domenica 13 gennaio 2008

MISSIONE BIRMANIA 2002

PROGETTO VCM Volontari Clown in Missione
“Diario di viaggio – Myanmar 2002”

Diario di Bordo - "Missione Birmania" di Maria Luisa Mirabella (clown Aureola)

(1)
11 novembre 2002 - Torino
11 novembre, ore 11.00 l'aereo atterra a Torino Caselle, si è conclusa una grande avventura, si è rientrati nel "mondo civile". "Ma è questo il mondo civile?" A Roma, mentre aspettavo di imbarcarmi sull'aereo per Torino vedevo la gente fare colazione al bar dell'aeroporto, un caffè, una brioche e via! E pensavo alle nostre colazioni birmane (ah, ah, ah...). L'aereo Roma-Torino ha un'ora di ritardo, ma niente ha più la capacità di smuovermi, sono molto stanca, ho dormito pochissimo in aereo, ma sono allo stesso tempo stranamente rilassata. Indosso un vestito shan (tribù birmana) e mi sento ancora una di loro, per caso in visita in Italia, rimango seduta, mentre Rita, la mia compagna di viaggio, va avanti e indietro per l'aeroporto. Osservo la gente, gente elegante, cappotti, stivali all'ultima moda, borse in pelle e so che il 'mio' mondo è anche questo, ma mai come ora mi sono sentita nel mondo ma non 'del mondo'.

Arriviamo a Torino e mentre aspettiamo i bagagli, subito si fa viva l'impazienza: "Non arrivano, li avranno imbarcati?", un poliziotto gentilmente ci avvisa che i bagagli provenienti da fuori Europa arrivano da un'altra parte, e così li recuperiamo e usciamo ad abbracciare i nostri cari che ci aspettano fuori.
E' bello riabbracciare chi ami, è bello rientrare a casa, è bello avere la luce, poter comunicare via PC, poter fare un bagno caldo. Arrivo a casa e accendo il cellulare, e il PC, piccoli gesti che fino a un mese fa erano gesti quotidiani e che oggi assumono il sapore di un avvenimento "strano". Il cellulare inizia a fare 'bip bip', cominciano ad arrivare gli sms degli amici, il telefono suona, ed io non sono ancora presente... che differenza dal grido dei corvi, dal suono armonioso della lingua birmana, dalla campanellina che ci chiamava per pranzo o cena, dalle risate di Suor Cecilia Daw Daw... Cecilia, "Madre mia" (così soprannominata da noi perché ci guardava, guardava suor Sandra e abbracciandoci con una voce dolcissima sussurrava: "Madre mia"!) ed ecco che insieme ad una lacrima si affollano i ricordi, i volti, gli abbracci, i volti dei bambini, delle suore, e inizia il percorso a ritroso... Ecco che questa esperienza così viva fino a ieri, oggi fa già parte del passato, e con chi ripercorrere questo passato se non con voi, fratelli e sorelle mie che ci avete seguito con tanto affetto?

Siete pronti??? E allora eccovi il diario di bordo della "Missione Birmania" dove racconto i momenti più salienti di quest'avventura.

Vostra Marilù (e per i clown Aureola)
21 ottobre - Yangon
21 ottobre ore 19.00 locali l'aereo atterra a Yangon. Un caldo tropicale ci accoglie. Ci mettiamo in fila per timbrare i passaporti all'immigrazione, le pratiche sembrano essere lunghe... vedo al di là della linea di separazione un signore indiano che ha un cartello con sopra il mio nome, una volta bollato il passaporto, con una velocità impressionante costui (scopriremo poi che si chiama Peter Rock ed è il factotum delle suore e vescovi della missione), oltrepassa la barra, ci prende i passaporti, i biglietti aerei, confabula velocemente con i militari e ci dice che dobbiamo cambiare solo 100 $ a testa (la somma che normalmente viene chiesto di cambiare ai turisti è 300 $) in FEC, Foreign Exchange Certificate, la seconda valuta legale del Myanmar. Stampate in Cina, queste banconote, che ricordano i soldi del Monopoli, sono emesse dalla Central Bank of Myanmar per la 'comodità' dei turisti. Firmiamo la dichiarazione di non avere niente da introdurre in Myanmar, ma poi Peter si accorge che io ho una catenina d'oro e me la fa dichiarare. Afferrati da Peter Rock corriamo verso la dogana e sempre correndo e senza capire cosa stia succedendo... ci ritroviamo fuori. All'uscita i vestiti ci si appiccicano addosso, cominciamo a grondare dal gran caldo e abbracciamo suor Cecilia Daw Daw che ci aspettava felice e sorridente.

Lungo la strada che dall'aeroporto porta alla casa di delegazione delle suore della Provvidenza notiamo tanti bonzi buddisti, ci spiegano che oggi è la loro festa più importante, equivalente al nostro Natale. Ci sono ovunque bancarelle, canti, fuochi d'artificio...

La casa delle suore di Yangon è stata loro regalata da un benefattore che era stato curato da loro, è in stile coloniale, pavimento in legno lucido e ventilatori al soffitto. Noi dormiremo in una grande stanza con letti fatti di assi di legno con una stuoia e un mini materassino bitorzoluto sopra, il tutto ricoperto da una zanzariera. Per fortuna a Yangon c'è la luce, così teniamo tutta la notte il ventilatore acceso. Nella casa ci sono due suore: Suor Cecilia e Suor Dominique, entrambe birmane. inoltre ospitano alcune ragazze venute a Yangon per studiare, e dato che la scuola è chiusa per la festa buddista, rimangono a dormire da loro.
Sembrano tutte timidissime, ci salutano porgendoci la mano destra, mentre sostengono il braccio destro con la mano sinistra e si inchinano, scopriamo che questo è il modo di salutare birmano. Suor Cecilia ci ha fatto trovare vestiti birmani più comodi, abiti e due gonne. Le gonne birmane le adotterò come mio capo di abbigliamento preferito.
Ceniamo e ci rimpinziamo di papaya. Dopo cena ingaggio una dura lotta con uno scarafaggio grosso stile lucertola che presidia il bagno e vince lui (io scappo!).
Andiamo a dormire o per lo meno ci proviamo con pochissimo successo. E' terminato il nostro primo giorno a Yangon.

(2)
Yangon (ex Rangoon)
Passo la notte in uno strano dormiveglia, il caldo è soffocante e dormire avvolta in una zanzariera non è il massimo del comfort... Alle 6 ora locale mi sveglio, i suoni che ascolto sono stridii molto forti, ad emetterli sono uccelli scuri come corvi. Mi vesto con gli abiti locali e facciamo colazione. Faccio un giro per la casa delle suore, è povera ma pulita e dignitosa, scatto qualche foto (che vi invio). Usciamo in giro per la città con la macchina che il vescovo ha lasciato a nostra disposizione, inclusa del suo autista.
Attraversiamo la città, in certi punti, soprattutto al centro si vede proprio un senso di abbandono, case fatiscenti, muri pieni di umidità, ammuffiti. I 'bar' sono bui, sporchi.
Longyi
Sia uomini che donne indossano il 'longyi'. Mi dicono che solo il 10% dei maschi porta i pantaloni. Il longyi (che oramai io ho adottato stabilmente) è un indumento particolarmente pratico, nel caldo dei tropici la gonna di cotone tiene le gambe molto più fresche di qualsiasi tipo di pantaloni. I longyi non hanno taglie: si può allentarlo dopo un pasto abbondante e non è necessario rifare il guardaroba se ingrassate o dimagrite. Un longyi di ricambio non è un semplice indumento: si trasforma in una tracolla per portare dei pesi quando si viaggia, può diventare un lenzuolo, una tovaglia da pic-nic, può essere usato come culla per un bambino...
Gli uomini usano stoffe a quadri piccoli o a righe, per fermare il longyi uniscono i due lembi sul davanti e quindi li legano con un mezzo nodo. Una delle due estremità viene fermata in vita mentre l'altra può essere lasciata pendere fuori e può essere trasformata in una piccola tasca. Sul longyi indossano una t-shirt o l'elegante camicia col collo alla coreana. Le donne per il longyi usano stoffe più colorate e lo annodano al fianco.
Non si vede nemmeno una donna con la gonna corta o con i pantaloni. Suor Cecilia ci spiega che è vietato e soprattutto non si possono esibire scollature né camicette o magliette senza maniche. Le calzature più diffuse sia per uomini donne o bambini sono le ciabatte infradito di gomma o di velluto.
Shwedagon Paya
Arriviamo a quello che si può definire il S. Pietro o la Mecca del Buddismo: La Shwedagon Paya, definita da Kipling "un mistero dorato" . E' un vero spettacolo mozzafiato. Quando il sole proietta i suoi ultimi raggi sulla cupola color arancione della grande Shwedagon Paya si sente nell'aria un'atmosfera magica. Nella calura del giorno lo stupa (monumento religioso buddista) ha un brillante colore dorato. Per i buddisti birmani è il luogo più sacro di tutto il paese. La sua grande cupola si erge fino ad un'altezza di 98 m. Ha 4 entrate (Nord, Sud. Est, Ovest). Secondo la leggenda questo stupa ha 2500 anni e si narra di due fratelli mercanti che incontrarono in Buddha, il quale diede loro 8 suoi capelli da custodire come reliquia in Myanmar. Le reliquie furono messe al sicuro in una camera, sopra la quale fu posta una lastra d'oro ed eretta una pagoda anch'essa completamente d'oro... Questo è quanto dice la leggenda...
Il vedere questo complesso mi lascia ammutolita, entriamo togliendoci le scarpe e passeggiamo tra la gente che prega, offre fiori, frutti, incensi, l'aria è molto calda, l'umidità fortissima, ma a Shwedagon si respira un'aria magica. Cammino praticando la Meditazione camminata e mi sembra di sentire, passando davanti ad ogni tempio, la benedizioni dei Maestri. Restiamo lì tutta la mattina, ma personalmente ci sarei rimasta tutto il giorno.
Al ritorno percorriamo la via principale di Yangon: strade larghe, traffico scorrevole, sui marciapiedi ogni sorta di mercanti, venditori di frutta, vestiti, piccoli bar stradali dove vendono bibite, roba da mangiare, granite... Noto che non c'è nessuno che chiede l'elemosina e i venditori non ti perseguitano come spesso accade nelle città arabe.
A casa
Arriviamo a casa a mezzogiorno ed è subito ora di pranzo: riso, zucchine, insalata, brodo, patate...
Inizia a piovere a catinelle, con tuoni spaventosi (residuo di monsone)... Il pomeriggio lo trascorriamo in un centro commerciale a fare la spesa. Noto che c'è tutto, molti prodotti di esportazione, anche la nostra pasta Agnesi. In questo centro commerciale ci sono persone più di alto rango, per la prima volta vedo qualcuno con dei cellulari. I prezzi sono molto bassi in confronto ai nostri...

Ore 18.00 cena a lume di candela, il monsone ha fatto saltare la luce...
E' trascorso il secondo giorno a Yangon, domani arriverà Suor Sandra dall'India e andremo alla missione a Kengtung.
L'impressione che ho è di serenità, pian piano questo popolo così gentile, così delicato mi sta entrando nel cuore. Inoltre sono letteralmente innamorata di Suor Cecilia, è uno spettacolo! Sentirla parlare in italiano è uno spasso...

(3)
Yangon + Kengtung
Il mercato
Alle 8,00 usciamo per recarci al mercato di Boyoke Aung San e Theingyi Zei. fa già molto caldo, sento la pressione abbassarsi, camminiamo lungo il marciapiede, ci osservano, sorridono, certamente sembriamo loro molto strani. Un uomo anziano cieco con un bambino in braccio cerca refrigerio sotto un albero, il bambino sembra malato. Ci avviciniamo per lasciargli un'offerta, rimane molto stupito e Suor Cecilia gli spiega che vogliamo aiutarlo a comprare medicine per il bambino, ringrazia molto dignitosamente. Lungo i marciapiedi vendono cibo cotto, ogni genere di cibo...l'odore è sempre diverso e molto forte. Si suda solo a respirare. Le donne hanno tutte un ombrellino per difendersi dal sole e sulla faccia hanno come una maschera gialla. Sr Cecilia ci spiega che serve a difenderle dal sole e a rendere secca l'epidermide che trasuda molto con il caldo. La polvere, che poi mischiano ad acqua, si ottiene sfregando un pezzetto di legno particolare. Ci sarebbe da fotografare tutto, c'è una povertà incredibile.

Arriviamo al mercato, è molto buio, non asfaltato, vendono di tutto, dall'abbigliamento alla frutta.

Dopo una mattinata trascorsa nel luogo più caratteristico della città, il mercato, non posso non fare una considerazione: indubbiamente si tratta di un popolo molto povero, ma molto dignitoso. Ricordo i mercati arabi, i mercati dell'America latina, dove i turisti vengono letteralmente 'assaltati' dai venditori, dai poveri... Qui non è mai avvenuto. Ci guardavano incuriositi, se chiedevamo un prezzo gentilmente ce lo fornivano, ma mai nessuno ci ha 'forzato' a comprare, nessuno ci ha disturbato mai. Sembrano lavorare con rassegnazione, calma, nessuno grida, sono molto gentili, sorridono sempre, salutano, si fanno fotografare volentieri.

Un bonzo ci avvicina e ci porge il suo ventaglio per farci l'onore di dargli un'offerta che lui non toccherà...
E a questo punto, per farvi capire i sentimenti di questo popolo devo fare un inciso e spiegarvi cosa vuol dire un monaco buddista per i birmani.
I bonzi
I monaci (bonzi) si alzano di buon ora al suono di una campana di legno, aggiustano il vestito con il quale hanno dormito, si lavano e si radunano davanti alla statua del Buddha per le loro orazioni; infine promettono al superiore di osservare la regola. Poi chi si ritira a far pulizia, o ad annaffiare le piante e chi a meditare. Verso le 6,30 prendono colazione e alle 7 escono (ed è bellissimo vederli in fila indiana lungo le strade) per la questua. La questua in Birmania è considerata uno dei principali doveri del bonzo. Durante la questua il bonzo incede solenne per la via, avvolto nel suo manto rosso scuro, le sue mani sostengono innanzi al petto una grande ciotola nera destinata a ricevere le offerte. Si sofferma silenzioso innanzi ad ogni casa, una donna o una ragazza lo attende per offrirgli riso cotto, intingoli, dolciumi e altro oggetti utili. Le donne si alzano all'alba per preparare quel cibo prelibato con la gioia di acquistare grandi meriti, sorridendo consegna la sua offerta al bonzo. Questi accetta senza ringraziare e prosegue verso altri devoti. I devoti gioiscono nel vedere le loro case onorate.
Perché i bonzi nel ricevere le offerte non ringraziano? Perché essi fanno un favore ai fedeli degnandosi di ricevere l'elemosina, perché danno ad essi occasione di guadagnarsi dei meriti.

Finito il giro più o meno lungo di questua ritornano al convento dove, offerto al Buddha il cumulo delle offerte, vanno a pranzo. Essi dovrebbero mangiare ciò che hanno raccolto nella questua, ma generalmente danno tutto ai ragazzi che frequentano la scuola del convento, ed agli animali, cani specialmente che abbondano nei dintorni del loro recinto. Al ritorno, infatti, i monaci hanno trovato dei cibi gustosi mandati dalle famiglie ricche.

Dopo pranzo ognuno passa il tempo come meglio crede. Il superiore riceve i visitatori intrattenendosi su vari argomenti. Dopo mezzogiorno non possono toccare più cibo. Nel tardo pomeriggio è permessa ai bonzi una passeggiata, ma dopo il tramonto tutti dovrebbero essere in convento. Verso le 21.00 si radunano innanzi alla statua del Buddha per cantare alcune preghiere poi, dopo le tre rituali prostrazioni al Buddha e al superiore, se ne vanno a dormire.

Il birmano, nella sua fede buddista, credendo i acquistare meriti, provvede giornalmente al sostentamento abbondante di uno stragrande numero di religiosi, che nulla possiedono, nulla acquistano. Questi devono professare stretta povertà, dovrebbero aborrire il denaro al punto di non toccarlo neanche. I fedeli costruiscono per loro splendidi monasteri e non lasciano mancare loro né le vesti né le comodità della vita. In ogni festa il primo pensiero del buddista è per i bonzi, ai quali offrirà cibo, leccornie, vesti e oggetti. Lo stato, in occasione di feste nazionali imbandisce pranzi ufficiali a un gran numero di bonzi nelle varie città. Spesso dei comitati raccolgono dalle famiglie doni di ogni genere per i monaci e li portano ai conventi in processione a suono di banda.
A tale generosità si deve aggiungere la venerazione per il bonzo, poiché in quella toga egli è il simbolo ovvero il discepolo vivente del Buddha. Innanzi a lui uomini e donne si tolgono i sandali, si inginocchiano anche in strada.

Sul piano sociale ogni birmano i sesso maschile è tenuto a prendere temporaneamente parte alla vita monastica per due volte nella propria vita: una prima volta tra i 5 e i 15 anni ('samanera': novizio) e una seconda dopo i 20 anni ('pongyi', monaco che ha preso i voti). Uno famiglia acquista grande merito quando uno dei suoi membri prende l'abito monacale. Un samanera deve seguire i 10 precetti. NON: rubare, mentire, uccidere, fare uso di alcolici, e avere rapporti sessuali, mangiare dopo mezzogiorno, ascoltare musica, danzare, portare gioielli, profumi, dormire su letti alti e accettare denaro per uso personale. Il periodo di noviziato dura da 1 a due settimane, ma di solito 9 giorni sono di buon auspicio (il 9 è il numero fortunato in Birmania).

Si ritiene che attualmente in Myanmar ci siano 250.000 monaci.

A rigor di termini il buddismo non è una vera e propria religione, perché non si basa sull'adorazione di una o più divinità; è piuttosto un sistema psico-filosofico. Al giorno d'oggi sotto il nome di buddismo si raccoglie una varietà di interpretazioni del credo fondamentale che tuttavia partono tutte dall'illuminazione di Siddhartha Gautama, avvenuta nell'India settentrionale circa 2500 anni fa. Siddhartha Gautama non fu il primo Buddha e non si ritiene sia l'ultimo. Il Buddha (l'Illuminato) non fissò in forma scritta i suoi insegnamenti e lo stesso fecero i suoi discepoli. Per questo motivo, un migliaio di anni dopo la morte di Gautama si verificò uno scisma che diede origine alle due scuole buddiste più importanti ancora oggi:

1) la scuola 'Theravada' che sostiene che per raggiungere il Nirvana (fine ultimo di ogni buddista), bisogna compiere con diligenza e individualmente il cammino verso la propria salvezza. In altre parole ogni individuo singolo è padrone del proprio destino spirituale. Si può raggiungere la felicità solo arrivando ad uno stato di completa saggezza e annullamento di ogni desiderio. Per fare ciò bisogna dedicarsi all'introspezione e controllare la propria mente tramite la meditazione

2) La scuola 'Mahayana' che sostiene invece che gli individui dovranno rinunciare al conseguimento del Nirvana fino a quando tutta l'umanità non sarà pronta per la salvezza. Fine del buddismo in questo caso è il raggiungimento dello stato di bodhisattva o 'potenziale Buddha'. I buddisti mahayani si riuniscono in gruppi per praticare insieme e per aiutare gli altri ad illuminarsi. Dando molta importanza alla compassione, all'amore, alla tolleranza.

In Myanmar si pratica il buddismo theravada, i mahayani sono meno dell'1%.

--- * ---

Vi prego di scusarmi questa introduzione al buddismo, ma è uno studio che ho preferito fare in questo soggiorno in Myanmar, e mi è sembrato utile trasmettervelo per capire la mentalità del popolo birmano.

(4)
24-10-02 -Lezione di lingua birmana:

Grazie: ce-zu-ti-ma-re caldo: pu-de sì: houq-keh no: mahouq-p'ù

Da questo capirete cosa vuol dire trovarsi al massimo dell'incomprensione... meno male che ci sono i gesti universali e soprattutto il sorriso.
Nottata di lotta tra zanzare e caldo, la parte più difficile è stata aspettare che arrivasse l'alba... In questa notte insonne mi chiedo: "Ma perché sono qui? Cosa c'entra la Birmania con la mia vita? Che karma mi porta qui?" Mi sembra di avere molti privilegi tutto sommato in confronto a queste povere persone così provate da una guerra estenuante protrattasi per più di trent'anni.

E' arrivata Suor Sandra, la 'formatrice' delle Suore della Provvidenza di Roma. E' una donna allegra, solare, abbiamo la stessa età e le stesse convinzioni profonde, tra noi c'è una grande intesa.
Carichiamo i bagagli e scortate da Peter Roch andiamo all'aeroporto per partire alla volta della Missione a Kengtung. L'aeroporto dalla parte dei voli nazionali è molto caotico, appena arriviamo un nugolo di facchini lottano per contendersi le nostre valigie. Peter efficientissimo e veloce come un fulmine si occupa di tutto. arriviamo in una sala dove ci sono grandi bilance. La scena è abbastanza ridicola, i nostri bagagli, più i 10 sacchetti delle suore contenenti cose comprate a Yangon e da portare a Kentung, vengono messi e tolti dalla bilancia come nel gioco dei bussolotti. Alla fine lasciamo a Yangon 2 assi da stiro, e 4 sacchetti contenenti veli per il capo delle suore e libri sacri. Ci sediamo in sala d'aspetto davanti a un cartello che indicava il numero del volo. Al momento della partenza una ragazza arriva, prende in mano il cartello e cammina per la sala d'attesa indicando che bisogna imbarcarsi.

L'aereo è piccolo ma stracolmo, dato che siamo religiosi abbiamo la seconda fila (la prima è destinata all'esercito). L'aereo fa 4 scali prima di arrivare a Kengtung. Il volo è così movimentato che buona parte dei passeggeri vomitano (vi tralascio i particolari...). Nell'ultimo pezzo, da Mandalay a Kengtung, noi siamo le uniche 3 (Rita, Sandra ed io) con le facce bianche.

Al nostro arrivo a Kengtung ci accolgono 5 suore birmane, simpatiche e sorridenti ci portano immediatamente alla Missione, che è composta da una casa grande di delegazione e a circa 500 metri l'orfanotrofio Bonetta. Prima di entrare nella missione delle suore si passa per l'RCM (Roman Catholic Mission), la zona dei missionari cattolici diocesani. Le suore ci portano subito a casa del vescovo Abram, ha 76 anni, è birmano, ma parla molto bene l'italiano. Ci offre tè, frittata e frutta, mi dà grosse manate sulle spalle e ci ringrazia per essere venute...
Una volta liberatici del vescovo proseguiamo a piedi per la casa di delegazione, e, appena imbocchiamo il viale vediamo sul porticato della casa un grande cartello con scritto: BUONGIORNO! BENVENUTE! Ai lati del viale ci sono tutti i bambini di Bonetta che battono le mani... Mi prende una grande commozione e un nodo in gola e da quel momento vedo tutto attraverso un velo. Piccole manine mi prendono le mani, e il velo davanti agli occhi diventa un vero e proprio pianto quando tanti volti con gli occhi a mandorla ci cantano in italiano "Aggiungi un posto a tavola".

(5)
Kengtung
Dopo la forte commozione dei canti dei bambini, dopo aver stretto la mano a tantissime piccole manine e aver conosciuto le suore delle varie missioni: Sr Teresa (Kengtung, direttrice), Sr Lorenza (Kengtung, direttrice delle novizie), Sr Rebecca e Sr Johanna (Orfanotrofio Bonetta), Sr, Agnes (Loimwe), Sr, Natalia (Pha Do), Sr, Crecentia (Pha Do), Sr Benedeta (Pha Do), Sr Clair ... dobbiamo recarci immediatamente all'Ufficio di Immigrazione, così molliamo tutto , saliamo sulla jeep e arriviamo all'ufficio di polizia di Kengtung.
Ufficio immigrazione
Mi sembra di vivere in un film: alcuni poliziotti lavorano al buio, tutto è vecchio, sporco, buio, per terra come pavimento una tela cerata che avrebbe dovuto essere linoleum... sui tavoli (scrivanie) una tovaglia di carta bianca coperta da tela cerata trasparente. Saliamo al piano di sopra per una scaletta di legno buia. Alcuni poliziotti lavorano in un balcone, nella saletta dove entriamo noi ci sono 2 impiegati,m sono tutti militari. Ci portano le sedie e ci ammassiamo l'uno sull'altro. IL poliziotto che stila il verbale lo avevamo già visto all'aeroporto, è alto (strano per un birmano) e grasso (strano per un birmano), ha la bocca e i denti completamente rossi, dal tanto masticare noci di betel. [Betel: noce della palma areca che viene masticata in tutta l'Asia, colora di rosso denti e bocca e ha un blando potere stupefacente].

Sr Cecilia ci dice che è gentile e forse ci permetterà di dormire alla missione. Mentre lui scrive le notizie di minuto in minuto cambiano: possiamo dormire alla missione, no non possiamo, possiamo dormire in albergo solo una notte, no, Sr Sandra può dormire alla missione, noi no, no, nemmeno Sr Sandra può dormire alla missione... Mentre lui sta ancora scrivendo arriva il capo ufficio, lui non è in divisa e Sr Cecilia ci dice che fa parte della polizia segreta. Tutto si chiarisce: Noi 2 non possiamo dormire in missione. Dobbiamo andare in Hotel.

Mentre usciamo un po' demoralizzate, il 'grasso' ci dice di andare a chiedere alle suore di un'altra missione per vedere come hanno fatto loro quando sono arrivati loro ospiti. E così facciamo, si tratta delle Suore di Maria Bambina, e ci dicono di 'far finta' di dormire in albergo, pagarlo, farci vedere dall'albergatore e poi dormire in missione. nel frattempo torniamo alla casa delle nostre suore e sr Cecilia si mette a scrivere una lettera per l'immigrazione per Sr Sandra, affinché almeno lei possa dormire in missione, ci mette quasi un'ora a scriverla in birmano a macchina e quindi esce e va a consegnarla. Al suo rientro Sr Sandra ha avuto l'autorizzazione, noi no. Ceniamo e ci rassegniamo ad andare in hotel.
L'hotel
Il proprietario dell'hotel è sorridente e gentile, ha occhi molto comunicatovi e buoni. Ci dice che dobbiamo pagare 10 $ a testa per notte e acconsente a far finta che noi dormiamo in hotel, ma questa notte dobbiamo davvero dormire in hotel, perché lui sa che la polizia verrà a controllare. Siamo stanchissime, non abbiamo più la forza di discutere, quindi ci facciamo mostrare la stanza, salutiamo le suore e rimaniamo sole.
La stanza è grande, ha la luce al neon, ma è attivo il generatore perché la sera a Kentung non c'è luce. C'è un letto matrimoniale + 1 singolo. Il 'bagno' (si fa per dire) è al buio, c'è un minuscolo lavandino e un water. Il Lavandino non ha scarico, appena si apre l'acqua ci cade sui piedi. Sul muro un tubo fa da doccia. Sotto il lavandino un grosso buco aperto fa andar via l'acqua. Ci soffermiamo con perplessità a guardare quel buco e ci chiediamo dove vada a finire e cosa possa venire da lì... Diamo un'occhiata ai muri e per terra. Sui muri ci sono le lucertoline bianche, così spostiamo i due letti e li mettiamo in mezzo alla stanza per paura che ci vengano sul letto. La stanza non può decisamente definirsi 'pulita'... Ci ridiamo su e siamo così stanche che di certo dormiremo...

Una volta a letto, io nel piccolo e la mia amica Rita nel matrimoniale, spenta la luce, tutti i rumori della giungla li sentiamo noi: corvi (?), civette (?) gufi (?) insomma ci sembra di essere in piena selva. Arrivando non abbiamo visto dove era situato l'hotel perché era buoi e ora abbiamo la netta sensazione di essere su un letto in mezzo alla foresta. Dopo qualche minuto sentiamo il rumore di un carro-armato (?) e ci chiediamo come mai... L'emozione, la paura ci fa scappare la pipì, quindi ci alziamo e insieme andiamo in bagno... Al ritorno la mia amica ha una crisi e si mette a piangere. La tranquillizzo e cerco di farle un rilassamento per farla dormire... passano altri 2 carro-armati e per completare la situazione inizia a piovere fortissimo (residuo di monsone ?).

Dico a Rita che vado nel letto con lei, così possiamo farci più compagnia... Per l'ennesima volta cerchiamo di dormire (è all'incirca l'1 di notte...), sembriamo tranquillizzarci e mentre sto per calare nel sonno, la mi amica mi abbraccia forte forte pronunciando parole sconnesse del tipo: "Signore non ci abbandonare! S. Francesco aiutaci tu!" le chiedo cosa è successo e lei mi sussurra nell'orecchio: "Non muoverti, ci sono i topi!" Trascorriamo il resto della notte fino all'alba parlando, pregando, ridendo istericamente... Alle 6,00 ci alziamo, andiamo in bagno, torniamo a letto lasciando la luce accesa e dormiamo dalle 6 alle 7.

Alle 8,00 arrivano le suore e nel raccontare loro la nostra avventura notturna, dopo esserci fatte un sacco di risate, giuriamo che in quella stanza non avremmo più messo piede a costo di tornare in Italia. Prendiamo accordi con l'albergatore e rimaniamo d'accordo che ogni giorno ci saremmo fatte vedere almeno una volta e poi avremmo dormito alla missione.

(6)
26 ottobre - Orfanotrofio "Bonetta"
E' sabato, 26 ottobre. Aspettiamo che finisca di piovere e, a piedi, in mezzo al fango dalla casa di delegazione della missione andiamo all'Orfanotrofio Bonetta, che prende il nome dal suo fondatore, Monsignor Bonetta, un missionario del PIME. In linea d'aria dista circa 500 metri dalla casa delle suore. Questa più un altro pezzo è la strada che tutti i bambini di Bonetta la mattina percorrono alle 5,00 per andare a messa e poi a scuola (la scuola inizia alle 6,00). A Kentung non fa caldo in inverno, il villaggio è a circa 700 metri di altezza. Oggi che piove in effetti abbiamo un maglione addosso.

Arrivando vediamo l'orto coltivato dalle suore, è grande e ben tenuto e, ci spiega Sr Cecilia, dà autonomia di verdure a Bonetta.

I bambini ci aspettano dentro, piove e fa abbastanza freddo. Sono circa 70 bambini dai pochi mesi (Angelina), due anni (Colò) a 12 anni. I bambini intonano un canto e Sr Cecilia ce lo traduce, dice pressappoco così: "E' bello che voi siete venute da lontano a trovarci, perché noi siamo fratelli e crediamo che non esiste il lontano. Forse non conosceremo mai la vostra terra, ma se voi siete venute qui è perché ci volete bene."

Ringraziamo i bambini e Sr Rebecca che ha insegnato loro il canto e tiriamo fuori dalle nostre borse i palloncini, (per chi non lo sapesse la nostra associazione VIP ViviamoInPositivo, si occupa della formazione e organizzazione dei Clown di corsia, io ne sono la fondatrice e formatrice, il mio nome d'arte è Aureola, e Rita che è venuta con me, è una volontaria-clown, in arte Pulce). Mentre gonfiamo i palloncini rotondi grandi e li facciamo volare verso i bambini, questi ci guardano con le faccine stupite, poi facciamo loro capire che possono giocare con questi palloncini e iniziano a giocare, ridendo... Noto subito che sono quasi 'composti', non c'è competizione, no c'è agitazione, giocano con delicatezza, sembrano piccoli angeli che giocano con palloncini colorati (ricordo che si tratta di circa 70 bambini!). Faccio qualche scultura di palloncini e la regalo: coccinelle vengono messe al braccio delle bambine, cagnolini, cigni, copricapi... Tutti le ricevono sorridendo, ma nessuno chiede nulla, nessuno si accalca...

Pulce-Rita tira fuori dalla borsa le bolle di sapone, che gioia!!! Iniziano a seguirle con le manine, cercano di prenderle. Sr Cecilia, Sr Sandra e Sr Rebecca sono stupite e felici, ci dicono che è la prima volta che i bambini vedono le bolle di sapone. Faccio cenno a Rita, indossiamo i nostri nasi rossi e partiamo con la gag del 'ciapa-ciapa'. Facciamo finta (tutto a gesti per farci capire) di essere arrabbiate l'una con l'altra, io la prendo per le orecchie e poi giochiamo a sfidarci a duello, io nel gioco fingo di essere caduta a terra, e poi la gag continua con una serie di finti svenimenti... I bambini oramai sono entrati nel gioco e si sganasciano letteralmente dalle risate. Basta che alziamo una mano e loro giù a ridere, li guardiamo con complicità e giù a ridere...

Decidiamo di coinvolgerli in un 'ban', canto e ballo con gesti che si fa in gruppo (usato dagli scout) e insegniamo loro "Sciusciuscià": "Pollice destro avanti ... ecc... Ripetono tutte le parole e i gesti che facciamo, ridono come matti e oramai sono totalmente coinvolti. A questo segue un altro ban: "Se sei felice" e poi ... Udite clown udite: insegniamo loro la canzone del "Coccodrillo". Avrei voluto avere un registratore per farvi sentire come veniva con l'accento birmano il coccodrillo...

E' quasi ora di pranzo, ma ho talmente voglia di abbracciarli tutti che decido di insegnare loro la 'meditazione dell'abbraccio' (il sangha sa a cosa mi riferisco...): faccio venire un bambino di fronte a me, ci si inchina l'uno all'altro e poi si aprono le braccia e ci si abbraccia facendo insieme 3 respiri. E' stato stupendo!!! Li abbiamo abbracciati tutti e soprattutto abbiamo insegnato loro ad abbracciarsi tra di loro.

Sr Cecilia mi ha spiegato che non è usanza birmana abbracciarsi, ci si stringe solo la mano, tenendo il braccio destro con la mano sinistra. Quindi quei bambini era la prima volta che venivano abbracciati... ma a loro è piaciuto tantissimo e (come vedrete più avanti) ce lo hanno dimostrato quando siamo partite da Kengtung.

E' spuntato il sole e adesso fa caldo, le suore di Bonetta (Rebecca e Johanna) ci offrono tè, frutta, poi andiamo a visitare l'orfanotrofio.

L'orfanotrofio è in condizioni pietose, la casa è molto vecchia, i bambini dormono in due stanzette su letti di legno rialzati da terra sui quali sono appoggiati stuoie che di giorno vengono arrotolate, le due stanze sono buie e i muri sono molto sporchi (nei giorni a venire Rita andrà a dare il bianco...). Il guardaroba dei bambini è costituito da piccole cassette in legno con i lucchettini dentro le quali mettono i loro vestitini. La notte poggiano i loro abiti dentro un secchio che mettono sotto il letto.

La doccia la fanno nel cortile, all'aperto, vicino ad un pozzo da cui tirano l'acqua. Nel cortile galline e un gallo. Ci sono anche dei piccoli maialini. Le suore ci dicono che spesso arrivano i ladri e rubano tutto. La cucina, se così si può chiamare è buia e vuota, in un angolo un pentolone di riso, sul fuoco un pentolone di brodo.

La povertà è tale che Rita ed io rimaniamo per tutto il percorso senza parole.

Al rientro a casa affrontiamo con Sr Sandra il discorso ricostruzione dell'orfanotrofio e ci dice che grazie ai fondi che abbiamo mandato fino ad ora i soldi per ricostruirlo ci sono, manca solo l'OK del vescovo e stabilire dove ricostruirlo. Le suore della Provvidenza non dipendono più dal vescovo in quanto congregazione, ma il terreno è dell'RCM (Roman Catholic Mission) e quindi occorre il suo benestare. Sr Sandra ci dice che ha in progetto proprio di parlare col vescovo nei prossimi giorni e mettere sul tavolo il progetto Bonetta.

(7)
27 ottobre - Domenica a "Bonetta"
Domenica 27 ottobre Sveglia alle 5,00 con campane che suonano a festa. Andiamo a messa, nella cattedrale della missione RCC (Roman Catholic Church) la messa è in birmano e dura dalle 6 alle 7.30. La cattedrale è piena, alla mia sinistra ci sono tutte le ragazze di Bonetta e le aspiranti, hanno il vestito della festa: gonna lunga viola, camicia bianca e velo bianco in testa. Cantano con voci meravigliose, mi incanto ad ascoltarle, mi commuovo, prego per tutti voi e sono trasportata in cielo grazie a queste voci celestiali... La devozione principale di questa chiesa va alla Madonna e a Gesù bambino.

Dopo la messa ci attende la colazione: è un pranzo! Bastoncini lunghi fritti, saccottini di patate e cipolle, immancabile riso, verdure in umido, frutta, tè, caffè, pane tostato.

Terminata la colazione torniamo a Bonetta per fare le foto per i genitori adottivi dei bambini/e. Percorriamo la stessa strada che fanno i bambini ogni giorno per andare e tornare da scuola, è di terra rossa, tutta dissestata e fangosa, piena di buche e montagnole. Per strada incontriamo donne con ceste di legna in testa. Appena arrivati salutiamo i bambini e iniziamo a fare foto. I bambini sono pazienti, collaborano, sorridono, facciamo coccinelle e copricapo con i palloncini e loro li indossano.

Nel frattempo Suor Rebecca ci dice che grazie alle adozioni e agli aiuti che abbiamo inviato sono stati costruiti 2 bagni alla turca ed è stata pavimentata la stanza 'guardaroba' con cemento e sono stati comprati gli scaffali in legno.
Terminate le foto facciamo un giro intorno all'orfanotrofio e arriviamo ad un lago, un uomo dorme sotto una tetto di paglia, Sr Cecilia ci spiega che sta lì per sorvegliare che nessuno rubi i pesci...
Uscita di Sr Cecilia vedendo una lumaca (che vi dà l'idea di come sia la lingua birmana tradotta in italiano): "Guarda, quell'animale con casa che, per mangiare dentro, baci"...
Risate!!!
Oggi ci fermiamo a mangiare a Bonetta, il tavolo è imbandito a festa per noi. Noi mangiamo dentro, con le suore mentre i bambini mangiano in refettorio fuori. (in allegato foto di bimbi a pranzo. Per la famiglia Fiore: potete riconoscere Pasca in fondo a sinistra). Dopo pranzo andiamo a vedere le scuole. Sono in piena campagna, dentro non possiamo vederle perché sono chiuse di domenica. L'orario settimanale scolastico è: 06.00-13.00 e 13,30-15.30. Le maestre sono laiche 'vecchio stampo', cioè usano ancora punizioni corporali. Capita che alcuni bambini o ragazzine scappino proprio perché non sopportano questi metodi. Sr Sandra mi dice che per il prossimo anno dovremo lavorare molto sull'affettività verso bambini e suore.
La formazione
Ore 14.30-17.00: inizia la mia formazione alle suore e alle novizie Sono tutte sedute in cerchio sulle sedie, ben divise: suore da una parte novizie dall'altra, direttrici vicine... Accanto a me c'è suor Laurentia, la mia traduttrice, inizio a parlare e mi accorgo che ogni mia frase equivale tradotta ad almeno 5 frasi in birmano. E' un'impressione strana, è la prima volta che i miei discorsi vengono tradotti in una lingua che non conosco assolutamente. Mi chiedo se suor Laurentia riuscirà a rendere il senso di ciò che voglio trasmettere... Ho preferito creare un cerchio senza sedie, ci siamo prese tutte per mano e abbiamo respirato insieme, ho parlato loro della 'semplicità', di come le piccole cose siano essenziali e di come per stare insieme veramente e profondamente basta respirare insieme. Mi guardano stupite, incuriosite. Decido di 'tagliare la testa al toro' e insegno loro esercizi di 'ricarica energetica' e 'dinamici'. Si sciolgono, ridono, non sono abituate ad usare il loro corpo per fare ginnastica... Quando devono fare l'esercizio che dice: "Sono positivo, energico, entusiasta!" ridono come bambine. Parlo della meditazione, spiego cosa vuol dire meditare e perché è utile e importante nel cammino spirituale. Pratichiamo insieme 15 minuti di meditazione sedute in silenzio. Poi passo alla 'meditazione camminata' e pratichiamo insieme. Infine le divido a coppie e chiedo loro di raccontarsi i loro momenti di gioia. Noto che le ragazze giovani hanno una grande difficoltà a parlare con le suore, sono imbarazzate. In Birmania esiste molto il rispetto del superiore. Al termine dell'esercizio chiedo loro se hanno trovato facile parlare dei momenti di gioia della loro vita, quasi tutte mi rispondono che per loro è stato molto difficile, non riuscivano a trovare momenti belli, ma trovavano facile trovarne di difficili. Parlo dell'importanza della gioia nella nostra vita, della missione di portare la gioia intorno a noi e di come sia importante provare gioia in ogni nostra azione quotidiana per poterla trasmettere. Parlo dell'importanza di vivere il presente con consapevolezza. Termino insegnando il canto di Paramahansa Yogananda: "Dalla gioia venni", lo scrivo alla lavagna e tutte insieme cantiamo. Al termine della lezione tre suore vengono ad abbracciarmi e mi dicono: Grazie per averci insegnato a gioire!".

Noto che mentre preparano la cena canticchiano: "Dalla gioia venni, nella gioia vivo, in sacra gioia 'immergerò..."

Cena alle 18.00

Dopo cena abbiamo lungamente parlato con Sr Sandra di bambini abbandonati e di abusi sui minori. Lei per anni a Roma ha gestito una casa-famiglia di bambini abbandonati per conto delle suore della Provvidenza.

(8)
Lunedì 28 ottobre -Lezioni...
Ore 08.00 le mie allieve sono già pronte, tutte sedute nei loro banchi (vedi foto), questa mattina insegnerò inglese. Quasi tutte ne hanno un'infarinatura, quindi ho deciso che sfrutterò la loro seppur debole conoscenza di inglese per insegnare loro anche l'italiano. Non mi è mai successo di avere un gruppo di suore tutte per me e così tento il tutto per tutto e cerco di trasformarle in un gruppo di 'Sister Act'. Inizio quindi a insegnare loro il Gospel "Soon and very soon". Risultato? FANTASTICO!!! Cantano in maniera meravigliosa!!! Così tra un battito di mani, e un ballo cantiamo questo bellissimo Gospel e io mi sento Suo Maria Claretta (Woopy Goldberg), solo con la pelle un po' più chiara... Traduco quindi in italiano il canto Gospel e iniziamo la lezione. metà della lavagna viene usata per l'inglese e l'altra metà per la traduzione in italiano. Oramai dopo il canto sono caricatissime e la lezione fila come l'olio...
Al termine della lezione vado all'orfanotrofio Bonetta a vedere come stanno i bambini, c'è un'epidemia di morbillo e cascano come pere. Il bollettino di guerra di oggi dice: 5 a letto con febbre altissima. ma in compenso quelli che avevano la febbre ieri oggi sono già in piedi, pustolati, ma in piedi...

Ore 14.00 Corso di formazione delle mie 'Sister Act': oggi sono allegre già prima di iniziare, il ghiaccio ieri si è rotto e sono più rilassate e pronte. Iniziamo con un canto che ho imparato dai miei amici del Sangha di Thich Nath Hanh: "Inspirando espirando" e mi fa un certo effetto vedere le suorine mimare il gesto del fiore che si apre o del monte che indica solidità, ricordo il ritiro di quest'estate a Pomaia e mi commuovo a pensare come è bello unire tradizioni, come è bello poter tutti usufruire di insegnamenti universali. Oggi meditiamo per 30 minuti, poi lavoriamo sulla fiducia. Le suore e le novizie fanno gli stessi esercizi che faccio fare ai corsi di formazione per clown: guidarsi l'un l'altro con un dito, mentre uno dei due tiene gli occhi chiusi, ecc. E' una lezione divertente, giocando scopriamo che la fiducia che hanno queste donne sia reciprocamente, sia verso gli altri è poca e affrontare questo argomento è per loro fonte di apertura. Oggi le diadi (confronti in coppia) vanno molto meglio di ieri, sono più disposte a parlare, a confrontarsi. Al termine della lezione ricevo ancora più abbracci di ieri. Suor Sandra è felicissima e mi dice che non sperava in un tale risultato (potenza dei canti, delle meditazioni, dei Maestri, della gioia...).
Lezioni di vita
Dopo cena Sr Cecilia è agitata, ci dice che alle 19.00 ci sono le 'lezioni di vita' alla TV e che bisogna assolutamente accendere il generatore per vedere la TV. Suor Sandra, Rita ed io siamo molto incuriosite, di cosa si tratterà? Ci dice che anche le aspiranti lo vedranno. Così alle 19.00 siamo tutte in sala TV (la stessa dove facciamo il corso di formazione). Iniziano le 'lezioni di vita': telenovela coreana con sottotitoli in birmano dal titolo "Perle di lacrime". E' la storia di una ragazza buona con padre che si ubriaca, madre che la odia, che deve passare un sacco di vicissitudini per poi riuscire (vedremo la fine prima di partire) a ricongiungersi con l'uomo che ama. Lo spettacolo più bello è vedere le suore e le ragazze prese dalla vicenda, calamitate davanti alla TV. Ogni volta che la ragazza ha un problema loro sono coinvolte, e quando invece le va bene applaudono...
Al termine del film prendiamo in giro Sr Cecilia dicendole se davvero le ritiene 'lezioni di vita' e la sua ingenuità e semplicità ci disarma. Dice. "E' importante che vedano ciò che succede nel mondo, ci sono persone che fanno del male e persone buone, io dopo il film riunisco le ragazze e faccio loro notare ciò che è accaduto e ne parliamo per trarne un insegnamento".

La settimana si alterna tra lezioni di inglese e italiano, nuovi canti, meditazione (oramai meditiamo tutti i giorni per 40 minuti).
Il perdono
Il lavoro che più le coinvolgerà della settimana è quello di mercoledì sul perdono. Le suore hanno vissuto in guerra sin da piccole, raccontano che da bambine dovevano mangiare in fretta la sera perché poi potevano arrivare a casa i banditi o i militari e loro dovevano scappare nella foresta. Molte notti dormivano dentro una buca scavata a terra e chiusa con una coperta per non farsi scoprire. Hanno avuto genitori e parenti uccisi dai militari, e dentro hanno molto rancore. Anche nell'ambito della chiesa hanno subito soprusi da preti e vescovi... Quindi lavorare sul perdono è stato veramente molto importante. Al termine della lezione mi è sembrato di vederle più serene.

Noto che l'odio e i sensi di colpa non hanno latitudine né longitudine, non hanno Nord né Sud, sono presenti in maniera equa e ben distribuita in tutti gli esseri umani. Durante questo incontro ho provato più volte un senso di impotenza nel venire 'tradotta', avevo paura che si perdesse ciò che intendevo trasmettere. Comunque sia ho cercato di seminare in loro il seme del perdono sperando che presto o tardi dia i suoi frutti.

Terminiamo l'incontro con un cerchio, un canto sulla gioia e poi chiedo loro di dire una parola per indicare il loro stato d'animo, le parole che dicono sono: perdono, pace, tranquillità, gioia, amore...

Che bello!!! E' proprio vero che siamo tutti uguali dentro.

(9)
31 ottobre - Kengtung - Visita al cimitero
Oggi pomeriggio, dopo la lezione andiamo al cimitero, il 2 novembre non potremo andare perché partiamo per Mongla. Dapprincipio ci troviamo davanti le tombe buddiste, si vedono tante piccole tombe, spiazzi grandi di terra bruciata, è il posto dove i buddisti cremano i cadaveri. Il cimitero buddista è molto trascurato, non ci sono fiori, le tombe sono abbandonate. Ci sono alcuni piccoli monaci, ragazzini che giocano poco oltre le tombe. Penso all'insegnamento buddista sull'impermanenza e mi domando cosa provano veramente quando arrivano in questo posto e devono cremare qualcuno che hanno amato.

Dopo il cimitero buddista inizia il cimitero cattolico, le prime tombe sono di chi non è stato battezzato, ci spiegano, le tombe sono di terra, nessuna iscrizione, sono isolate dalle altre. Poi ci sono le tombe dei cittadini, molte sono in forma di culla, colore azzurro vivo, ci spiega Sr Cecilia che sono le tombe akha. Ci sono un'infinità di tombe di bambini. Più avanti in cima alla collina con una vista bellissima ci sono le tombe dei vari missionari e suore, sono bianche, con una grande croce, tutte senza foto. Il paesaggio è incantevole, il sentimento che predomina è di squallore.

Penso a tutti questi missionari e missionarie che hanno abbandonato il loro paese per venire a morire in questa terra, molti sono morti giovani, probabilmente di malaria. Eppure adesso che sono qui li capisco, mi chiedo se anch'io dovessi restare lì per un qualche motivo, morendo lontana dai miei cari, in questo cimitero così strano, cosa proverei? Eppure questa terra per qualche motivo mi attira, queste persone non mi sono estranee, perché? La meditazione sulla morte e sull'impermanenza è sempre molto interessante, ti aiuta al distacco dalla materia. Il cimitero è sempre il riflesso di un popolo e lì a Kengtung un popolo principalmente buddista ed animista dà poca importanza alla morte, mentre il popolo cattolico privilegia chi si è donato agli altri e isola chi non è stato battezzato... C'è da riflettere molto...
1-novembre - Kengtung - Visita in città
Oggi a Kengtung non è festivo, quindi proseguo con le mie lezioni. In mattinata al termine della lezione di inglese-italiano con una novizia andiamo al centro di Kengtung. Visitiamo 2 bellissimi templi, monasteri buddisti. C'è tanta pace nei monasteri buddisti, sono ben tenuti, il giardino è curato, ci sono sempre bellissimi Stupa. I negozi di Kengtung sono piccoli bui, in un isolato ci sono l'uno a seguito all'altro 5 negozi di barbiere. In un angolo ci sono tanti 'taxi', o meglio moto-taxi. Un'altro isolato è tutto di ristoranti, o meglio luoghi piccolissimi e bui dove qualcuno cucina in pentoloni di alluminio, piccoli tavoli di legno e sgabelli fanno pensare ad un luogo dove si mangia. Visito un altro monastero, anche questo è bellissimo, grandi, immense statue del Buddha tutte hanno addosso delle stoffe arancioni e giallo-ocra, sono dorate. La sala meditazione è immensa, ci sono monaci che meditano.

Nel pomeriggio nell'ambito della formazione, inizio le lezioni sull'Enneagramma. Al termine della lezione dobbiamo recarci nuovamente all'ufficio immigrazione con i passaporti, per chiedere il permesso di partire per Mongla domani. Per spostarsi occorre avere l'ok dell'albergatore e della polizia. Quando arriviamo all'ufficio immigrazione troviamo quasi tutti i militari che ... puliscono, cortile, uffici... sembrano molto indaffarati. Forse si preparano a qualche festa.
Concludiamo la serata preparandoci per il viaggio di domani. Trascorrerò il giorno del mio compleanno al confine con la Cina.

(10)
2 novembre - Mongla
Compleanno
E' il giorno del mio compleanno, mi sveglio alle 5,00 con il dolce suono delle ragazze nella cappella durante la messa. Sta piovendo fortissimo, Penso che dobbiamo partire con questo brutto tempo... Mi alzo, esco dalla camera per recarmi in bagno e al rientro vedo scritto sulla porta della mia cameretta: "Happy Birthday Maria Luisa" Mi preparo e scendo a colazione, appena entrata, al centro della sala vedo una bellissima torta rosa a tre piani, con tante candeline, non c'è luce e la luce delle candele la vedo ... annebbiata. Le suore e le ragazze intonano 'Happy Birthday' e poi una canzone di augurio birmana. Sono commossa, ecco trascorro il mio compleanno a Kengtung, lontana dala mia famiglia, ma con tanta gioia, può sembrare incredibile eppure sento ognuna di loro come una sorella, l'abbraccio di Cecilia, di Sandra è caldo, amorevole e mi sento a casa. Mi regalano una bella giacca shan. E facciamo colazione con torta, riso, verdure e spaghetti tailandesi...
Mongla
Subito dopo colazione ci attende la jeep per andare alla nostra missione di Mongla, nella Regione 4 al confine con la Cina. Dovremo percorrere 54 miglia, ma ci metteremo 3 ore e mezzo (vi lascio immaginare la strada...). Sr Cecilia dice: "Preparatevi perché nostre basiliche torneranno gonfie" ('Basilica' in gergo suoresco vuol dire sedere)...
Prima di partire passiamo al solito ufficio immigrazione e durante il viaggio superiamo altri 3 posti di blocco militare. All'arrivo a Mongla come prima cosa andiamo all'ufficio immigrazione.
La strada per andare a Mongla è asfaltata per circa 10.5 km per il resto è fango e pietre, ci stanno lavorando i cinesi e si prevede che per maggio 2003 sarà finita. Cominciamo ad incontrare villaggi con case fatte su palafitte e tetto in paglia, sotto sono sistemati gli animali, sopra vivono le persone. Non c'è luce elettrica. Per strada incontriamo mucche, maiali, vitellini. Continua a piovere.

Arriviamo alla casa delle suore è pulita, dipinta di fresco.

Ci dicono di andare subito a casa del Presidente della Regione 4 che ci aspetta. La Regione 4 ha lottato con guerriglie fino a pochi anni fa e finalmente è riuscita ad ottenere l'indipendenza dal governo di Yangon, e ha un suo Presidente. A casa del Presidente, che ci riceve in una terrazza c'è il vescovo e il parroco della missione, padre Clement. Il presidente ci dice che è contento del lavoro delle suore e che lui accetta tutte le religioni e che se no si parla male del suo paese e se ne rispettano le regole, si è sempre i benvenuti. (Nella Regione 4 agli stranieri non è permesso entrare, quindi è un grande onore che abbiamo avuto). Mentre chiacchieriamo e Sr Cecilia traduce ci offrono: pezzetti di zucca calda, tè, mele già sbucciate, semi di zucca.
Terminati i convenevoli e salutato il Presidente, ci rechiamo alla missione. Incontriamo i bambini, come sempre ci accolgono cantando, indossano i loro vestitini migliori... iniziamo a fare i palloncini e a distribuire le caramelle che abbiamo portato per loro...e ci circondano in silenziosa attesa... Pranziamo in un ristorante cinese, il pranzo è offerto da Rosmary, una benefattrice locale che ha sposato un cinese ed è molto ricca e aiuta molto la missione di Mongla.

Dopo pranzo arriviamo in Cina, cioè passiamo un arco e tocchiamo il suolo cinese.
Passiamo il pomeriggio nella missione con i bambini a fare foto e giocare.
A Mongla si sente l'influsso della vicina Cina e della benefattrice Rosmary. L'orfanotrofio è più curato e le stanze sono più ampie e pulite.

Purtroppo non ci permettono di andare a Pha Do, Pha Lo e Di Shii, altri villaggi della Regione 4 ma dove le strade sono ancora più sconnesse e dove si teme per l'incolumità di noi turisti, ci dicono... Ma il Presidente mi promette che il prossimo anno mi farà trovare il permesso per andarvi.
Partiamo per rientrare a Kengtung alle 16,30 e arriviamo alle 19.00 E' stato di certo un compleanno particolare, diverso e comunque che ricorderò sempre.

(11)
3 novembre - Ton Qua
Messa
Ci si sveglia alle 5.00, la messa questa domenica è officiata da un prete giovane e da Padre Ciro, un missionario della Papua-Guinea che due tre volte all'anno viene in Birmania per un paio di mesi. L'omelia è in inglese, padre Ciro parla calmo, scandendo le parole, è molto facile capire cosa dice. Inizia ringraziando il popolo birmano, dicendo che grazie a questo popolo molti missionari sono diventati santi. Parla dell'importanza del servizio, dice che il vero compito di ogni essere umano è servire, a maggior ragione se è cristiano, in quanto Gesù con la sua venuta ha dato l'esempio di essere venuto per servire e non per essere servito. Dice che servire vuol dire amare gli uomini e che si può servire Dio ovunque: nella chiesa, nella famiglia, con gli amici. Senza gerarchie, ognuno con i suoi compiti, umilmente semplicemente. Servire è il miglior modo di amare.

E' una predica semplice, ma chiara e forte, mi colpisce molto.
Ton Qua
Dopo colazione ci prepariamo a partire per TON QUA, un villaggio a circa 23 miglia da Kengtung. E' un villaggio interamente popolato dalla tribù Akha (la tribù di Suor Cecilia), dove abbiamo una missione e un orfanotrofio.
In viaggio in jeep è terribile, la strada è tutta fango rosso e buche immense e sassi... Povere "basiliche" (per chi non si ricordasse 'basilica' è la parola usata in gergo suoresco per indicare il sedere)!
Appena arriviamo tutti gli abitanti del villaggio arrivano a stringerci la mano, le donne vestono tutti i loro abiti akha stupendi con i copricapo pesantissimi fatti di borchie e monete d'argento. Ci si avvicina un signore con i denti neri, indossa un cappello e un vestito elegante blu, è il capo villaggio, ci saluta e ci ringrazia di essere lì, sorridendo. Stringo centinaia di mani, di manine, i bimbi sono stupendi, ma poverissimi, molti hanno il moccio al naso. Piove, fa freddo e loro sono scalzi e seminudi. Tutti ci si avvicinano, vogliono toccarci, Sr. Cecilia ci spiega che lo fanno perché si dice che toccare uno straniero porta fortuna, in quanto gli ricordiamo i primi Missionari del PIME che fecero molto bene in quel villaggio. Credo di essere stata 'toccata' da tutti gli abitanti, grandi e piccoli...

I costumi delle donne sono così particolari, li trovo stupendi. Molte donne hanno denti nerissimi o rossi, per loro sono un segno di bellezza e il colore è dato dalle radici che masticano. Andiamo a salutare il parroco, la chiesa è poverissima, dedicata (come in molte missioni) alla Madonna di Lourdes. In capo villaggio ci raggiunge e fa un discorso di benvenuto. Mentre siamo nella casa del parroco (una sorta di stanza/sacrestia), i bambini si accalcano davanti alla porta, sono molto curiosi e ... bellissimi.

Dopo aver 'fatto finta' di bere un tè, usciamo e a piedi, in mezzo al fango e alle cacche di animali, mentre piove, seguiti da tutto il villaggio saliamo alla Missione (non ci si può arrivare con la macchina), si attraversa un ruscello, mi bagno completamente... e finalmente tra uno scivolone nel fango e un altro nel ruscello arriviamo alla missione.
Suor Felicita è da sola a gestirla, aiutata da alcune donne del villaggio, lei è malata di malaria, è molto magra e sembra sofferente, ha circa 40 anni.

La missione di Ton Qua è poverissima, vediamo un pollaio e un granaio sollevato su palafitte, intorno ai pali ci sono latte per impedire che i topi possano arrampicarvisi. Il dormitorio delle donne è piccolissimo e quello dei bambini (35 bambini orfani o abbandonati dai genitori per povertà e malattia) è ancora più piccolo, è buio e sembra tutto sporco e tristissimo.
Pranziamo alla missione molto semplicemente: un piatto di fagioli, riso, brodo di verdure. Dopo pranzo vediamo le bambine dell'orfanotrofio con i loro vestitini della festa che ci fanno vedere una danza locale, ma inizia a piovere, quindi entriamo tutti. le bimbe danzano e dopo di loro danzano le donne del villaggio nei loro vestiti tipici, girano in torno nella stanza, battendo i piedi, accompagnate da una donna anziana che batte due piatti di metallo e da un'altra che suona un tamburello e un'altra che suona un tamburo.
Mi unisco a loro nella danza, mi sento come loro, sono una di loro.
Mentre danzo penso: Donne che grande ricchezza per il mondo. Donne che non si arrendono, donne che portano i loro figli in spalla, donne che portano in testa chili e chili di fascine di legna, donne che amano divertirsi, danzare, ridere, anche nella difficoltà...

Al termine della danza mi si avvicina una giovane donna, si chiama Bu Yu, e mi prende sottobraccio guardandomi con immenso amore e inizia a parlarmi... ovviamente non capisco cosa dice e chiamo Suor Cecilia perché mi traduca ecco le sue parole:
"Tu sei bella, ti porterò tutta la vita nel mio cuore, ora sei tornata, ti ho vista, sei mia sorella, quando andrai via rimarrai sempre con me, nel mio cuore, perché sei mia sorella"...
Guardo Sr Cecilia in maniera interrogativa e lei con la semplicità che le è solita, dice: "Era tua sorella in altra vita!"
Per me è un'esperienza molto particolare, Bu Yu non mi lascia più il braccio fino a quando non partiamo, mi presenta i suoi 4 figli molto fiera e continua a dirmi cose che suppongo siano belle... (allego foto di donne akha e di mia sorella birmana, per chi può vederle)...

Prima di partire facciamo foto, e stringiamo nuovamente tutte le mani e le manine di Ton Qua. Piove a dirotto, sono bagnata completamente, ma sono così felice. Un altro pezzo di cuore è rimasto a Ton Qua...
Akha
Al ritorno la macchina slitta, guadiamo un fiume, fango, sbalzi, testa che si sbatte, basilica che duole, ma ascolto con estrema attenzione Sr Cecilia che parla della sua tribù: gli Akha.

Ci dice che della stessa tribù Akha ci sono altre 2-3 tribù che sono ancora animisti, hanno molte cose buone: un grande rispetto della natura, degli animali, tutte le loro feste e danze sono legate alla natura... Ma hanno anche moltissima superstizione, ad esempio pensano che il nascere 'gemelli' sia in natura che negli umani porti male e infatti se in una famiglia nascono due gemelli, li uccidono alla nascita e la madre viene portata nella foresta per 40 giorni, e non può avere rapporti con nessuno. Solo il marito le porterà da mangiare. Tutto ciò che è in casa viene bruciato. In alcune zone birmane si trovano persino cannibali, ma non sono Akha, ma Wa. Ci dice che le donne Akha lavano i loro complicati copricapo tutte le domeniche.

Mentre Sr. Cecilia parla, mi rendo conto che se si superano i pregiudizi e i giudizi, se semplicemente si osserva, si può comprendere anche una mentalità completamente diversa dalla nostra, ma per conoscere veramente occorre vivere con loro e come loro.
Rifletto sul fatto che qui, ovunque vada mi sento 'a casa'... Non mi sono mai sentita così, neanche quando vivevo in Argentina. Mi piace la vita della missione, è povera, essenziale, senza fronzoli e forse proprio per questo più 'vera', la sento mia. I bambini, è vero, sono molto poveri, ma sono più semplici e mi sembrano per assurdo, più felici dei nostri... Sr Cecilia ci dice che nella missione le ragazze è molto difficile che rimangano incinta senza essere sposate, anche se nessuno parla loro di sesso. L'uomo birmano rispetta la donna birmana. I problemi sono sorti con i militari in periodi di guerriglia, quando molte donne sono state violentate.

Siamo tornate a Kengtung, stavolta non ce l'ho fatta a fare una doccia fredda e mi sono fatta scaldare un secchio d'acqua e poi me lo sono rovesciato addosso. Ho preso freddo, pioggia, umido... ma.. sto benissimo.

(12)
4 novembre - Loimwe
Ha piovuto intensamente tutto il giorno e tutta la notte e ancora piove. pensavo stanotte che non saremmo andati a Loimwe, invece pare che la strada sia percorribile e quindi alle 6,30 partiamo. Soliti permessi all'immigrazione, e via! la strada è fangosa, di terra rossa, in alcuni tratti la jeep scivola paurosamente, Loimwe dista 25 miglia e si prevede di arrivare dopo 2 ore e mezza! Invece ci mettiamo solo 1 ora e mezza. Loimwe è in montagna a 1700 metri e più saliamo più fa freddo. Sr Agnes era partita da Kengung 2 giorni prima per preparare la missione al nostro arrivo e ci attende con tutti i bambini, i ragazzi e le ragazze iù grandi vestiti a festa. Ci porta subito in una stanza-teatro ovvero una stanza dove c'è un palco rialzato, dove si svolgono le danze delle ragazze. Ci fanno accomodare, i bambini cantano per noi e le ragazze danzano in quella maniera dolce e aggraziata che hanno le donne birmane. Ci hanno preparato un regalo: una borsa shan per sr Sandra, Rita e me e noi diamo loro le caramelle che abbiamo portato.

Terminate le danze ci rechiamo alla casa principale e inizio a fare le solite sculture di palloncini, e... inizia il divertimento, distribuisco spade, cagnolini, cigni. I bambini come abbiamo già visto nelle altre missioni, sono educati e non chiedono nulla, ti guardano con i loro occhioni spalancati per la sorpresa. Tra loro ci sono alcuni ragazzi grandi, Sr Agnes ci spiega che aiutano i più piccoli a studiare, e loro studiano in seminario. I più piccolini hanno tutti il moccio al naso, fa abbastanza freddo. 5 sono a letto con la malaria. Facciamo mettendo loro i nasi rossi e si divertono tantissimo, poi li incorono re e i bambini più piccoli diventano i loro soldati... Il tutto a gesti, ma ci capiamo così bene...
Dopo un po' anche i piccoli vogliono essere re e... le spade si trasformano tutte in corone...

E' ora di pranzo, per fortuna ha smesso di piovere, i ragazzi più grandi portano fuori delle panche e i bambini e loro si sistemano a cavalcioni, arriva Sr. Agnes e serve il riso in una grande foglia di palma, sono tutti così allegri, tengono in testa o in mano i loro palloncini e mangiano ridendo e giocando...

Noi pranziamo dentro, la tavola è imbandita e i piatti sono decorati. Sr Agnes è una suora molto carina e giovane, si vede che ci tiene a tenere bene la missione e ci spiega che questo è il pranzo di Natale, in quanto noi a Natale non ci saremo, così hanno pensato di anticiparlo per noi.
Dopo pranzo visitiamo la missione e ho una bellissima sorpresa, vedo l'uso che è stato fatto con i soldi che abbiamo inviati con il ricavato dello spettacolo teatrale "Cats": dormitori delle ragazze, refettorio, guardaroba e bagni e docce interni. Hanno messo le mensole sopra i letti, i copriletto uguali. Anche se è tutto in legno, estremamente spartano e semplice, però si respira un'aria pulita, nuova. Sr Sandra è felice e io più di lei... La zona dove vivono i maschietti è meno curata, mi dicono perché sui ragazzi ha autorità il parroco e le suore non possono fare più di tanto.

Facciamo una passeggiata verso il lago, le coltivazioni e poi visitiamo il villaggio di Loimwe. Il paese lo troviamo immerso nella nebbia, e infatti scopriamo che Loimwe vuol dire: "luogo con nebbia". E' un paese di montagna, le case sono con il tetto in paglia, mentre passiamo tutti ci guardano e ci sorridono, credo che non abbiamo mai visto stranieri in questa zona, sembrano molto stupiti.

Al nostro rientro troviamo i ragazzi che danzano, uno suona un tamburo, un altro i piatti, e uno i tamburelli, si fa un cerchio e danzo con loro, giochiamo, ridiamo, sono tutti così felici di averci con loro. Ora si riuniscono tutti e ci cantano una canzone di 'arrivederci', sr Cecilia ci spiega che la canzone è una benedizione per il nostro viaggio. Terminano cantando Jingle Bells in birmano e ci regalano un cesto di frutta e.... io sono sempre più commossa. Comincio ad abbracciare le bambine a baciarle sulle guance e a farmi baciare sulle guance, ridono, non l'hanno mai fatto...poi provo con i maschietti, ma ridono e scappano.. allora porgo loro la mano e arrivano uno dietro l'altro, tutti, proprio tutti mi porgono la mano e ci inchiniamo l'uno all'altro.. C'è gioia, sorrisi nei loro volti, commozione nei nostri. Andare via da Loimwe mi rattrista, bambini, bambine, ragazzi e ragazze ci accompagnano fino alla macchina piove, ma non sembrano farci caso. Salgo in macchina e inizio a mandare baci con la mano e tutti ridendo mi imitano...

Per strada ci fermiamo in un lebbrosario, non fa parte delle nostre missioni, ma a quanto ho capito, qualche aiuto dei nostri giunge anche lì...

Le scosse della macchina e il freddo mi hanno stancata, ho la schiena a pezzi quindi quando arriviamo Sr Cecilia e le ragazze mi fanno un massaggio, una mi prende per le gambe, l'altra per le braccia, chi il collo chi i piedi e io inizio a urlare.... E più urlo più ridono...

(13)
5-8 novembre - Kengtung
I giorni trascorrono lenti, cadenzati dalle lezioni, di inglese, di italiano, dal sempre maggior coinvolgimento di queste dolcissime e timide suore birmane. La loro formazione prosegue con l'Enneagramma, ognuno riconosce la propria personalità e questo è già un grande successo! Una mattina andiamo a visitare le suore anziane, a pochi metri da casa nostra. Sono poche, ma tra tutte mi colpisce Suor Bruna, 96 anni, un vero record in Birmania, dove l'età media è di 35 anni. Vuole cantarci una canzone che tradotta dice pressappoco così: "Tu partirai e io ti porterò sempre nel mio cuore, se andrò in montagna verrai con me, se andrò in pianura verrai con me... ti porterò sempre nel mio cuore..." L'orfanotrofio della casa di riposo ha 35 bambini e ragazzine, anch'esso è in condizioni molto tristi. Prendo accordi per iniziare le adozioni a distanza anche qui.

Al rientro passiamo per il villaggio più vicino alla missione. Ci sono diverse donne che stanno sul davanti della casa e che cuciono i tessuti caratteristici Akha o Shan, ricamano stoffe che poi vendono in Tailandia, nonostante alcuni lavorino, c'è tanta povertà, molti dei bambini degli orfanotrofi vengono da qui.
7 novembre - Kengtung - La festa
E' l'ultimo giorno che trascorreremo a Kengtung, domani torniamo a Yangon.

Dopo questi giorni in questa missione mi viene naturale una riflessione: qui non c'è nessuna delle comodità che ho a casa, la luce manca quasi sempre, il bagno è alla turca, piccolo, scomodo, la doccia si fa con secchi d'acqua freddi, ci si sveglia alle 4 e si va a letto alle 21,00, si passa da un caldo irrespirabile al freddo da un giorno all'altro, ci sono zanzare, il letto è duro, quando piove si rovesciano torrenti d'acqua per giorni interi, quando fa caldo non hai riparo che basti, non ci sono ospedali, le strade sono impraticabili, ... ma... rimarrei qui.
Ho imparato ad apprezzare questi ritmi, qui ho la possibilità di praticare l'ascolto profondo, di lavorare serenamente, di stabilire contatti umani veri, profondi, di osservare la natura in tutte le sue sfaccettature, di alternare preghiera, azione, riposo.
No, non vanno cambiate queste persone, sono ancora pure, semplici, dolcissime, vanno solo aiutate a migliorare le loro condizioni di vita, ma facendo molta attenzione a non distruggerli con la nostra idea di progresso.

Dopo pranzo con Suor Sandra ci appartiamo sotto un meraviglioso albero dai fiori gialli, c'è una leggera brezza e sembra che Kengtung voglia salutarmi con il suo clima più bello. Parliamo di questa esperienza insieme, conveniamo sulla necessità di continuare anche il prossimo anno la formazione di suore e novizie, crediamo che sia importante dare loro un'educazione sessuale, lavorare sull'affettività, che sia basilare trasmettere e 'allenare' alla gioia... Le suore e le novizie hanno reagito molto bene alla formazione che io baso proprio sulla gioia, i loro volti da tesi e preoccupati, si sono trasformati, l'imbarazzo e la timidezza hanno fatto posto ad una maggiore intimità tra di loro e ad un miglioramento dei rapporti con le ragazze aspiranti e novizie.... E mentre parliamo, il tempo passa senza accorgercene ed è già ora di tornare perché ci aspetta una grande sorpresa:
La festa di commiato.
Nella sala dove di solito studiamo, sono stati tolti i banchi ed è stato allestito un teatro con tanto di palco, noi abbiamo la posizione d'onore in prima fila. Arriva anche il vescovo e lo spettacolo inizia. Si susseguono balli tipici akha, shan, canti, bambini degli orfanotrofi, ragazze aspiranti danzano per noi nei loro costumi più belli.
Lo spettacolo termina con una grande sorpresa per me: i bambini di Bonetta intonano in italiano il canto di Paramahansa Yogananda: "Dalla gioia venni" e il gospel "Soon and very soon" in birmano.

Tocca a noi parlare e salutare e non ci è facile farlo con un grosso nodo in gola... Mi viene in mente la canzone di Marino Barreto "Arrivederci", la modifico leggermente per adattarla alla situazione e con Suor Sandra e Rita la intoniamo: "Arrivederci, dammi la mano e sorridi, senza piangere, arrivederci, per una volta ancora è meglio ridere... Abbiamo cercato l'amore quasi per gioco ed ora fingiam di lasciarci soltanto per poco"...
Si va a cena con i bambini di Bonetta e dopo cena lo spettacolo lo facciamo noi: gags, bans, e loro che ridono, ridono fino alle lacrime, ci imitano, cantano con noi tutte le canzoncine dei clown che insegniamo loro: come fa il coccodrillo diventa la domanda del giorno anche in Birmania... (mi riferisco alla canzone dello Zecchino d'Oro: "Il coccodrillo come fa?") e noi sempre più distrutte dal caldo e dalla stanchezza, ma così felici...

Mentre scrivo ho ancora negli occhi le loro risate, i loro volti attenti, incuriositi, colmi di gioia... E non volevano più andare a letto, li accompagniamo al buio fino alla strada che porta all'orfanotrofio, per loro è tardissimo, sono quasi le 22.00...
8 novembre 2002 - Partenza da Kengtung
Dopo pranzo ancora un salutino ai bambini di Bonetta che sono usciti da scuola e sono venuti a casa apposta per salutarci e abbracciarci ancora una volta ... e partiamo per l'aeroporto. Con noi vengono tutte le suore e le ragazze novizie. L'aereo non c'è ancora, ci sediamo in un bar locale e subito ci portano caffè, latte, biscotti e ... aglio piccante...

Ora il cancello in legno che introduce all'aeroporto si apre, ci salutiamo, ci baciamo, ci abbracciamo e ingoiando per mandare giù quel brutto nodo in gola che non vuole andar via, entriamo.
La paura
Un militare controlla i nostri passaporti, vedo che ha una scheda in cui, ci spiega Sr Cecilia, sono segnati tutti i nostri spostamenti da quando siamo arrivate. Mettiamo i bagagli su un tavolo e iniziano ad aprirceli. I bagagli di Sr Cecilia e di Rita passano, ma appena aprono la mia valigia vedono i miei appunti scritti al PC sulle mie lezioni e una donna militare si insospettisce, forse pensa che io sia una giornalista, si consulta col collega, li sfoglia (ovviamente senza capirci nulla)... Chiedo a Sr. Cecilia cosa dice, cosa sta accadendo, le dico di spiegarle che sono miei appunti di lavoro... Ma suor Cecilia è come impietrita, le mascelle contratte, gli occhi stretti a fessura, non l'avevo mai vista così e mi preoccupo... lei a mezza voce mi sussurra di stare zitta e non dire nulla...

Capisco che la situazione si sta facendo difficile quando la donna chiama il suo capo, nel frattempo continua a rovistare nella mia valigia e trova le schede dei bambini con le foto per l'adozione a distanza che mi ha dato sr Cecilia da portare in Italia, a questo punto si agita, alza la voce, e domanda nervosamente a Sr Cecilia cosa vuol dire, perché io ho quelle schede...
Rita incoraggiante mi sussurra all'orecchio: "Se ti arrestano faccio finta di non conoscerti, così avviso il Consolato"...
Sr. Cecilia cerca di spiegare che quelle schede sono solo ricordi che portiamo con noi e che magari un giorno potremo mandare loro qualche aiuto... la donna militare sembra non essere affatto convinta. Io comincio a sentirmi a disagio e temo che mi aprano le lettere che ho nella valigia, sono le lettere dei bambini ai loro genitori adottivi a distanza, sono in birmano e lei le capirebbe e si capirebbe che promuoviamo le adozioni a distanza, che ovviamente sono vietate: il governo birmano non può ammettere che il suo popolo abbia bisogno di aiuto, sta già così bene...

Non c'è altro da fare e quindi inizio a pregare e così pure Sr. Cecilia e Rita...

Dopo consultazioni, voci concitate, vediamo che discutono tra di loro su che posizione prendere e... infine, con malagrazia miracolosamente decidono di farmi passare... Ma non è finita, mi aprono l'altra borsa e trovano i negativi delle foto, nuovamente si agitano, ma a quel punto io sono oramai tranquilla e dico che se vogliono possono anche tenerseli... Con stizza me li tirano in valigia e ci lasciano andare...
Passato il controllo, una volta sedute in attesa dell'aereo, sr Cecilia ci confessa che lei ha rischiato 7 anni di carcere e io qualche mese, in attesa che l'Ambasciata italiana mi reclamasse...

Fiuuuuuuu!!!! Mi viene caldo e freddo insieme....
9-10 novembre Yangon
Ultimi due giorni a Yangon: solito caldo insopportabile, ultime visite alla città, la nostalgia della missione di Kengtung comincia a farsi sentire... Tra poche ore sarò nuovamente nel 'mio' mondo...
Ma non sono più assolutamente certa che questo dove ora vivo, da dove vi sto scrivendo, a Torino, in Italia, sia il 'mio' mondo.
Oramai sono qua da quasi un mese, ma il mio cuore inspiegabilmente è ancora là, non passa giorno o notte che non mi scopra a pensare: "cosa faranno? L'orfanotrofio sarà in costruzione? Quanti bambini dobbiamo adottare per migliorare Ton Qua? E nel frattempo, miracolosamente arrivano nuove adozioni, nuovi aiuti... E mi do da fare perché oramai conosco quei piccoli volti, vedo le condizioni in cui operano quelle suorine e so che ora il mio compito è qui, per inviare loro aiuti.

Ora so con certezza che questa è la mia missione, e so che la porterò avanti insieme a tutti voi amici che mi leggete e a tutti i 'miei' clown. Aiutateci ad essere i "missionari della gioia"!
Condividete con noi questo altissimo ideale e insieme, con l'aiuto di Dio lo porteremo avanti.
Un giorno, quando dissi per la prima volta la frase: "siamo missionari della gioia" fui contrastata, alcuni volontari-clown mi risposero: "i missionari sono persone che vanno nel terzo mondo e noi siamo solo piccoli clown, non montiamoci la testa, noi non siamo missionari..."

Ma oggi posso dire con cognizione di causa: "No, non è vero! Non siamo solo 'piccoli clown', siamo grandi "missionari della gioia divina", perché non c'è niente di più grande e di più bello che vedere ridere con gioia i nostri fratelli sofferenti, che sollevare gli animi di chi ha tanto sofferto. Ed è questo che io continuerò a fare con il vostro aiuto là dove Dio ci ha inviati.
Ognuno di noi ha un compito, ognuno di noi è una goccia, ma come dice Madre Teresa, tante gocce fanno l'oceano e noi stiamo 'costruendo' un oceano di gioia.
Ringrazio tutti coloro che mi stanno aiutando a sostenere i bambini birmani,e vi segnalo il nuovo sito della nostra/vostra missione: www.vip-missione.org

Grazie per aiutarmi ad aiutare!!!

Marilù-Aureola

FINE

Nessun commento: