ventaglio per farci l'onore di dargli un'offerta che lui non toccherà...
E a questo punto, per farvi capire i sentimenti di questo popolo devo fare un inciso e spiegarvi cosa vuol dire un monaco buddista per i birmani.
I bonzi
I monaci (bonzi) si alzano di buon ora al suono di una campana di legno, aggiustano il vestito con il quale hanno dormito, si lavano e si radunano davanti alla statua del Buddha per le loro orazioni; infine promettono al superiore di osservare la regola. Poi chi si ritira a far pulizia, o ad annaffiare le piante e chi a meditare. Verso le 6,30 prendono colazione e alle 7 escono (ed è bellissimo vederli in fila indiana lungo le strade) per la questua. La questua in Birmania è considerata uno dei principali doveri del bonzo. Durante la questua il bonzo incede solenne per la via, avvolto nel suo manto rosso scuro, le sue mani sostengono innanzi al petto una grande ciotola nera destinata a ricevere le offerte. Si sofferma silenzioso innanzi ad ogni casa, una donna o una ragazza lo attende per offrirgli riso cotto, intingoli, dolciumi e altro oggetti utili. Le donne si alzano all'alba per preparare quel cibo prelibato con la gioia di acquistare grandi meriti, sorridendo consegna la sua offerta al bonzo. Questi accetta senza ringraziare e prosegue verso altri devoti. I devoti gioiscono nel vedere le loro case onorate.
Perché i bonzi nel ricevere le offerte non ringraziano? Perché essi fanno un favore ai fedeli degnandosi di ricevere l'elemosina, perché danno ad essi occasione di guadagnarsi dei meriti.
Finito il giro più o meno lungo di questua ritornano al convento dove, offerto al Buddha il cumulo delle offerte, vanno a pranzo. Essi dovrebbero mangiare ciò che hanno raccolto nella questua, ma generalmente danno tutto ai ragazzi che frequentano la scuola del convento, ed agli animali, cani specialmente che abbondano nei dintorni del loro recinto. Al ritorno, infatti, i monaci hanno trovato dei cibi gustosi mandati dalle famiglie ricche.
Dopo pranzo ognuno passa il tempo come meglio crede. Il superiore riceve i visitatori intrattenendosi su vari argomenti. Dopo mezzogiorno non possono toccare più cibo. Nel tardo pomeriggio è permessa ai bonzi una passeggiata, ma dopo il tramonto tutti dovrebbero essere in convento. Verso le 21.00 si radunano innanzi alla statua del Buddha per cantare alcune preghiere poi, dopo le tre rituali prostrazioni al Buddha e al superiore, se ne vanno a dormire.
Il birmano, nella sua fede buddista, credendo i acquistare meriti, provvede giornalmente al sostentamento abbondante di uno stragrande numero di religiosi, che nulla possiedono, nulla acquistano. Questi devono professare stretta povertà, dovrebbero aborrire il denaro al punto di non toccarlo neanche. I fedeli costruiscono per loro splendidi monasteri e non lasciano mancare loro né le vesti né le comodità della vita. In ogni festa il primo pensiero del buddista è per i bonzi, ai quali offrirà cibo, leccornie, vesti e oggetti. Lo stato, in occasione di feste nazionali imbandisce pranzi ufficiali a un gran numero di bonzi nelle varie città. Spesso dei comitati raccolgono dalle famiglie doni di ogni genere per i monaci e li portano ai conventi in processione a suono di banda.
A tale generosità si deve aggiungere la venerazione per il bonzo, poiché in quella toga egli è il simbolo ovvero il discepolo vivente del Buddha. Innanzi a lui uomini e donne si tolgono i sandali, si inginocchiano anche in strada.
Sul piano sociale ogni birmano i sesso maschile è tenuto a prendere temporaneamente parte alla vita monastica per due volte nella propria vita: una prima volta tra i 5 e i 15 anni ('samanera': novizio) e una seconda dopo i 20 anni ('pongyi', monaco che ha preso i voti). Uno famiglia acquista grande merito quando uno dei suoi membri prende l'abito monacale. Un samanera deve seguire i 10 precetti. NON: rubare, mentire, uccidere, fare uso di alcolici, e avere rapporti sessuali, mangiare dopo mezzogiorno, ascoltare musica, danzare, portare gioielli, profumi, dormire su letti alti e accettare denaro per uso personale. Il periodo di noviziato dura da 1 a due settimane, ma di solito 9 giorni sono di buon auspicio (il 9 è il numero fortunato in Birmania).
Si ritiene che attualmente in Myanmar ci siano 250.000 monaci.
A rigor di termini il buddismo non è una vera e propria religione, perché non si basa sull'adorazione di una o più divinità; è piuttosto un sistema psico-filosofico. Al giorno d'oggi sotto il nome di buddismo si raccoglie una varietà di interpretazioni del credo fondamentale che tuttavia partono tutte dall'illuminazione di Siddhartha Gautama, avvenuta nell'India settentrionale circa 2500 anni fa. Siddhartha Gautama non fu il primo Buddha e non si ritiene sia l'ultimo. Il Buddha (l'Illuminato) non fissò in forma scritta i suoi insegnamenti e lo stesso fecero i suoi discepoli. Per questo motivo, un migliaio di anni dopo la morte di Gautama si verificò uno scisma che diede origine alle due scuole buddiste più importanti ancora oggi:
1) la scuola 'Theravada' che sostiene che per raggiungere il Nirvana (fine ultimo di ogni buddista), bisogna compiere con diligenza e individualmente il cammino verso la propria salvezza. In altre parole ogni individuo singolo è padrone del proprio destino spirituale. Si può raggiungere la felicità solo arrivando ad uno stato di completa saggezza e annullamento di ogni desiderio. Per fare ciò bisogna dedicarsi all'introspezione e controllare la propria mente tramite la meditazione
2) La scuola 'Mahayana' che sostiene invece che gli individui dovranno rinunciare al conseguimento del Nirvana fino a quando tutta l'umanità non sarà pronta per la salvezza. Fine del buddismo in questo caso è il raggiungimento dello stato di bodhisattva o 'potenziale Buddha'. I buddisti mahayani si riuniscono in gruppi per praticare insieme e per aiutare gli altri ad illuminarsi. Dando molta importanza alla compassione, all'amore, alla tolleranza.
In Myanmar si pratica il buddismo theravada, i mahayani sono meno dell'1%.
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Vi prego di scusarmi questa introduzione al buddismo, ma è uno studio che ho preferito fare in questo soggiorno in Myanmar, e mi è sembrato utile trasmettervelo per capire la mentalità del popolo birmano.
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24-10-02 -Lezione di lingua birmana:
Grazie: ce-zu-ti-ma-re caldo: pu-de sì: houq-keh no: mahouq-p'ù
Da questo capirete cosa vuol dire trovarsi al massimo dell'incomprensione... meno male che ci sono i gesti universali e soprattutto il sorriso.
Nottata di lotta tra zanzare e caldo, la parte più difficile è stata aspettare che arrivasse l'alba... In questa notte insonne mi chiedo: "Ma perché sono qui? Cosa c'entra la Birmania con la mia vita? Che karma mi porta qui?" Mi sembra di avere molti privilegi tutto sommato in confronto a queste povere persone così provate da una guerra estenuante protrattasi per più di trent'anni.
E' arrivata Suor Sandra, la 'formatrice' delle Suore della Provvidenza di Roma. E' una donna allegra, solare, abbiamo la stessa età e le stesse convinzioni profonde, tra noi c'è una grande intesa.
Carichiamo i bagagli e scortate da Peter Roch andiamo all'aeroporto per partire alla volta della Missione a Kengtung. L'aeroporto dalla parte dei voli nazionali è molto caotico, appena arriviamo un nugolo di facchini lottano per contendersi le nostre valigie. Peter efficientissimo e veloce come un fulmine si occupa di tutto. arriviamo in una sala dove ci sono grandi bilance. La scena è abbastanza ridicola, i nostri bagagli, più i 10 sacchetti delle suore contenenti cose comprate a Yangon e da portare a Kentung, vengono messi e tolti dalla bilancia come nel gioco dei bussolotti. Alla fine lasciamo a Yangon 2 assi da stiro, e 4 sacchetti contenenti veli per il capo delle suore e libri sacri. Ci sediamo in sala d'aspetto davanti a un cartello che indicava il numero del volo. Al momento della partenza una ragazza arriva, prende in mano il cartello e cammina per la sala d'attesa indicando che bisogna imbarcarsi.
L'aereo è piccolo ma stracolmo, dato che siamo religiosi abbiamo la seconda fila (la prima è destinata all'esercito). L'aereo fa 4 scali prima di arrivare a Kengtung. Il volo è così movimentato che buona parte dei passeggeri vomitano (vi tralascio i particolari...). Nell'ultimo pezzo, da Mandalay a Kengtung, noi siamo le uniche 3 (Rita, Sandra ed io) con le facce bianche.
Al nostro arrivo a Kengtung ci accolgono 5 suore birmane, simpatiche e sorridenti ci portano immediatamente alla Missione, che è composta da una casa grande di delegazione e a circa 500 metri l'orfanotrofio Bonetta. Prima di entrare nella missione delle suore si passa per l'RCM (Roman Catholic Mission), la zona dei missionari cattolici diocesani. Le suore ci portano subito a casa del vescovo Abram, ha 76 anni, è birmano, ma parla molto bene l'italiano. Ci offre tè, frittata e frutta, mi dà grosse manate sulle spalle e ci ringrazia per essere venute...
Una volta liberatici del vescovo proseguiamo a piedi per la casa di delegazione, e, appena imbocchiamo il viale vediamo sul porticato della casa un grande cartello con scritto: BUONGIORNO! BENVENUTE! Ai lati del viale ci sono tutti i bambini di Bonetta che battono le mani... Mi prende una grande commozione e un nodo in gola e da quel momento vedo tutto attraverso un velo. Piccole manine mi prendono le mani, e il velo davanti agli occhi diventa un vero e proprio pianto quando tanti volti con gli occhi a mandorla ci cantano in italiano "Aggiungi un posto a tavola".
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Kengtung
Dopo la forte commozione dei canti dei bambini, dopo aver stretto la mano a tantissime piccole manine e aver conosciuto le suore delle varie missioni: Sr Teresa (Kengtung, direttrice), Sr Lorenza (Kengtung, direttrice delle novizie), Sr Rebecca e Sr Johanna (Orfanotrofio Bonetta), Sr, Agnes (Loimwe), Sr, Natalia (Pha Do), Sr, Crecentia (Pha Do), Sr Benedeta (Pha Do), Sr Clair ... dobbiamo recarci immediatamente all'Ufficio di Immigrazione, così molliamo tutto , saliamo sulla jeep e arriviamo all'ufficio di polizia di Kengtung.
Ufficio immigrazione
Mi sembra di vivere in un film: alcuni poliziotti lavorano al buio, tutto è vecchio, sporco, buio, per terra come pavimento una tela cerata che avrebbe dovuto essere linoleum... sui tavoli (scrivanie) una tovaglia di carta bianca coperta da tela cerata trasparente. Saliamo al piano di sopra per una scaletta di legno buia. Alcuni poliziotti lavorano in un balcone, nella saletta dove entriamo noi ci sono 2 impiegati,m sono tutti militari. Ci portano le sedie e ci ammassiamo l'uno sull'altro. IL poliziotto che stila il verbale lo avevamo già visto all'aeroporto, è alto (strano per un birmano) e grasso (strano per un birmano), ha la bocca e i denti completamente rossi, dal tanto masticare noci di betel. [Betel: noce della palma areca che viene masticata in tutta l'Asia, colora di rosso denti e bocca e ha un blando potere stupefacente].
Sr Cecilia ci dice che è gentile e forse ci permetterà di dormire alla missione. Mentre lui scrive le notizie di minuto in minuto cambiano: possiamo dormire alla missione, no non possiamo, possiamo dormire in albergo solo una notte, no, Sr Sandra può dormire alla missione, noi no, no, nemmeno Sr Sandra può dormire alla missione... Mentre lui sta ancora scrivendo arriva il capo ufficio, lui non è in divisa e Sr Cecilia ci dice che fa parte della polizia segreta. Tutto si chiarisce: Noi 2 non possiamo dormire in missione. Dobbiamo andare in Hotel.
Mentre usciamo un po' demoralizzate, il 'grasso' ci dice di andare a chiedere alle suore di un'altra missione per vedere come hanno fatto loro quando sono arrivati loro ospiti. E così facciamo, si tratta delle Suore di Maria Bambina, e ci dicono di 'far finta' di dormire in albergo, pagarlo, farci vedere dall'albergatore e poi dormire in missione. nel frattempo torniamo alla casa delle nostre suore e sr Cecilia si mette a scrivere una lettera per l'immigrazione per Sr Sandra, affinché almeno lei possa dormire in missione, ci mette quasi un'ora a scriverla in birmano a macchina e quindi esce e va a consegnarla. Al suo rientro Sr Sandra ha avuto l'autorizzazione, noi no. Ceniamo e ci rassegniamo ad andare in hotel.
L'hotel
Il proprietario dell'hotel è sorridente e gentile, ha occhi molto comunicatovi e buoni. Ci dice che dobbiamo pagare 10 $ a testa per notte e acconsente a far finta che noi dormiamo in hotel, ma questa notte dobbiamo davvero dormire in hotel, perché lui sa che la polizia verrà a controllare. Siamo stanchissime, non abbiamo più la forza di discutere, quindi ci facciamo mostrare la stanza, salutiamo le suore e rimaniamo sole.
La stanza è grande, ha la luce al neon, ma è attivo il generatore perché la sera a Kentung non c'è luce. C'è un letto matrimoniale + 1 singolo. Il 'bagno' (si fa per dire) è al buio, c'è un minuscolo lavandino e un water. Il Lavandino non ha scarico, appena si apre l'acqua ci cade sui piedi. Sul muro un tubo fa da doccia. Sotto il lavandino un grosso buco aperto fa andar via l'acqua. Ci soffermiamo con perplessità a guardare quel buco e ci chiediamo dove vada a finire e cosa possa venire da lì... Diamo un'occhiata ai muri e per terra. Sui muri ci sono le lucertoline bianche, così spostiamo i due letti e li mettiamo in mezzo alla stanza per paura che ci vengano sul letto. La stanza non può decisamente definirsi 'pulita'... Ci ridiamo su e siamo così stanche che di certo dormiremo...
Una volta a letto, io nel piccolo e la mia amica Rita nel matrimoniale, spenta la luce, tutti i rumori della giungla li sentiamo noi: corvi (?), civette (?) gufi (?) insomma ci sembra di essere in piena selva. Arrivando non abbiamo visto dove era situato l'hotel perché era buoi e ora abbiamo la netta sensazione di essere su un letto in mezzo alla foresta. Dopo qualche minuto sentiamo il rumore di un carro-armato (?) e ci chiediamo come mai... L'emozione, la paura ci fa scappare la pipì, quindi ci alziamo e insieme andiamo in bagno... Al ritorno la mia amica ha una crisi e si mette a piangere. La tranquillizzo e cerco di farle un rilassamento per farla dormire... passano altri 2 carro-armati e per completare la situazione inizia a piovere fortissimo (residuo di monsone ?).
Dico a Rita che vado nel letto con lei, così possiamo farci più compagnia... Per l'ennesima volta cerchiamo di dormire (è all'incirca l'1 di notte...), sembriamo tranquillizzarci e mentre sto per calare nel sonno, la mi amica mi abbraccia forte forte pronunciando parole sconnesse del tipo: "Signore non ci abbandonare! S. Francesco aiutaci tu!" le chiedo cosa è successo e lei mi sussurra nell'orecchio: "Non muoverti, ci sono i topi!" Trascorriamo il resto della notte fino all'alba parlando, pregando, ridendo istericamente... Alle 6,00 ci alziamo, andiamo in bagno, torniamo a letto lasciando la luce accesa e dormiamo dalle 6 alle 7.
Alle 8,00 arrivano le suore e nel raccontare loro la nostra avventura notturna, dopo esserci fatte un sacco di risate, giuriamo che in quella stanza non avremmo più messo piede a costo di tornare in Italia. Prendiamo accordi con l'albergatore e rimaniamo d'accordo che ogni giorno ci saremmo fatte vedere almeno una volta e poi avremmo dormito alla missione.
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26 ottobre - Orfanotrofio "Bonetta"
E' sabato, 26 ottobre. Aspettiamo che finisca di piovere e, a piedi, in mezzo al fango dalla casa di delegazione della missione andiamo all'Orfanotrofio Bonetta, che prende il nome dal suo fondatore, Monsignor Bonetta, un missionario del PIME. In linea d'aria dista circa 500 metri dalla casa delle suore. Questa più un altro pezzo è la strada che tutti i bambini di Bonetta la mattina percorrono alle 5,00 per andare a messa e poi a scuola (la scuola inizia alle 6,00). A Kentung non fa caldo in inverno, il villaggio è a circa 700 metri di altezza. Oggi che piove in effetti abbiamo un maglione addosso.
Arrivando vediamo l'orto coltivato dalle suore, è grande e ben tenuto e, ci spiega Sr Cecilia, dà autonomia di verdure a Bonetta.
I bambini ci aspettano dentro, piove e fa abbastanza freddo. Sono circa 70 bambini dai pochi mesi (Angelina), due anni (Colò) a 12 anni. I bambini intonano un canto e Sr Cecilia ce lo traduce, dice pressappoco così: "E' bello che voi siete venute da lontano a trovarci, perché noi siamo fratelli e crediamo che non esiste il lontano. Forse non conosceremo mai la vostra terra, ma se voi siete venute qui è perché ci volete bene."
Ringraziamo i bambini e Sr Rebecca che ha insegnato loro il canto e tiriamo fuori dalle nostre borse i palloncini, (per chi non lo sapesse la nostra associazione VIP ViviamoInPositivo, si occupa della formazione e organizzazione dei Clown di corsia, io ne sono la fondatrice e formatrice, il mio nome d'arte è Aureola, e Rita che è venuta con me, è una volontaria-clown, in arte Pulce). Mentre gonfiamo i palloncini rotondi grandi e li facciamo volare verso i bambini, questi ci guardano con le faccine stupite, poi facciamo loro capire che possono giocare con questi palloncini e iniziano a giocare, ridendo... Noto subito che sono quasi 'composti', non c'è competizione, no c'è agitazione, giocano con delicatezza, sembrano piccoli angeli che giocano con palloncini colorati (ricordo che si tratta di circa 70 bambini!). Faccio qualche scultura di palloncini e la regalo: coccinelle vengono messe al braccio delle bambine, cagnolini, cigni, copricapi... Tutti le ricevono sorridendo, ma nessuno chiede nulla, nessuno si accalca...
Pulce-Rita tira fuori dalla borsa le bolle di sapone, che gioia!!! Iniziano a seguirle con le manine, cercano di prenderle. Sr Cecilia, Sr Sandra e Sr Rebecca sono stupite e felici, ci dicono che è la prima volta che i bambini vedono le bolle di sapone. Faccio cenno a Rita, indossiamo i nostri nasi rossi e partiamo con la gag del 'ciapa-ciapa'. Facciamo finta (tutto a gesti per farci capire) di essere arrabbiate l'una con l'altra, io la prendo per le orecchie e poi giochiamo a sfidarci a duello, io nel gioco fingo di essere caduta a terra, e poi la gag continua con una serie di finti svenimenti... I bambini oramai sono entrati nel gioco e si sganasciano letteralmente dalle risate. Basta che alziamo una mano e loro giù a ridere, li guardiamo con complicità e giù a ridere...
Decidiamo di coinvolgerli in un 'ban', canto e ballo con gesti che si fa in gruppo (usato dagli scout) e insegniamo loro "Sciusciuscià": "Pollice destro avanti ... ecc... Ripetono tutte le parole e i gesti che facciamo, ridono come matti e oramai sono totalmente coinvolti. A questo segue un altro ban: "Se sei felice" e poi ... Udite clown udite: insegniamo loro la canzone del "Coccodrillo". Avrei voluto avere un registratore per farvi sentire come veniva con l'accento birmano il coccodrillo...
E' quasi ora di pranzo, ma ho talmente voglia di abbracciarli tutti che decido di insegnare loro la 'meditazione dell'abbraccio' (il sangha sa a cosa mi riferisco...): faccio venire un bambino di fronte a me, ci si inchina l'uno all'altro e poi si aprono le braccia e ci si abbraccia facendo insieme 3 respiri. E' stato stupendo!!! Li abbiamo abbracciati tutti e soprattutto abbiamo insegnato loro ad abbracciarsi tra di loro.
Sr Cecilia mi ha spiegato che non è usanza birmana abbracciarsi, ci si stringe solo la mano, tenendo il braccio destro con la mano sinistra. Quindi quei bambini era la prima volta che venivano abbracciati... ma a loro è piaciuto tantissimo e (come vedrete più avanti) ce lo hanno dimostrato quando siamo partite da Kengtung.
E' spuntato il sole e adesso fa caldo, le suore di Bonetta (Rebecca e Johanna) ci offrono tè, frutta, poi andiamo a visitare l'orfanotrofio.
L'orfanotrofio è in condizioni pietose, la casa è molto vecchia, i bambini dormono in due stanzette su letti di legno rialzati da terra sui quali sono appoggiati stuoie che di giorno vengono arrotolate, le due stanze sono buie e i muri sono molto sporchi (nei giorni a venire Rita andrà a dare il bianco...). Il guardaroba dei bambini è costituito da piccole cassette in legno con i lucchettini dentro le quali mettono i loro vestitini. La notte poggiano i loro abiti dentro un secchio che mettono sotto il letto.
La doccia la fanno nel cortile, all'aperto, vicino ad un pozzo da cui tirano l'acqua. Nel cortile galline e un gallo. Ci sono anche dei piccoli maialini. Le suore ci dicono che spesso arrivano i ladri e rubano tutto. La cucina, se così si può chiamare è buia e vuota, in un angolo un pentolone di riso, sul fuoco un pentolone di brodo.
La povertà è tale che Rita ed io rimaniamo per tutto il percorso senza parole.
Al rientro a casa affrontiamo con Sr Sandra il discorso ricostruzione dell'orfanotrofio e ci dice che grazie ai fondi che abbiamo mandato fino ad ora i soldi per ricostruirlo ci sono, manca solo l'OK del vescovo e stabilire dove ricostruirlo. Le suore della Provvidenza non dipendono più dal vescovo in quanto congregazione, ma il terreno è dell'RCM (Roman Catholic Mission) e quindi occorre il suo benestare. Sr Sandra ci dice che ha in progetto proprio di parlare col vescovo nei prossimi giorni e mettere sul tavolo il progetto Bonetta.
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27 ottobre - Domenica a "Bonetta"
Domenica 27 ottobre Sveglia alle 5,00 con campane che suonano a festa. Andiamo a messa, nella cattedrale della missione RCC (Roman Catholic Church) la messa è in birmano e dura dalle 6 alle 7.30. La cattedrale è piena, alla mia sinistra ci sono tutte le ragazze di Bonetta e le aspiranti, hanno il vestito della festa: gonna lunga viola, camicia bianca e velo bianco in testa. Cantano con voci meravigliose, mi incanto ad ascoltarle, mi commuovo, prego per tutti voi e sono trasportata in cielo grazie a queste voci celestiali... La devozione principale di questa chiesa va alla Madonna e a Gesù bambino.
Dopo la messa ci attende la colazione: è un pranzo! Bastoncini lunghi fritti, saccottini di patate e cipolle, immancabile riso, verdure in umido, frutta, tè, caffè, pane tostato.
Terminata la colazione torniamo a Bonetta per fare le foto per i genitori adottivi dei bambini/e. Percorriamo la stessa strada che fanno i bambini ogni giorno per andare e tornare da scuola, è di terra rossa, tutta dissestata e fangosa, piena di buche e montagnole. Per strada incontriamo donne con ceste di legna in testa. Appena arrivati salutiamo i bambini e iniziamo a fare foto. I bambini sono pazienti, collaborano, sorridono, facciamo coccinelle e copricapo con i palloncini e loro li indossano.
Nel frattempo Suor Rebecca ci dice che grazie alle adozioni e agli aiuti che abbiamo inviato sono stati costruiti 2 bagni alla turca ed è stata pavimentata la stanza 'guardaroba' con cemento e sono stati comprati gli scaffali in legno.
Terminate le foto facciamo un giro intorno all'orfanotrofio e arriviamo ad un lago, un uomo dorme sotto una tetto di paglia, Sr Cecilia ci spiega che sta lì per sorvegliare che nessuno rubi i pesci...
Uscita di Sr Cecilia vedendo una lumaca (che vi dà l'idea di come sia la lingua birmana tradotta in italiano): "Guarda, quell'animale con casa che, per mangiare dentro, baci"...
Risate!!!
Oggi ci fermiamo a mangiare a Bonetta, il tavolo è imbandito a festa per noi. Noi mangiamo dentro, con le suore mentre i bambini mangiano in refettorio fuori. (in allegato foto di bimbi a pranzo. Per la famiglia Fiore: potete riconoscere Pasca in fondo a sinistra). Dopo pranzo andiamo a vedere le scuole. Sono in piena campagna, dentro non possiamo vederle perché sono chiuse di domenica. L'orario settimanale scolastico è: 06.00-13.00 e 13,30-15.30. Le maestre sono laiche 'vecchio stampo', cioè usano ancora punizioni corporali. Capita che alcuni bambini o ragazzine scappino proprio perché non sopportano questi metodi. Sr Sandra mi dice che per il prossimo anno dovremo lavorare molto sull'affettività verso bambini e suore.
La formazione
Ore 14.30-17.00: inizia la mia formazione alle suore e alle novizie Sono tutte sedute in cerchio sulle sedie, ben divise: suore da una parte novizie dall'altra, direttrici vicine... Accanto a me c'è suor Laurentia, la mia traduttrice, inizio a parlare e mi accorgo che ogni mia frase equivale tradotta ad almeno 5 frasi in birmano. E' un'impressione strana, è la prima volta che i miei discorsi vengono tradotti in una lingua che non conosco assolutamente. Mi chiedo se suor Laurentia riuscirà a rendere il senso di ciò che voglio trasmettere... Ho preferito creare un cerchio senza sedie, ci siamo prese tutte per mano e abbiamo respirato insieme, ho parlato loro della 'semplicità', di come le piccole cose siano essenziali e di come per stare insieme veramente e profondamente basta respirare insieme. Mi guardano stupite, incuriosite. Decido di 'tagliare la testa al toro' e insegno loro esercizi di 'ricarica energetica' e 'dinamici'. Si sciolgono, ridono, non sono abituate ad usare il loro corpo per fare ginnastica... Quando devono fare l'esercizio che dice: "Sono positivo, energico, entusiasta!" ridono come bambine. Parlo della meditazione, spiego cosa vuol dire meditare e perché è utile e importante nel cammino spirituale. Pratichiamo insieme 15 minuti di meditazione sedute in silenzio. Poi passo alla 'meditazione camminata' e pratichiamo insieme. Infine le divido a coppie e chiedo loro di raccontarsi i loro momenti di gioia. Noto che le ragazze giovani hanno una grande difficoltà a parlare con le suore, sono imbarazzate. In Birmania esiste molto il rispetto del superiore. Al termine dell'esercizio chiedo loro se hanno trovato facile parlare dei momenti di gioia della loro vita, quasi tutte mi rispondono che per loro è stato molto difficile, non riuscivano a trovare momenti belli, ma trovavano facile trovarne di difficili. Parlo dell'importanza della gioia nella nostra vita, della missione di portare la gioia intorno a noi e di come sia importante provare gioia in ogni nostra azione quotidiana per poterla trasmettere. Parlo dell'importanza di vivere il presente con consapevolezza. Termino insegnando il canto di Paramahansa Yogananda: "Dalla gioia venni", lo scrivo alla lavagna e tutte insieme cantiamo. Al termine della lezione tre suore vengono ad abbracciarmi e mi dicono: Grazie per averci insegnato a gioire!".
Noto che mentre preparano la cena canticchiano: "Dalla gioia venni, nella gioia vivo, in sacra gioia 'immergerò..."
Cena alle 18.00
Dopo cena abbiamo lungamente parlato con Sr Sandra di bambini abbandonati e di abusi sui minori. Lei per anni a Roma ha gestito una casa-famiglia di bambini abbandonati per conto delle suore della Provvidenza.
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Lunedì 28 ottobre -Lezioni...
Ore 08.00 le mie allieve sono già pronte, tutte sedute nei loro banchi (vedi foto), questa mattina insegnerò inglese. Quasi tutte ne hanno un'infarinatura, quindi ho deciso che sfrutterò la loro seppur debole conoscenza di inglese per insegnare loro anche l'italiano. Non mi è mai successo di avere un gruppo di suore tutte per me e così tento il tutto per tutto e cerco di trasformarle in un gruppo di 'Sister Act'. Inizio quindi a insegnare loro il Gospel "Soon and very soon". Risultato? FANTASTICO!!! Cantano in maniera meravigliosa!!! Così tra un battito di mani, e un ballo cantiamo questo bellissimo Gospel e io mi sento Suo Maria Claretta (Woopy Goldberg), solo con la pelle un po' più chiara... Traduco quindi in italiano il canto Gospel e iniziamo la lezione. metà della lavagna viene usata per l'inglese e l'altra metà per la traduzione in italiano. Oramai dopo il canto sono caricatissime e la lezione fila come l'olio...
Al termine della lezione vado all'orfanotrofio Bonetta a vedere come stanno i bambini, c'è un'epidemia di morbillo e cascano come pere. Il bollettino di guerra di oggi dice: 5 a letto con febbre altissima. ma in compenso quelli che avevano la febbre ieri oggi sono già in piedi, pustolati, ma in piedi...
Ore 14.00 Corso di formazione delle mie 'Sister Act': oggi sono allegre già prima di iniziare, il ghiaccio ieri si è rotto e sono più rilassate e pronte. Iniziamo con un canto che ho imparato dai miei amici del Sangha di Thich Nath Hanh: "Inspirando espirando" e mi fa un certo effetto vedere le suorine mimare il gesto del fiore che si apre o del monte che indica solidità, ricordo il ritiro di quest'estate a Pomaia e mi commuovo a pensare come è bello unire tradizioni, come è bello poter tutti usufruire di insegnamenti universali. Oggi meditiamo per 30 minuti, poi lavoriamo sulla fiducia. Le suore e le novizie fanno gli stessi esercizi che faccio fare ai corsi di formazione per clown: guidarsi l'un l'altro con un dito, mentre uno dei due tiene gli occhi chiusi, ecc. E' una lezione divertente, giocando scopriamo che la fiducia che hanno queste donne sia reciprocamente, sia verso gli altri è poca e affrontare questo argomento è per loro fonte di apertura. Oggi le diadi (confronti in coppia) vanno molto meglio di ieri, sono più disposte a parlare, a confrontarsi. Al termine della lezione ricevo ancora più abbracci di ieri. Suor Sandra è felicissima e mi dice che non sperava in un tale risultato (potenza dei canti, delle meditazioni, dei Maestri, della gioia...).
Lezioni di vita
Dopo cena Sr Cecilia è agitata, ci dice che alle 19.00 ci sono le 'lezioni di vita' alla TV e che bisogna assolutamente accendere il generatore per vedere la TV. Suor Sandra, Rita ed io siamo molto incuriosite, di cosa si tratterà? Ci dice che anche le aspiranti lo vedranno. Così alle 19.00 siamo tutte in sala TV (la stessa dove facciamo il corso di formazione). Iniziano le 'lezioni di vita': telenovela coreana con sottotitoli in birmano dal titolo "Perle di lacrime". E' la storia di una ragazza buona con padre che si ubriaca, madre che la odia, che deve passare un sacco di vicissitudini per poi riuscire (vedremo la fine prima di partire) a ricongiungersi con l'uomo che ama. Lo spettacolo più bello è vedere le suore e le ragazze prese dalla vicenda, calamitate davanti alla TV. Ogni volta che la ragazza ha un problema loro sono coinvolte, e quando invece le va bene applaudono...
Al termine del film prendiamo in giro Sr Cecilia dicendole se davvero le ritiene 'lezioni di vita' e la sua ingenuità e semplicità ci disarma. Dice. "E' importante che vedano ciò che succede nel mondo, ci sono persone che fanno del male e persone buone, io dopo il film riunisco le ragazze e faccio loro notare ciò che è accaduto e ne parliamo per trarne un insegnamento".
La settimana si alterna tra lezioni di inglese e italiano, nuovi canti, meditazione (oramai meditiamo tutti i giorni per 40 minuti).
Il perdono
Il lavoro che più le coinvolgerà della settimana è quello di mercoledì sul perdono. Le suore hanno vissuto in guerra sin da piccole, raccontano che da bambine dovevano mangiare in fretta la sera perché poi potevano arrivare a casa i banditi o i militari e loro dovevano scappare nella foresta. Molte notti dormivano dentro una buca scavata a terra e chiusa con una coperta per non farsi scoprire. Hanno avuto genitori e parenti uccisi dai militari, e dentro hanno molto rancore. Anche nell'ambito della chiesa hanno subito soprusi da preti e vescovi... Quindi lavorare sul perdono è stato veramente molto importante. Al termine della lezione mi è sembrato di vederle più serene.
Noto che l'odio e i sensi di colpa non hanno latitudine né longitudine, non hanno Nord né Sud, sono presenti in maniera equa e ben distribuita in tutti gli esseri umani. Durante questo incontro ho provato più volte un senso di impotenza nel venire 'tradotta', avevo paura che si perdesse ciò che intendevo trasmettere. Comunque sia ho cercato di seminare in loro il seme del perdono sperando che presto o tardi dia i suoi frutti.
Terminiamo l'incontro con un cerchio, un canto sulla gioia e poi chiedo loro di dire una parola per indicare il loro stato d'animo, le parole che dicono sono: perdono, pace, tranquillità, gioia, amore...
Che bello!!! E' proprio vero che siamo tutti uguali dentro.
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31 ottobre - Kengtung - Visita al cimitero
Oggi pomeriggio, dopo la lezione andiamo al cimitero, il 2 novembre non potremo andare perché partiamo per Mongla. Dapprincipio ci troviamo davanti le tombe buddiste, si vedono tante piccole tombe, spiazzi grandi di terra bruciata, è il posto dove i buddisti cremano i cadaveri. Il cimitero buddista è molto trascurato, non ci sono fiori, le tombe sono abbandonate. Ci sono alcuni piccoli monaci, ragazzini che giocano poco oltre le tombe. Penso all'insegnamento buddista sull'impermanenza e mi domando cosa provano veramente quando arrivano in questo posto e devono cremare qualcuno che hanno amato.
Dopo il cimitero buddista inizia il cimitero cattolico, le prime tombe sono di chi non è stato battezzato, ci spiegano, le tombe sono di terra, nessuna iscrizione, sono isolate dalle altre. Poi ci sono le tombe dei cittadini, molte sono in forma di culla, colore azzurro vivo, ci spiega Sr Cecilia che sono le tombe akha. Ci sono un'infinità di tombe di bambini. Più avanti in cima alla collina con una vista bellissima ci sono le tombe dei vari missionari e suore, sono bianche, con una grande croce, tutte senza foto. Il paesaggio è incantevole, il sentimento che predomina è di squallore.
Penso a tutti questi missionari e missionarie che hanno abbandonato il loro paese per venire a morire in questa terra, molti sono morti giovani, probabilmente di malaria. Eppure adesso che sono qui li capisco, mi chiedo se anch'io dovessi restare lì per un qualche motivo, morendo lontana dai miei cari, in questo cimitero così strano, cosa proverei? Eppure questa terra per qualche motivo mi attira, queste persone non mi sono estranee, perché? La meditazione sulla morte e sull'impermanenza è sempre molto interessante, ti aiuta al distacco dalla materia. Il cimitero è sempre il riflesso di un popolo e lì a Kengtung un popolo principalmente buddista ed animista dà poca importanza alla morte, mentre il popolo cattolico privilegia chi si è donato agli altri e isola chi non è stato battezzato... C'è da riflettere molto...
1-novembre - Kengtung - Visita in città
Oggi a Kengtung non è festivo, quindi proseguo con le mie lezioni. In mattinata al termine della lezione di inglese-italiano con una novizia andiamo al centro di Kengtung. Visitiamo 2 bellissimi templi, monasteri buddisti. C'è tanta pace nei monasteri buddisti, sono ben tenuti, il giardino è curato, ci sono sempre bellissimi Stupa. I negozi di Kengtung sono piccoli bui, in un isolato ci sono l'uno a seguito all'altro 5 negozi di barbiere. In un angolo ci sono tanti 'taxi', o meglio moto-taxi. Un'altro isolato è tutto di ristoranti, o meglio luoghi piccolissimi e bui dove qualcuno cucina in pentoloni di alluminio, piccoli tavoli di legno e sgabelli fanno pensare ad un luogo dove si mangia. Visito un altro monastero, anche questo è bellissimo, grandi, immense statue del Buddha tutte hanno addosso delle stoffe arancioni e giallo-ocra, sono dorate. La sala meditazione è immensa, ci sono monaci che meditano.
Nel pomeriggio nell'ambito della formazione, inizio le lezioni sull'Enneagramma. Al termine della lezione dobbiamo recarci nuovamente all'ufficio immigrazione con i passaporti, per chiedere il permesso di partire per Mongla domani. Per spostarsi occorre avere l'ok dell'albergatore e della polizia. Quando arriviamo all'ufficio immigrazione troviamo quasi tutti i militari che ... puliscono, cortile, uffici... sembrano molto indaffarati. Forse si preparano a qualche festa.
Concludiamo la serata preparandoci per il viaggio di domani. Trascorrerò il giorno del mio compleanno al confine con la Cina.
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2 novembre - Mongla
Compleanno
E' il giorno del mio compleanno, mi sveglio alle 5,00 con il dolce suono delle ragazze nella cappella durante la messa. Sta piovendo fortissimo, Penso che dobbiamo partire con questo brutto tempo... Mi alzo, esco dalla camera per recarmi in bagno e al rientro vedo scritto sulla porta della mia cameretta: "Happy Birthday Maria Luisa" Mi preparo e scendo a colazione, appena entrata, al centro della sala vedo una bellissima torta rosa a tre piani, con tante candeline, non c'è luce e la luce delle candele la vedo ... annebbiata. Le suore e le ragazze intonano 'Happy Birthday' e poi una canzone di augurio birmana. Sono commossa, ecco trascorro il mio compleanno a Kengtung, lontana dala mia famiglia, ma con tanta gioia, può sembrare incredibile eppure sento ognuna di loro come una sorella, l'abbraccio di Cecilia, di Sandra è caldo, amorevole e mi sento a casa. Mi regalano una bella giacca shan. E facciamo colazione con torta, riso, verdure e spaghetti tailandesi...
Mongla
Subito dopo colazione ci attende la jeep per andare alla nostra missione di Mongla, nella Regione 4 al confine con la Cina. Dovremo percorrere 54 miglia, ma ci metteremo 3 ore e mezzo (vi lascio immaginare la strada...). Sr Cecilia dice: "Preparatevi perché nostre basiliche torneranno gonfie" ('Basilica' in gergo suoresco vuol dire sedere)...
Prima di partire passiamo al solito ufficio immigrazione e durante il viaggio superiamo altri 3 posti di blocco militare. All'arrivo a Mongla come prima cosa andiamo all'ufficio immigrazione.
La strada per andare a Mongla è asfaltata per circa 10.5 km per il resto è fango e pietre, ci stanno lavorando i cinesi e si prevede che per maggio 2003 sarà finita. Cominciamo ad incontrare villaggi con case fatte su palafitte e tetto in paglia, sotto sono sistemati gli animali, sopra vivono le persone. Non c'è luce elettrica. Per strada incontriamo mucche, maiali, vitellini. Continua a piovere.
Arriviamo alla casa delle suore è pulita, dipinta di fresco.
Ci dicono di andare subito a casa del Presidente della Regione 4 che ci aspetta. La Regione 4 ha lottato con guerriglie fino a pochi anni fa e finalmente è riuscita ad ottenere l'indipendenza dal governo di Yangon, e ha un suo Presidente. A casa del Presidente, che ci riceve in una terrazza c'è il vescovo e il parroco della missione, padre Clement. Il presidente ci dice che è contento del lavoro delle suore e che lui accetta tutte le religioni e che se no si parla male del suo paese e se ne rispettano le regole, si è sempre i benvenuti. (Nella Regione 4 agli stranieri non è permesso entrare, quindi è un grande onore che abbiamo avuto). Mentre chiacchieriamo e Sr Cecilia traduce ci offrono: pezzetti di zucca calda, tè, mele già sbucciate, semi di zucca.
Terminati i convenevoli e salutato il Presidente, ci rechiamo alla missione. Incontriamo i bambini, come sempre ci accolgono cantando, indossano i loro vestitini migliori... iniziamo a fare i palloncini e a distribuire le caramelle che abbiamo portato per loro...e ci circondano in silenziosa attesa... Pranziamo in un ristorante cinese, il pranzo è offerto da Rosmary, una benefattrice locale che ha sposato un cinese ed è molto ricca e aiuta molto la missione di Mongla.
Dopo pranzo arriviamo in Cina, cioè passiamo un arco e tocchiamo il suolo cinese.
Passiamo il pomeriggio nella missione con i bambini a fare foto e giocare.
A Mongla si sente l'influsso della vicina Cina e della benefattrice Rosmary. L'orfanotrofio è più curato e le stanze sono più ampie e pulite.
Purtroppo non ci permettono di andare a Pha Do, Pha Lo e Di Shii, altri villaggi della Regione 4 ma dove le strade sono ancora più sconnesse e dove si teme per l'incolumità di noi turisti, ci dicono... Ma il Presidente mi promette che il prossimo anno mi farà trovare il permesso per andarvi.
Partiamo per rientrare a Kengtung alle 16,30 e arriviamo alle 19.00 E' stato di certo un compleanno particolare, diverso e comunque che ricorderò sempre.
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3 novembre - Ton Qua
Messa
Ci si sveglia alle 5.00, la messa questa domenica è officiata da un prete giovane e da Padre Ciro, un missionario della Papua-Guinea che due tre volte all'anno viene in Birmania per un paio di mesi. L'omelia è in inglese, padre Ciro parla calmo, scandendo le parole, è molto facile capire cosa dice. Inizia ringraziando il popolo birmano, dicendo che grazie a questo popolo molti missionari sono diventati santi. Parla dell'importanza del servizio, dice che il vero compito di ogni essere umano è servire, a maggior ragione se è cristiano, in quanto Gesù con la sua venuta ha dato l'esempio di essere venuto per servire e non per essere servito. Dice che servire vuol dire amare gli uomini e che si può servire Dio ovunque: nella chiesa, nella famiglia, con gli amici. Senza gerarchie, ognuno con i suoi compiti, umilmente semplicemente. Servire è il miglior modo di amare.
E' una predica semplice, ma chiara e forte, mi colpisce molto.
Ton Qua
Dopo colazione ci prepariamo a partire per TON QUA, un villaggio a circa 23 miglia da Kengtung. E' un villaggio interamente popolato dalla tribù Akha (la tribù di Suor Cecilia), dove abbiamo una missione e un orfanotrofio.
In viaggio in jeep è terribile, la strada è tutta fango rosso e buche immense e sassi... Povere "basiliche" (per chi non si ricordasse 'basilica' è la parola usata in gergo suoresco per indicare il sedere)!
Appena arriviamo tutti gli abitanti del villaggio arrivano a stringerci la mano, le donne vestono tutti i loro abiti akha stupendi con i copricapo pesantissimi fatti di borchie e monete d'argento. Ci si avvicina un signore con i denti neri, indossa un cappello e un vestito elegante blu, è il capo villaggio, ci saluta e ci ringrazia di essere lì, sorridendo. Stringo centinaia di mani, di manine, i bimbi sono stupendi, ma poverissimi, molti hanno il moccio al naso. Piove, fa freddo e loro sono scalzi e seminudi. Tutti ci si avvicinano, vogliono toccarci, Sr. Cecilia ci spiega che lo fanno perché si dice che toccare uno straniero porta fortuna, in quanto gli ricordiamo i primi Missionari del PIME che fecero molto bene in quel villaggio. Credo di essere stata 'toccata' da tutti gli abitanti, grandi e piccoli...
I costumi delle donne sono così particolari, li trovo stupendi. Molte donne hanno denti nerissimi o rossi, per loro sono un segno di bellezza e il colore è dato dalle radici che masticano. Andiamo a salutare il parroco, la chiesa è poverissima, dedicata (come in molte missioni) alla Madonna di Lourdes. In capo villaggio ci raggiunge e fa un discorso di benvenuto. Mentre siamo nella casa del parroco (una sorta di stanza/sacrestia), i bambini si accalcano davanti alla porta, sono molto curiosi e ... bellissimi.
Dopo aver 'fatto finta' di bere un tè, usciamo e a piedi, in mezzo al fango e alle cacche di animali, mentre piove, seguiti da tutto il villaggio saliamo alla Missione (non ci si può arrivare con la macchina), si attraversa un ruscello, mi bagno completamente... e finalmente tra uno scivolone nel fango e un altro nel ruscello arriviamo alla missione.
Suor Felicita è da sola a gestirla, aiutata da alcune donne del villaggio, lei è malata di malaria, è molto magra e sembra sofferente, ha circa 40 anni.
La missione di Ton Qua è poverissima, vediamo un pollaio e un granaio sollevato su palafitte, intorno ai pali ci sono latte per impedire che i topi possano arrampicarvisi. Il dormitorio delle donne è piccolissimo e quello dei bambini (35 bambini orfani o abbandonati dai genitori per povertà e malattia) è ancora più piccolo, è buio e sembra tutto sporco e tristissimo.
Pranziamo alla missione molto semplicemente: un piatto di fagioli, riso, brodo di verdure. Dopo pranzo vediamo le bambine dell'orfanotrofio con i loro vestitini della festa che ci fanno vedere una danza locale, ma inizia a piovere, quindi entriamo tutti. le bimbe danzano e dopo di loro danzano le donne del villaggio nei loro vestiti tipici, girano in torno nella stanza, battendo i piedi, accompagnate da una donna anziana che batte due piatti di metallo e da un'altra che suona un tamburello e un'altra che suona un tamburo.
Mi unisco a loro nella danza, mi sento come loro, sono una di loro.
Mentre danzo penso: Donne che grande ricchezza per il mondo. Donne che non si arrendono, donne che portano i loro figli in spalla, donne che portano in testa chili e chili di fascine di legna, donne che amano divertirsi, danzare, ridere, anche nella difficoltà...
Al termine della danza mi si avvicina una giovane donna, si chiama Bu Yu, e mi prende sottobraccio guardandomi con immenso amore e inizia a parlarmi... ovviamente non capisco cosa dice e chiamo Suor Cecilia perché mi traduca ecco le sue parole:
"Tu sei bella, ti porterò tutta la vita nel mio cuore, ora sei tornata, ti ho vista, sei mia sorella, quando andrai via rimarrai sempre con me, nel mio cuore, perché sei mia sorella"...
Guardo Sr Cecilia in maniera interrogativa e lei con la semplicità che le è solita, dice: "Era tua sorella in altra vita!"
Per me è un'esperienza molto particolare, Bu Yu non mi lascia più il braccio fino a quando non partiamo, mi presenta i suoi 4 figli molto fiera e continua a dirmi cose che suppongo siano belle... (allego foto di donne akha e di mia sorella birmana, per chi può vederle)...
Prima di partire facciamo foto, e stringiamo nuovamente tutte le mani e le manine di Ton Qua. Piove a dirotto, sono bagnata completamente, ma sono così felice. Un altro pezzo di cuore è rimasto a Ton Qua...
Akha
Al ritorno la macchina slitta, guadiamo un fiume, fango, sbalzi, testa che si sbatte, basilica che duole, ma ascolto con estrema attenzione Sr Cecilia che parla della sua tribù: gli Akha.
Ci dice che della stessa tribù Akha ci sono altre 2-3 tribù che sono ancora animisti, hanno molte cose buone: un grande rispetto della natura, degli animali, tutte le loro feste e danze sono legate alla natura... Ma hanno anche moltissima superstizione, ad esempio pensano che il nascere 'gemelli' sia in natura che negli umani porti male e infatti se in una famiglia nascono due gemelli, li uccidono alla nascita e la madre viene portata nella foresta per 40 giorni, e non può avere rapporti con nessuno. Solo il marito le porterà da mangiare. Tutto ciò che è in casa viene bruciato. In alcune zone birmane si trovano persino cannibali, ma non sono Akha, ma Wa. Ci dice che le donne Akha lavano i loro complicati copricapo tutte le domeniche.
Mentre Sr. Cecilia parla, mi rendo conto che se si superano i pregiudizi e i giudizi, se semplicemente si osserva, si può comprendere anche una mentalità completamente diversa dalla nostra, ma per conoscere veramente occorre vivere con loro e come loro.
Rifletto sul fatto che qui, ovunque vada mi sento 'a casa'... Non mi sono mai sentita così, neanche quando vivevo in Argentina. Mi piace la vita della missione, è povera, essenziale, senza fronzoli e forse proprio per questo più 'vera', la sento mia. I bambini, è vero, sono molto poveri, ma sono più semplici e mi sembrano per assurdo, più felici dei nostri... Sr Cecilia ci dice che nella missione le ragazze è molto difficile che rimangano incinta senza essere sposate, anche se nessuno parla loro di sesso. L'uomo birmano rispetta la donna birmana. I problemi sono sorti con i militari in periodi di guerriglia, quando molte donne sono state violentate.
Siamo tornate a Kengtung, stavolta non ce l'ho fatta a fare una doccia fredda e mi sono fatta scaldare un secchio d'acqua e poi me lo sono rovesciato addosso. Ho preso freddo, pioggia, umido... ma.. sto benissimo.
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4 novembre - Loimwe
Ha piovuto intensamente tutto il giorno e tutta la notte e ancora piove. pensavo stanotte che non saremmo andati a Loimwe, invece pare che la strada sia percorribile e quindi alle 6,30 partiamo. Soliti permessi all'immigrazione, e via! la strada è fangosa, di terra rossa, in alcuni tratti la jeep scivola paurosamente, Loimwe dista 25 miglia e si prevede di arrivare dopo 2 ore e mezza! Invece ci mettiamo solo 1 ora e mezza. Loimwe è in montagna a 1700 metri e più saliamo più fa freddo. Sr Agnes era partita da Kengung 2 giorni prima per preparare la missione al nostro arrivo e ci attende con tutti i bambini, i ragazzi e le ragazze iù grandi vestiti a festa. Ci porta subito in una stanza-teatro ovvero una stanza dove c'è un palco rialzato, dove si svolgono le danze delle ragazze. Ci fanno accomodare, i bambini cantano per noi e le ragazze danzano in quella maniera dolce e aggraziata che hanno le donne birmane. Ci hanno preparato un regalo: una borsa shan per sr Sandra, Rita e me e noi diamo loro le caramelle che abbiamo portato.
Terminate le danze ci rechiamo alla casa principale e inizio a fare le solite sculture di palloncini, e... inizia il divertimento, distribuisco spade, cagnolini, cigni. I bambini come abbiamo già visto nelle altre missioni, sono educati e non chiedono nulla, ti guardano con i loro occhioni spalancati per la sorpresa. Tra loro ci sono alcuni ragazzi grandi, Sr Agnes ci spiega che aiutano i più piccoli a studiare, e loro studiano in seminario. I più piccolini hanno tutti il moccio al naso, fa abbastanza freddo. 5 sono a letto con la malaria. Facciamo mettendo loro i nasi rossi e si divertono tantissimo, poi li incorono re e i bambini più piccoli diventano i loro soldati... Il tutto a gesti, ma ci capiamo così bene...
Dopo un po' anche i piccoli vogliono essere re e... le spade si trasformano tutte in corone...
E' ora di pranzo, per fortuna ha smesso di piovere, i ragazzi più grandi portano fuori delle panche e i bambini e loro si sistemano a cavalcioni, arriva Sr. Agnes e serve il riso in una grande foglia di palma, sono tutti così allegri, tengono in testa o in mano i loro palloncini e mangiano ridendo e giocando...
Noi pranziamo dentro, la tavola è imbandita e i piatti sono decorati. Sr Agnes è una suora molto carina e giovane, si vede che ci tiene a tenere bene la missione e ci spiega che questo è il pranzo di Natale, in quanto noi a Natale non ci saremo, così hanno pensato di anticiparlo per noi.
Dopo pranzo visitiamo la missione e ho una bellissima sorpresa, vedo l'uso che è stato fatto con i soldi che abbiamo inviati con il ricavato dello spettacolo teatrale "Cats": dormitori delle ragazze, refettorio, guardaroba e bagni e docce interni. Hanno messo le mensole sopra i letti, i copriletto uguali. Anche se è tutto in legno, estremamente spartano e semplice, però si respira un'aria pulita, nuova. Sr Sandra è felice e io più di lei... La zona dove vivono i maschietti è meno curata, mi dicono perché sui ragazzi ha autorità il parroco e le suore non possono fare più di tanto.
Facciamo una passeggiata verso il lago, le coltivazioni e poi visitiamo il villaggio di Loimwe. Il paese lo troviamo immerso nella nebbia, e infatti scopriamo che Loimwe vuol dire: "luogo con nebbia". E' un paese di montagna, le case sono con il tetto in paglia, mentre passiamo tutti ci guardano e ci sorridono, credo che non abbiamo mai visto stranieri in questa zona, sembrano molto stupiti.
Al nostro rientro troviamo i ragazzi che danzano, uno suona un tamburo, un altro i piatti, e uno i tamburelli, si fa un cerchio e danzo con loro, giochiamo, ridiamo, sono tutti così felici di averci con loro. Ora si riuniscono tutti e ci cantano una canzone di 'arrivederci', sr Cecilia ci spiega che la canzone è una benedizione per il nostro viaggio. Terminano cantando Jingle Bells in birmano e ci regalano un cesto di frutta e.... io sono sempre più commossa. Comincio ad abbracciare le bambine a baciarle sulle guance e a farmi baciare sulle guance, ridono, non l'hanno mai fatto...poi provo con i maschietti, ma ridono e scappano.. allora porgo loro la mano e arrivano uno dietro l'altro, tutti, proprio tutti mi porgono la mano e ci inchiniamo l'uno all'altro.. C'è gioia, sorrisi nei loro volti, commozione nei nostri. Andare via da Loimwe mi rattrista, bambini, bambine, ragazzi e ragazze ci accompagnano fino alla macchina piove, ma non sembrano farci caso. Salgo in macchina e inizio a mandare baci con la mano e tutti ridendo mi imitano...
Per strada ci fermiamo in un lebbrosario, non fa parte delle nostre missioni, ma a quanto ho capito, qualche aiuto dei nostri giunge anche lì...
Le scosse della macchina e il freddo mi hanno stancata, ho la schiena a pezzi quindi quando arriviamo Sr Cecilia e le ragazze mi fanno un massaggio, una mi prende per le gambe, l'altra per le braccia, chi il collo chi i piedi e io inizio a urlare.... E più urlo più ridono...
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5-8 novembre - Kengtung
I giorni trascorrono lenti, cadenzati dalle lezioni, di inglese, di italiano, dal sempre maggior coinvolgimento di queste dolcissime e timide suore birmane. La loro formazione prosegue con l'Enneagramma, ognuno riconosce la propria personalità e questo è già un grande successo! Una mattina andiamo a visitare le suore anziane, a pochi metri da casa nostra. Sono poche, ma tra tutte mi colpisce Suor Bruna, 96 anni, un vero record in Birmania, dove l'età media è di 35 anni. Vuole cantarci una canzone che tradotta dice pressappoco così: "Tu partirai e io ti porterò sempre nel mio cuore, se andrò in montagna verrai con me, se andrò in pianura verrai con me... ti porterò sempre nel mio cuore..." L'orfanotrofio della casa di riposo ha 35 bambini e ragazzine, anch'esso è in condizioni molto tristi. Prendo accordi per iniziare le adozioni a distanza anche qui.
Al rientro passiamo per il villaggio più vicino alla missione. Ci sono diverse donne che stanno sul davanti della casa e che cuciono i tessuti caratteristici Akha o Shan, ricamano stoffe che poi vendono in Tailandia, nonostante alcuni lavorino, c'è tanta povertà, molti dei bambini degli orfanotrofi vengono da qui.
7 novembre - Kengtung - La festa
E' l'ultimo giorno che trascorreremo a Kengtung, domani torniamo a Yangon.
Dopo questi giorni in questa missione mi viene naturale una riflessione: qui non c'è nessuna delle comodità che ho a casa, la luce manca quasi sempre, il bagno è alla turca, piccolo, scomodo, la doccia si fa con secchi d'acqua freddi, ci si sveglia alle 4 e si va a letto alle 21,00, si passa da un caldo irrespirabile al freddo da un giorno all'altro, ci sono zanzare, il letto è duro, quando piove si rovesciano torrenti d'acqua per giorni interi, quando fa caldo non hai riparo che basti, non ci sono ospedali, le strade sono impraticabili, ... ma... rimarrei qui.
Ho imparato ad apprezzare questi ritmi, qui ho la possibilità di praticare l'ascolto profondo, di lavorare serenamente, di stabilire contatti umani veri, profondi, di osservare la natura in tutte le sue sfaccettature, di alternare preghiera, azione, riposo.
No, non vanno cambiate queste persone, sono ancora pure, semplici, dolcissime, vanno solo aiutate a migliorare le loro condizioni di vita, ma facendo molta attenzione a non distruggerli con la nostra idea di progresso.
Dopo pranzo con Suor Sandra ci appartiamo sotto un meraviglioso albero dai fiori gialli, c'è una leggera brezza e sembra che Kengtung voglia salutarmi con il suo clima più bello. Parliamo di questa esperienza insieme, conveniamo sulla necessità di continuare anche il prossimo anno la formazione di suore e novizie, crediamo che sia importante dare loro un'educazione sessuale, lavorare sull'affettività, che sia basilare trasmettere e 'allenare' alla gioia... Le suore e le novizie hanno reagito molto bene alla formazione che io baso proprio sulla gioia, i loro volti da tesi e preoccupati, si sono trasformati, l'imbarazzo e la timidezza hanno fatto posto ad una maggiore intimità tra di loro e ad un miglioramento dei rapporti con le ragazze aspiranti e novizie.... E mentre parliamo, il tempo passa senza accorgercene ed è già ora di tornare perché ci aspetta una grande sorpresa:
La festa di commiato.
Nella sala dove di solito studiamo, sono stati tolti i banchi ed è stato allestito un teatro con tanto di palco, noi abbiamo la posizione d'onore in prima fila. Arriva anche il vescovo e lo spettacolo inizia. Si susseguono balli tipici akha, shan, canti, bambini degli orfanotrofi, ragazze aspiranti danzano per noi nei loro costumi più belli.
Lo spettacolo termina con una grande sorpresa per me: i bambini di Bonetta intonano in italiano il canto di Paramahansa Yogananda: "Dalla gioia venni" e il gospel "Soon and very soon" in birmano.
Tocca a noi parlare e salutare e non ci è facile farlo con un grosso nodo in gola... Mi viene in mente la canzone di Marino Barreto "Arrivederci", la modifico leggermente per adattarla alla situazione e con Suor Sandra e Rita la intoniamo: "Arrivederci, dammi la mano e sorridi, senza piangere, arrivederci, per una volta ancora è meglio ridere... Abbiamo cercato l'amore quasi per gioco ed ora fingiam di lasciarci soltanto per poco"...
Si va a cena con i bambini di Bonetta e dopo cena lo spettacolo lo facciamo noi: gags, bans, e loro che ridono, ridono fino alle lacrime, ci imitano, cantano con noi tutte le canzoncine dei clown che insegniamo loro: come fa il coccodrillo diventa la domanda del giorno anche in Birmania... (mi riferisco alla canzone dello Zecchino d'Oro: "Il coccodrillo come fa?") e noi sempre più distrutte dal caldo e dalla stanchezza, ma così felici...
Mentre scrivo ho ancora negli occhi le loro risate, i loro volti attenti, incuriositi, colmi di gioia... E non volevano più andare a letto, li accompagniamo al buio fino alla strada che porta all'orfanotrofio, per loro è tardissimo, sono quasi le 22.00...
8 novembre 2002 - Partenza da Kengtung
Dopo pranzo ancora un salutino ai bambini di Bonetta che sono usciti da scuola e sono venuti a casa apposta per salutarci e abbracciarci ancora una volta ... e partiamo per l'aeroporto. Con noi vengono tutte le suore e le ragazze novizie. L'aereo non c'è ancora, ci sediamo in un bar locale e subito ci portano caffè, latte, biscotti e ... aglio piccante...
Ora il cancello in legno che introduce all'aeroporto si apre, ci salutiamo, ci baciamo, ci abbracciamo e ingoiando per mandare giù quel brutto nodo in gola che non vuole andar via, entriamo.
La paura
Un militare controlla i nostri passaporti, vedo che ha una scheda in cui, ci spiega Sr Cecilia, sono segnati tutti i nostri spostamenti da quando siamo arrivate. Mettiamo i bagagli su un tavolo e iniziano ad aprirceli. I bagagli di Sr Cecilia e di Rita passano, ma appena aprono la mia valigia vedono i miei appunti scritti al PC sulle mie lezioni e una donna militare si insospettisce, forse pensa che io sia una giornalista, si consulta col collega, li sfoglia (ovviamente senza capirci nulla)... Chiedo a Sr. Cecilia cosa dice, cosa sta accadendo, le dico di spiegarle che sono miei appunti di lavoro... Ma suor Cecilia è come impietrita, le mascelle contratte, gli occhi stretti a fessura, non l'avevo mai vista così e mi preoccupo... lei a mezza voce mi sussurra di stare zitta e non dire nulla...
Capisco che la situazione si sta facendo difficile quando la donna chiama il suo capo, nel frattempo continua a rovistare nella mia valigia e trova le schede dei bambini con le foto per l'adozione a distanza che mi ha dato sr Cecilia da portare in Italia, a questo punto si agita, alza la voce, e domanda nervosamente a Sr Cecilia cosa vuol dire, perché io ho quelle schede...
Rita incoraggiante mi sussurra all'orecchio: "Se ti arrestano faccio finta di non conoscerti, così avviso il Consolato"...
Sr. Cecilia cerca di spiegare che quelle schede sono solo ricordi che portiamo con noi e che magari un giorno potremo mandare loro qualche aiuto... la donna militare sembra non essere affatto convinta. Io comincio a sentirmi a disagio e temo che mi aprano le lettere che ho nella valigia, sono le lettere dei bambini ai loro genitori adottivi a distanza, sono in birmano e lei le capirebbe e si capirebbe che promuoviamo le adozioni a distanza, che ovviamente sono vietate: il governo birmano non può ammettere che il suo popolo abbia bisogno di aiuto, sta già così bene...
Non c'è altro da fare e quindi inizio a pregare e così pure Sr. Cecilia e Rita...
Dopo consultazioni, voci concitate, vediamo che discutono tra di loro su che posizione prendere e... infine, con malagrazia miracolosamente decidono di farmi passare... Ma non è finita, mi aprono l'altra borsa e trovano i negativi delle foto, nuovamente si agitano, ma a quel punto io sono oramai tranquilla e dico che se vogliono possono anche tenerseli... Con stizza me li tirano in valigia e ci lasciano andare...
Passato il controllo, una volta sedute in attesa dell'aereo, sr Cecilia ci confessa che lei ha rischiato 7 anni di carcere e io qualche mese, in attesa che l'Ambasciata italiana mi reclamasse...
Fiuuuuuuu!!!! Mi viene caldo e freddo insieme....
9-10 novembre Yangon
Ultimi due giorni a Yangon: solito caldo insopportabile, ultime visite alla città, la nostalgia della missione di Kengtung comincia a farsi sentire... Tra poche ore sarò nuovamente nel 'mio' mondo...
Ma non sono più assolutamente certa che questo dove ora vivo, da dove vi sto scrivendo, a Torino, in Italia, sia il 'mio' mondo.
Oramai sono qua da quasi un mese, ma il mio cuore inspiegabilmente è ancora là, non passa giorno o notte che non mi scopra a pensare: "cosa faranno? L'orfanotrofio sarà in costruzione? Quanti bambini dobbiamo adottare per migliorare Ton Qua? E nel frattempo, miracolosamente arrivano nuove adozioni, nuovi aiuti... E mi do da fare perché oramai conosco quei piccoli volti, vedo le condizioni in cui operano quelle suorine e so che ora il mio compito è qui, per inviare loro aiuti.
Ora so con certezza che questa è la mia missione, e so che la porterò avanti insieme a tutti voi amici che mi leggete e a tutti i 'miei' clown. Aiutateci ad essere i "missionari della gioia"!
Condividete con noi questo altissimo ideale e insieme, con l'aiuto di Dio lo porteremo avanti.
Un giorno, quando dissi per la prima volta la frase: "siamo missionari della gioia" fui contrastata, alcuni volontari-clown mi risposero: "i missionari sono persone che vanno nel terzo mondo e noi siamo solo piccoli clown, non montiamoci la testa, noi non siamo missionari..."
Ma oggi posso dire con cognizione di causa: "No, non è vero! Non siamo solo 'piccoli clown', siamo grandi "missionari della gioia divina", perché non c'è niente di più grande e di più bello che vedere ridere con gioia i nostri fratelli sofferenti, che sollevare gli animi di chi ha tanto sofferto. Ed è questo che io continuerò a fare con il vostro aiuto là dove Dio ci ha inviati.
Ognuno di noi ha un compito, ognuno di noi è una goccia, ma come dice Madre Teresa, tante gocce fanno l'oceano e noi stiamo 'costruendo' un oceano di gioia.
Ringrazio tutti coloro che mi stanno aiutando a sostenere i bambini birmani,e vi segnalo il nuovo sito della nostra/vostra missione: www.vip-missione.org
Grazie per aiutarmi ad aiutare!!!
Marilù-Aureola
FINE
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